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L’associazione Antigone torna a denunciare il sovraffollamento degli istituti penitenziari

L’emergenza carceri in Italia è adesso

 L’emergenza carceri in Italia è adesso  QUO-173
28 luglio 2025

di Anna Lisa Antonucci

In Italia i numeri dei nuovi ingressi in carcere crescono, le celle si riempiono di corpi accatastati in pochi metri quadrati, dove l’aria d’estate è bollette e l’acqua manca per varie ore al giorno. Le attività trattamentali scarseggiano, per mancanza di personale e per l’alto numero dei reclusi che, nel 60,3% dei casi, sono sottoposti alla custodia chiusa, cioè trascorrono la maggior parte delle ore del giorno all’interno di celle sovraffollate. Una condizione di non vita che scatena proteste sempre più frequenti, nonostante l’introduzione del nuovo reato di rivolta penitenziaria che prevede pene fino a 8 anni, ma causa anche uno stillicidio di suicidi, di atti di autolesionismo e un dilagante ricorso a psicofarmaci e sedativi.

«Una situazione drammatica che va affrontata ora» dichiara a «L’Osservatore Romano» Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti in carcere, secondo il quale il sovraffollamento, in assenza di un aumento dei reati, è la conseguenza di una serie di misure repressive e securitarie adottate dal governo che hanno aumentato il ricorso alla custodia cautelare e l’innalzamento delle pene». Il sistema penitenziario in Italia è arrivato a negare i più basilari diritti del detenuto a causa dell’elevatissimo numero di presenze e di risorse umane insufficienti — aggiunge —. È urgente affrontare la questione carceraria senza essere condizionati dalla emotività o dal consenso, ma con razionalità e capacità di immedesimazione». Secondo Gonnella, «ci vuole un piano straordinario, non edilizio, ma umano perché la pena truce è inutile». «Per costruire nuove carceri ci vuole tempo e molto denaro — sottolinea il presidente di Antigone — e nel frattempo ai detenuti è negata ogni dignità, a cominciare dallo spazio vitale in cella, i famosi 3 metri quadrati a testa che non vengono assicurati in oltre il 35,3% degli istituti di pena». L’Italia infatti — dice ancora — viene sistematicamente condannata per la mancanza di spazio nelle carceri e ogni anno vengono accolti più di 4 mila ricorsi per condizioni di vita degradanti».

I dati del rapporto di metà anno di Antigone, appena pubblicato, realizzato sulla base delle visite quotidiane dell’Osservatorio sulle carceri, parlano di un sovraffollamento fatto di 62.728 persone detenute al 31 giugno scorso a fronte di 51.276 posti letto, cui vanno sottratti 4.559 posti indisponibili per inagibilità o ristrutturazioni. Dunque un tasso di affollamento nazionale del 134% con punte del 213% in istituti come San Vittore a Milano o del 191% a Regina Coeli a Roma. «Il piano carceri annunciato lo scorso agosto — ricorda Gonnella — che prevedeva 7 mila nuovi posti ne ha garantiti solo 42 in un anno». Intanto, scoppiano anche le carceri minorili, dove le presenze sono cresciute del 50%, «a seguito del decreto Caivano, in vigore del settembre 2023, che — spiega il rapporto — ha allargato la possibilità di ricorrere alla custodia cautelare per i minorenni e ha ristretto l’accesso alle alternative al carcere». «In vari istituti — racconta Gonnella — abbiamo potuto constatare che i ragazzi sono costretti a dormire su materassi a terra, in condizioni igieniche estremamente degradate, con celle chiuse quasi l’intera giornata e assenza di attività significative, perfino quelle scolastiche».

A preoccupare è anche l’aumento totale dei provvedimenti di isolamento, utilizzati come sanzione disciplinare, così come il numeri dei suicidi, 45 da inizio anno, e degli atti di autolesionismo, 22,3 ogni 100 detenuti che solo un anno fa erano 17,4, o i tentativi di suicidio 3,2 ogni 100 reclusi contro i 2,3 dello scorso anno, «Numeri — dice Gonnella — indicativi del disagio e della sofferenza che si vive in carcere». Infine, il 22% dei presenti in carcere sono tossicodipendenti, ma il provvedimento che prevede di far scontare loro il residuo di pena, fino a 8 anni, in strutture private trova Gonnella critico. «Serve una regolamentazione seria — dice — così da non rischiare di sottrarre l’esecuzione della pena alla gestione e al controllo pubblici, unici possibili in una democrazia». Dunque in attesa di misure concrete ed efficaci per migliorare la qualità della vita in carcere, «nell’immediato in questa estate torrida – chiede Gonnella – è indispensabile almeno assicurare ai detenuti telefonate quotidiane ai loro cari, permessi straordinari per incontrare le loro famiglie, attività all'aperto fuori dalle celle infuocate».