Il dialogo interreligioso

di Alessandro De Carolis
Un cammino lungo, che ha le radici nel Concilio vaticano II, costellato negli anni di colloqui e stima reciproca, approdato nell’Accordo bilaterale del 2011 e ora arricchito da un ulteriore Memorandum d’intesa in tema di dialogo interreligioso.
Il cardinale George Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso, ha sintetizzato così — nel suo saluto alle autorità azere presenti alla cerimonia di stamani, lunedì 28 luglio, in Vaticano — la traiettoria seguita dalla Santa Sede e dalla Repubblica dell’Azerbaigian per giungere alla firma del documento riguardante un «ambito vitale», come il dialogo tra fedi diverse che, ha detto il porporato, rappresenta «un chiaro segno del desiderio comune di continuare a lavorare insieme per la formazione integrale di ogni persona, come credente e come cittadino».
Del resto, ha osservato il cardinale Koovakad, «negli ultimi decenni, la Santa Sede e la Repubblica dell’Azerbaigian hanno dimostrato un desiderio condiviso di sviluppare e rafforzare le loro relazioni», con una serie di passi incoraggiati — ha ricordato — da san Giovanni Paolo II nel 2002 e da Papa Francesco nell’ottobre 2016, senza dimenticare la visita in Azerbaigian del 2008 con cui il cardinale Bertone si fece portavoce della vicinanza di Benedetto XVI.
Alla base del Memorandum firmato oggi, c’è l’Accordo bilaterale tra Santa Sede e la Repubblica azera dell’aprile 2011 che, ha constatato il prefetto vaticano, oltre ad aver consolidato le relazioni bilaterali e consentito alla Chiesa di svolgere la propria missione nel Paese caucasico, è diventato «uno strumento prezioso per promuovere il principio della libertà religiosa», sancito dalla Costituzione stessa dell’Azerbaigian. Un testo, ha indicato ancora, che mostra «il rispetto verso una comunità religiosa minoritaria e come cristiani e musulmani possano convivere in armonia».
Il cardinale Koovakad ha inoltre sottolineato il valore dato negli ultimi anni da Papa Bergoglio al dialogo interreligioso inteso come motore di una «cultura di pace», nello spirito del Documento sulla Fratellanza Umana firmato nel 2019 insieme al Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, e prima ancora dal Concilio vaticano II con la Dichiarazione Nostra aetate sulla libertà religiosa, la quale il prossimo ottobre celebrerà i 60 anni.
Dal 1965 in poi — ha notato il porporato — sono poi «emerse nuove aree di impegno comune, come il desiderio di prendersi cura e proteggere l’ambiente e la necessità di un uso etico dell’intelligenza artificiale».
«Gesti concreti di cooperazione — ha aggiunto Koovakad — su questioni così importanti contribuiranno alla costruzione di un mondo più pacifico, desiderio che risiede nel cuore di ogni uomo e donna di buona volontà».
Il porporato ha quindi ringraziato il presidente azero Ilham Aliyev e anche Ramin Mammadov, massima autorità dello Stato per ciò che riguarda le Associazioni religiose, «per aver approvato e sostenuto questo importante Memorandum», riconoscendo pure «l’impegno costante» messo in campo dallo Sheikh ul-Islam Allahshukur Pashazade, presidente del Consiglio dei Musulmani del Caucaso, che «sostenne — ha chiarito — la costruzione di una nuova chiesa cattolica a Baku dopo la distruzione di quella esistente negli anni ‘30 del Novecento».
Infine, echeggiando le parole di Leone XIV nel discorso al Corpo diplomatico di inizio pontificato, Koovakad ha concluso con l’auspicio che le «amichevoli relazioni bilaterali» tra Santa Sede e Azerbaigian «ricevano ora un rinnovato impulso per progredire e rafforzarsi ulteriormente», promuovendo «“verità, giustizia e pace” per tutta l’umanità».