
di Fabrizio Peloni
«Vogliamo riconfermare la nostra chiamata ad essere una Chiesa pellegrina, penitente, segno di speranza e che semina speranza»: così si è espresso sabato 19 luglio l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, presiedendo all’altare della Cattedra della basilica Vaticana la messa per i fedeli della sua arcidiocesi, giunti a Roma in pellegrinaggio giubilare.
Durante il rito — concelebrato da altri dieci rappresentanti della Chiesa palermitana, tra cui il vicario generale monsignor Giuseppe Olivieri e il vicario episcopale e direttore dell’Ufficio Pastorale diocesano, don Giuseppe Vagnarelli —, monsignor Lorefice ha ricordato anche il beato martire padre Pino Puglisi che diceva «Dio ama sempre tramite qualcuno». Per questo, ha evidenziato l’arcivescovo, «una Chiesa consapevole di essere amata contagia i segni dell’amore di Dio e diventa pellegrina di speranza».
Prima di concludere l’omelia, il presule ha fatto riferimento alla figura del giudice Paolo Borsellino, proprio nel giorno in cui ricorreva il 33° anniversario della sua uccisione, avvenuta nella strage di via D’Amelio. Insieme al magistrato, persero la vita anche cinque membri della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Paolo Borsellino è stato «un uomo di fede e un figlio della Chiesa palermitana, un nostro fratello in Cristo. Il suo profilo umano e di magistrato emerge ancor più nitido se mettiamo in risalto l’intenzionalità cristiana — l’intenzionalità “cristica” — che lo guidava nell’esercizio della sua professione, spinto fino alla consapevole e libera determinazione del sacrificio della vita», ha rimarcato Lorefice, concludendo poi con l’auspicio che il Giubileo aiuti a «testimoniare una fede che anima la speranza perché capace di operare per mezzo della carità».
Il ricordo del magistrato come grande uomo di fede aveva contraddistinto, in precedenza, anche la processione dei fedeli lungo via della Conciliazione fino alla Porta Santa della basilica Vaticana. «Sull’esempio di un grande testimone della fede e della forza del dono totale di sé, chiediamo per la nostra Palermo il dono della speranza», sono state le parole pronunciate dal presule poco prima di guidare i “suoi” pellegrini nel percorso pedonale che da piazza Pia porta a San Pietro. «Quella speranza che non delude, in cui la Chiesa è destinataria dell’amore di Dio» ha aggiunto Lorefice, sottolineando l’importanza di essere cristiani «responsabili di un cammino di condivisione in cui la redenzione e la conversione sono la nostra speranza».
Erano alcune centinaia i fedeli presenti in basilica giunti a Roma dalla Sicilia per il pellegrinaggio giubilare. Arrivati con treni, pullman e aerei, la maggior parte di loro ha viaggiato di notte per essere a piazza Pia già intorno alle 9. Diverse comunità parrocchiali si sono mosse autonomamente, seguendo un itinerario specifico nell’arco di più giorni, mentre domenica 20 luglio altri pellegrini si sono recati a Castel Gandolfo, ricevendo il saluto di Leone XIV al termine dell’Angelus. I fedeli della parrocchia della Sacra Famiglia, invece, hanno varcato la Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, pregando anche sulla tomba di Papa Francesco, qui custodita.
«Non sembra ma siamo allenate, soprattutto nello spirito!» hanno detto all’unisono sette signore, prima di percorrere il cammino giubilare. Poco distante un loro co-parrocchiano, Davide Campanella, ha raccontato il proprio concetto di speranza: «Vivere su questa terra compiendo piccoli gesti da uomini di buona volontà, a partire dal perdono anche verso chi consideriamo il nostro peggior nemico».
«Pochi giorni dopo aver festeggiato Santa Rosalia, il 15 luglio, contro il dramma delle tante “pesti” che ancora oggi gravano su Palermo, abbiamo varcato la Porta Santa pregando per una speranza profetica che entri nei nostri cuori e che sconfigga i mali», ha affermato suor Letizia, delle Sorelle francescane del Vangelo, con un pensiero particolare alla piaga delle nuove droghe, soprattutto il crack sempre più diffuso tra i giovani, in una città «ormai prostrata da un senso diffuso di assuefazione e di rassegnazione».
Un «autentico popolo in festa»: così ha riassunto la sua esperienza giubilare Milena Libutti, referente della diocesi per il cammino sinodale, sottolineando la volontà «di non lasciare indietro nessuno nel percorso quotidiano di fede, anche adeguandosi al passo di chi procede più lentamente e magari scoprendo tutti insieme un “passo” che porta a Lui». Nel ricordare le preoccupazioni con cui un genitore cresce un figlio in una realtà non facile come quella palermitana, la signora Libutti ha confidato che «nel capoluogo siciliano, purtroppo ogni giorno, tanti genitori si fanno “martiri” senza morire, nella speranza di un futuro migliore per i propri figli».
Con lo stesso motto coniato 25 anni fa — «GiubilArca, a Roma a remi» — tra i pellegrini palermitani erano anche i canottieri partiti il 7 giugno dal Circolo velico Sferracavallo — nell’omonima borgata marinara — che hanno ripetuto l’esperienza vissuta nel 2000. Risalendo il mar Tirreno per oltre 500 miglia nautiche, sono giunti sulle coste del Lazio a bordo della canoa in vetroresina progettata e realizzata, già per il Grande Giubileo di 25 anni fa, dal professor Ludovico Tulumello, «in memoria del quale abbiamo ripetuto questo singolare pellegrinaggio marittimo», ha raccontato commosso Vincenzo Varia. «All’imbarcazione — ha precisato — sono state apportate alcune piccole modifiche, tra cui l’istallazione, sulla prua, della statua dei santi Cosma e Damiano cui è intitolata la nostra parrocchia. E oggi qui con noi c’è anche il parroco, don Francesco di Pasquale, nostro assistente spirituale, nonché referente ecclesiastico del comitato regionale del Centro sportivo italiano che ci ha fortemente assistito in questa esperienza insolita, ma non impossibile e proprio per questo all’insegna della speranza».
Al seguito del pellegrinaggio c’erano anche una sessantina di scout palermitani facenti parte del gruppo di trecento che in questi giorni stanno effettuando un campo estivo a Bassano Romano, nel Viterbese.