· Città del Vaticano ·

Basta! Deve finire ora

A girl runs from the scene after Israeli strikes on a school sheltering displaced people at the ...
22 luglio 2025

Basta! La guerra a Gaza «deve finire ora». I livelli di morte, fame, sofferenza nella Striscia di Gaza non si sono «mai visti prima», e sono tali che le giustificazioni e i rinvii perdono ormai — meglio, hanno perso da tempo — ogni logica e significato. Fino a risultare non più sopportabili. Ventotto Paesi, più la Commissione europea, guidati dal Regno Unito, hanno firmato una dura dichiarazione sulla situazione nei “Territori palestinesi occupati”. Nell’affondo i firmatari — tra cui Canada, Giappone, Australia, Italia, Francia e Spagna, ma non Stati Uniti e Germania — denunciano la pericolosità del «modello adottato dal governo israeliano per la distribuzione degli aiuti», che «alimenta l’instabilità e priva i cittadini di Gaza della loro dignità umana», e condannano «il rilascio a rilento degli aiuti umanitari e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, mentre cercano di soddisfare i propri bisogni essenziali di acqua e cibo», indirizzando direttamente il messaggio alla brutalità delle operazioni militari condotte dall’Idf e delle decisioni politiche del governo Netanyahu.

«È agghiacciante», infatti, sottolineano, «che oltre 800 palestinesi siano stati uccisi mentre tentavano di accedere agli aiuti», così come «inaccettabile» è «il rifiuto da parte di Israele di fornire assistenza umanitaria essenziale alla popolazione civile». Contestata anche ogni ipotesi di trasferimento della popolazione palestinese «in una città umanitaria» e di sfollamento forzato permanente: le iniziative volte «a modificare il territorio o la demografia nei Territori palestinesi occupati rappresentano violazioni del diritto internazionale».

Prima di concludere con il sostegno agli sforzi negoziali di Usa, Egitto e Qatar in corso a Doha (per la verità ancora a rilento, per non dire bloccati) e di spingere per il raggiungimento di un cessate-il-fuoco permanente, ad Hamas la dichiarazione chiede «il rilascio immediato e incondizionato» degli ostaggi detenuti dal 7 ottobre, che «continuano a soffrire terribilmente».

Opposte le reazioni delle due parti in conflitto: se Hamas esulta sostenendo che si tratta «del riconoscimento internazionale della portata delle violazioni commesse dal governo fascista di occupazione»; Israele respinge il testo accusandolo di essere «scollegato dalla realtà» e di dare «un messaggio sbagliato» agli islamisti, che secondo Tel Aviv sono gli unici responsabili della mancanza di una tregua. Anche gli Usa, con l’ambasciatore in Israele, Mike Huckabee, contestano la presa di posizione definendola «disgustosa e irrazionale».

Ma mentre sul cessate-il-fuoco continua il rimpallo delle responsabilità per una via negoziale che fatica a delinearsi, sul terreno la situazione diventa di ora in ora più drammatica. E si moltiplicano le denunce sulla crisi umanitaria: il 93% delle famiglie palestinesi a giugno non ha avuto accesso all’acqua, dice l’Onu. Medici senza frontiere, segnalando un picco di casi di malnutrizione, spiega come i neonati siano resi vulnerabili alle malattie a causa della carenza di latte. E anche l’Associazione dei giornalisti della France Presse (Afp) dichiara che i suoi corrispondenti nella Striscia sono a rischio di fame «senza intervento». Un fotografo di nome Bashar, 30 anni, ha scritto su Facebook: «Il mio corpo è magro e non posso più lavorare».

Proprio nell’enclave, altri due bambini sono morti per fame (21 nelle ultime 72 ore, dicono fonti mediche riprese dalla Wafa). Mentre stamattina oltre 40 persone sono state uccise in raid su tutto il territorio: 16 colpite nel campo sfollati di al-Shati (Gaza City), altri, ancora, in fila per gli aiuti.

La fine della guerra è invocata dalla comunità internazionale, almeno parte di essa; la urlano soprattutto le decine di migliaia di vite spezzate e devastate che non avranno più un futuro. La guerra deve finire. Ora. (roberto paglialonga)