
Ancora un poco sofferente per la leggera ferita alla gamba riportata giovedì mattina durante l’attacco israeliano alla parrocchia di Gaza, padre Gabriel Romanelli risponde pazientemente alle nostre domande. Ha la faccia segnata dalla stanchezza, il dolore per i tre parrocchiani morti, le prime cure per i feriti, l’apprensione per quelli più gravi, a cominciare dal giovane Suhail trasportato urgentemente fuori della Striscia. E poi il mattino successivo l’arrivo in parrocchia del patriarca di Gerusalemme dei Latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa, e del patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III. Non è il caso di disturbarlo e affaticarlo ulteriormente, per cui gli chiediamo di inviarci un video quando avrà tempo. Video che arriva in serata e viene subito pubblicato su Vatican News. Sono le prime dichiarazioni pubbliche rese da padre Romanelli dopo l’attacco; il video pubblicato dai media vaticani è stato ripreso dalle principali testate giornalistiche e televisive.
«Quello che è successo — afferma — è terribile. È stato colpito da un grande proiettile, come sapete, il frontale della nostra chiesa. È rimasta in piedi solo la grande croce bianca. Tante schegge, sia del proiettile che del marmo, hanno colpito le persone che sostavano davanti alla chiesa sotto una tenda. Tre sono morte, tra cui il nostro portinaio Saed, ferite altre quindici persone. Anch’io sono stato ferito leggermente alla gamba e a un fianco. Due dei feriti sono più gravi: Najjb che è stato colpito a un polmone e Suhail, il nostro giovane postulante, che tanti di voi già conoscono perché scrive per il vostro giornale; è un ragazzo molto in gamba che già dall’età di 15 anni aveva scoperto la sua vocazione; sarebbe dovuto essere in seminario già da due anni ma la guerra glielo ha impedito. Le sue ferite sono più profonde e gravi e, anche se ora è fuori pericolo, necessiteranno mesi per essere curate. Per loro due più gravi chiedo le vostre preghiere».
La situazione complessiva «rimane molto grave in tutta la Striscia di Gaza. Siamo molto confortati dalla vicinanza di tutta la Chiesa. Ci ha chiamato Papa Leone ed è venuto a trovarci il patriarca dei latini, il cardinale Pizzaballa, questa volta accompagnato dal patriarca greco-ortodosso Teofilo. Una visita molto bella e molto sentita da tutta la comunità. In mezzo a questa tragedia il conforto, la vicinanza e la preghiera dei nostri pastori, di tutti i cristiani, e di tutte le persone di buona volontà ci sono vitali. Continuiamo a pregare per la pace, nella convinzione che questa guerra non può portare a nulla di buono: prima finisce perciò meglio è. Per tutti, per la Palestina e per Israele, per tutti gli abitanti di questa terra. Abbiamo sofferto tanto e stiamo soffrendo tanto. Ma soffriamo per amore del Signore. Abbiamo seppellito lo stesso giorno i morti con una messa nella chiesa ortodossa nella quale abbiamo ripetuto la preghiera di Gesù “Signore perdonali perché non sanno quello che fanno”. Perdoni loro, ma perdoni anche noi, e anche tutto il mondo, perché il perdono del Signore è fonte di grazia, di pace, di riconciliazione. Quindi — ha concluso padre Gabriel — vi chiedo ancora di pregare per noi e di cercare di convincere l’intero mondo che è ora che finisca questa guerra e che si possa cominciare a ricostruire la pace nella giustizia, sia in Palestina che in Israele. La Madonna vi benedica e grazie per la vostra vicinanza». (roberto cetera)