· Città del Vaticano ·

L’arcivescovo Gallagher in India ricorda il venerabile Mar Ivanios, primo capo della Chiesa siro-malankarese

Uniti nella diversità
per testimoniare Cristo nell’armonia

 Uniti nella diversità per testimoniare Cristo nell’armonia  QUO-162
15 luglio 2025

di Lorena Leonardi

Una unità che «non sia uniformità, ma comunione: un’armonia che rispetta la diversità promuovendo amore e comprensione reciproci». È questa l’eredità «più attuale che mai», lasciata dal venerabile servo di Dio Mar Ivanios (1882-1953), per il «mondo odierno, dove divisioni e conflitti spesso dominano le cronache». Lo ha detto l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, durante la “Holy Qurbana” celebrata oggi, 15 luglio, a Trivandrum, in occasione della 72ª Giornata dedicata a questo pastore che ha avuto un ruolo chiave nel riportare la Chiesa siro-malankarese in comunione con Roma. «Un momento di fede, unità e riconoscimento della sua eredità spirituale», scrive la segreteria di Stato sull’account X @TerzaLoggia.

Gallagher, che si trova in India dal 13 fino al 19 luglio per una visita mirata a consolidare e rafforzare i vincoli di amicizia e collaborazione, ha incentrato la sua riflessione sulla figura di Geevarghese Thomas Panickaruveetil — questo il suo nome alla nascita —, fondatore delle congregazioni dell’Ordine dell’Imitazione di Cristo (Bethany Ashram) e delle Suore dell’Imitazione di Cristo (Bethany Madhom). Egli pur dovendo affrontare molte difficoltà interne ed esterne, 95 anni fa prese la «coraggiosa decisione» di condurre la comunità siro-malankarese alla piena comunione con Roma. Un «momento storico», ha detto il presule, non solo per lo stato indiano del Kerala, ma anche per la Chiesa universale, perché non si trattava «semplicemente di un atto amministrativo», bensì di una «profonda dichiarazione spirituale ed ecclesiale sull’unità di tutti i cristiani, radicata nella persona di Gesù».

Alla presenza del cardinale Cleemis Baselios, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei siro-malankaresi e dei presuli di questa Chiesa, sul concetto di unità Gallagher si è soffermato a lungo, definendo l’esempio incarnato da Mar Ivanios una sfida «a guardare oltre le nostre differenze», a cercare «il terreno comune della fede in Cristo», a «costruire ponti ovunque» Egli «ci guidi: nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e società, coltivando riconciliazione e pace», nella consapevolezza che la vera unità non può essere imposta con la forza, ma deve nascere «dal cuore del Vangelo».

Secondo il celebrante gli insegnamenti, la vita e le opere di questo «apostolo dell’unità» offrono una «saggezza senza tempo» in grado di guidare nel cammino spirituale e nella vita quotidiana: da testimone di una fede «dinamica e trasformante», il suo impegno all’unità non fu privo di controversie o difficoltà, «eppure, la sua incrollabile fedeltà al Vangelo e all’unità della Chiesa gli diedero la forza di perseverare». Allo stesso modo, vivere autenticamente la nostra fede può richiedere «scelte difficili e sacrifici» e chiedere di essere «testimoni coraggiosi di Cristo» nelle famiglie, luoghi di lavoro e società, nonostante le difficoltà.

Ancora, il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali ha sottolineato un altro pilastro del ministero dell’arcivescovo indiano: l’attenzione all’educazione «trasformativa» in grado di formare «la persona intera», e l’apertura dell’educazione alle donne in un’epoca in cui ciò non era comune.

Richiamando le letture della Liturgia, Gallagher ha esaltato «la continuità di fede che attraversa le generazioni», il ruolo dei «testimoni santi» fondamentale per nutrire la fede e una spiritualità radicata nel culto eucaristico e nel sacrificio della croce. Infine, la preghiera, vero «fondamento» della vita di Mar Ivanios, senza la quale le azioni perdono «senso e direzione», perché è nella preghiera che si ricevono forza, saggezza e pace per affrontare le sfide della vita. Promuovendo «l’unità nella diversità», ha rimarcato il presule, l’esempio del venerabile servo di Dio mostra che tale unità «è possibile quando è radicata nell’amore e nella verità».

Perciò ogni individuo, ha concluso Gallagher, è chiamato a essere «artefice di pace, costruttore di ponti e testimone del Vangelo», senza dimenticare che «la vera unità comprende giustizia e compassione per chi soffre».