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Simul currebant - Nel mondo dello sport
A tu per tu con Sérgio Conceição

Lo sport è per tutti
non solo per “i migliori”

 A tu per tu con Sérgio Conceição   QUO-161
14 luglio 2025

Tra gli eccessi del calcio la testimonianza di fede dell’allenatore portoghese  


di Maria Helena Sequeira

«Lo sport è per tutti, non solo per “i migliori”: ci devono essere le condizioni proprio perché sia per tutti». Parola di Sérgio Conceição, portoghese, indimenticato calciatore e oggi allenatore. Il 14 giugno scorso ha incontrato Papa Leone XIV nell’ambito del Giubileo dello sport, condividendo poi la sua esperienza nel convegno internazionale “Lo slancio della speranza” promosso all’Augustinianum dal Dicastero per la cultura e l’educazione.

Cosa l’ha spinta a partecipare al Giubileo dello sport?

Per me è un onore aver partecipato al Giubileo dello sport. La parola più importante è stata “speranza”. Tutti vogliamo avere proprio questa speranza in un mondo migliore, anche con i valori che noi, dentro lo sport, proviamo a dare. Cercando di coinvolgere veramente tutti perché lo sport è molto importante per tante persone. Il mio impegno è trovare, dentro lo sport, la strada giusta per andare avanti e arrivare ai miei obiettivi non solo sportivi. Sono convinto che lo sport non è solo per “i migliori”: lo sport è per tutti e bisogna creare le condizioni proprio perché sia per tutti.

Nel podcast Bitaites D’Ouro lei ha condiviso il consiglio che suggerisce ai suoi giocatori: lasciare le ciabatte sotto al letto così, al mattino, inginocchiandosi per prenderle, possono approfittare per ringraziare Dio per un nuovo giorno di vita. Che ruolo ha la fede nella sua vita personale e professionale?

Con la mia fede è tutto acceso. È tutto è collegato. Ogni giorno ringrazio Dio per tutto quello che mi ha concesso. Ho attraversato momenti molto difficili e altri molto felici, ma fa parte del percorso della vita. E tutto ciò che viene da Dio, da Gesù Cristo, è per me esperienza di apprendimento. Ci sono momenti in cui, ovviamente, siamo più scossi da situazioni della vita, ma fa parte del nostro viaggio. È un privilegio essere vivi, poter vivere con passione, con le nostre famiglie e con i nostri amici. Per questo dico sempre che dobbiamo ringraziare Dio ogni giorno per un altro giorno.

Ha vissuto momenti difficili quando era giovane. Che parole rivolge oggi a quei giovani che, come lei un tempo, attraversano una perdita profonda nella loro esistenza e faticano a continuare a sognare, a vivere con speranza?

Le difficoltà che incontriamo nella nostra vita devono servire da scudo e da trampolino di lancio, in modo che ognuno di noi possa realizzare i propri sogni, i propri obiettivi. Finalizzando alcuni dei traguardi che ci siamo posti quando eravamo più giovani. Non è facile, non è semplice. È una lotta quotidiana che viviamo, sostenuti da quella forza invisibile che viene dalla fede. Una forza che ci sostiene in ogni nostro passo. Credo sia importante ricordarlo sempre. Proprio la fede — la nostra stessa volontà di vicinanza a Dio, a Gesù — ci permette in modo saldo di avere quella forza, nel profondo, e quell’equilibrio emotivo capace di superare gli ostacoli. Tutto questo è molto importante nei diversi momenti della nostra vita: credo, poi, che quando si è giovani non si abbia la stessa maturità di quando si hanno trenta o quaranta o cinquanta anni. Ma è proprio nei momenti di difficoltà che dovremmo imparare a guardarci dentro, a parlare molto con noi stessi, a discernere cosa sia per noi quella stessa fede, quello stesso desiderio di essere vicini a Dio.

Il calcio è associato alla fama, al denaro e anche ad accese rivalità: in questo contesto in che modo lei cerca di coltivare, nei giovani giocatori che le sono affidati, valori come l’umiltà, il rispetto e lo spirito di squadra?

Penso siano valori fondamentali! L’umiltà, il senso del gruppo, lo spirito di sacrificarsi per se stessi e per i propri compagni, il condividere insieme tante emozioni: tutto questo è fondamentale in una squadra di calcio. E anche in una famiglia. Questi valori all’interno di ciò che è oggi il calcio, all’interno di ciò che oggi sono le squadre, sono estremamente benefici. Soprattutto in un’età formativa per i giovani. Il calcio, in questa prospettiva, è uno sport molto importante — così come tutti gli altri sport sia di squadra sia individuali — perché ci unisce per avere quel senso di gruppo, quel senso di famiglia, che è assolutamente essenziale nella nostra vita di persone, non solo sportiva.


Tra Porto, Lazio, Parma, Inter e Milan


Sérgio Conceição, nato a Coimbra nel 1974, è cresciuto in una famiglia numerosa  (sette fratelli). Il padre, muratore, è morto in un incidente quando Sérgio aveva 16 anni, il giorno dopo il suo ingresso nelle giovanili del Porto. La madre, da tempo malata, è morta quando Sérgio di anni ne aveva 19. Durante l'adolescenza ha perso un fratello.

Centrocampista, detto “tornado”, ha esordito con l’Académica, la squadra della sua città che nel 2002 gli ha intitolato lo stadio municipale. Ha giocato nel Porto (vincendo 3 campionati, 3 coppe e 1 supercoppa del Portogallo), nella Lazio (un campionato, una coppa Italia e una supercoppa italiana oltre a una coppa delle coppe e una supercoppa Uefa). E ancora con Parma, Inter, Standard Liegi, Al-Qadisiya e Paok. Con la nazionale portoghese ha disputato 56 partire segnando 12 gol, partecipando tra il 1996 e il 2003 a Mondiali e Europei. Conclusa la carriera da calciatore, ha allenato Olhanense, Académica, Braga e Nantes. Da allenatore con il Porto ha vinto 3 campionati, 3 supercoppe, 4 coppe e 1 coppa di lega del Portogallo. La scorsa stagione con il Milan ha vinto la supercoppa italiana.

Sposato con Liliana, è padre di 5 figli, quattro di quali sono calciatori.