Non si resiste al male

Proseguire sul cammino tracciato dall’evento “Arena di pace 2024” con la partecipazione di Papa Francesco: con questo obiettivo la Chiesa veronese, attraverso l’impegno diretto del vescovo Domenico Pompili, ha voluto fondare la Scuola di pace e nonviolenza. Il corso intende formare giovani e adulti alla pace con competenze in mediazione politica, gestione dei conflitti e metodo nonviolento. La costituzione del percorso formativo, spiega don Renzo Beghini, presidente della Fondazione G. Toniolo e condirettore della Scuola, «ci è sembrata l’occasione per rispondere a una domanda di pace che oggi è sempre più accesa». Così, su intuizione di monsignor Pompili, sono state chiamate a raccolta alcune istituzioni già presenti sul territorio per fornire una proposta completa. «Pace non è solamente una parola; ha bisogno di contenuti, evidentemente, che vanno circostanziati rispetto alle varie situazioni», afferma il sacerdote.
La Scuola si avvale del contributo di riflessione e di esperienze maturato all’interno del Movimento nonviolento, il cui presidente, Massimo Valpiana, è condirettore del corso. «È cosa importante formare delle competenze di mediazione, cioè delle figure che in qualche modo si pongano come “un terzo”, laddove c’è una contrapposizione tra due figure», osserva don Beghini. Di fondamentale rilevanza, nel percorso proposto a Verona, è l’aspetto umano. Sebbene la formazione sia in gran parte online, è richiesto che gli studenti vengano in sede un weekend al mese, proprio per condividere le esperienze. «Guardando alle prospettive future della Scuola, lavoreremo su tre direttive: contenuti della pace, giustizia riparativa ed economia di pace».
La formazione offerta, in ogni caso, «non tende solamente a elementi di conoscenza sullo scibile riguardante l’enorme tema della pace — specifica il condirettore Valpiana — ma vuole entrare nello specifico di tutte quelle materie ed esperienze necessarie per affrontare la grossa tematica della risoluzione nonviolenta dei conflitti, cioè andare al cuore del conflitto». Per riuscire in questo è stato scelto di seguire la “traccia dei sei passi” di Martin Luther King, da conoscere e comprendere fino in fondo.
Dopo diversi mesi di lezione, in questo momento estivo ogni corsista dei trentacinque selezionati sta lavorando a una tesina da presentare a settembre. «Ognuno ha il proprio argomento ma da porre tutti sotto la lente della risoluzione nonviolenta dei conflitti, cioè affrontando un conflitto storico esistente o ipotetico e sviluppando il percorso dei vari protagonisti», precisa Valpiana. Si educa inoltre alla forma di resistenza non violenta con il principio di fondo sostenuto da Lev Tolstoj (“Non resistere al male con il male”). «Se la resistenza scende sullo stesso terreno della violenza, dell’oppressione», osserva ancora Valpiana, «innesca una spirale che diventa infinita e che va peggiorando continuamente. Questa spirale la si interrompe appunto con una resistenza di tipo non violento, che nella storia è esistita. In moltissimi casi è stata anche vincente, cioè ha funzionato, a partire dall’esempio storico più conosciuto e studiato che è quello di Gandhi, nella sua resistenza non violenta contro il colonialismo inglese. Poi si è diffusa in tutto il mondo, dal Sudafrica di Mandela alla prima intifada nonviolenta palestinese e a tanti altri casi. Questa resistenza nonviolenta deve essere la risposta anche e soprattutto cristiana».
La nonviolenza, come tutte le arti e le scienze umane, ha bisogno di studio e formazione. L’esperienza condotta dalla diocesi di Verona va in tale direzione. Riguardo poi il discorso di Papa Leone XIV che — nell’incontro con i vescovi italiani del 17 giugno scorso — ha spronato tutte le diocesi a portare avanti iniziative di pace, il condirettore Valpiana ha parole di gratitudine: «È un incoraggiamento importantissimo, fortissimo. Ringraziamo il Pontefice per l’udienza che ci ha concesso qualche settimana fa dove ha indicato la strada della pace, una strada lunga, difficile e faticosa che richiede tanto impegno ma è l’unica che non ci porta alla scorciatoia della violenza. E spesso le scorciatoie poi sfociano nei conflitti». (beatrice guarrera)