· Città del Vaticano ·

Percorsi di formazione nella diocesi di Roma

«Il mondo cambia
se cambiano i cuori»

 «Il mondo cambia se cambiano i cuori»  QUO-160
12 luglio 2025

di Beatrice Guarrera

«Un impegno per la pace che sia quotidiano, che eserciti la capacità di entrare in relazione con le persone in modo che i rapporti, le conflittualità, vengano gestite attraverso questa visione»: è ciò che mira a costruire il Servizio per la pastorale sociale e del lavoro - Giustizia, pace e salvaguardia del creato della diocesi di Roma. Una prospettiva portata avanti attraverso molteplici iniziative, soprattutto di carattere formativo, spiega il vicedirettore dell’ufficio, Oliviero Bettinelli. L’obiettivo è quello di «lavorare in connessione con altre realtà che operano sul territorio con un’idea chiara di impegno per la pace nelle istituzioni, nei rapporti con le persone, nei conflitti interni alle realtà territoriali: sostenere, laddove possibile, le comunità ecclesiali e non solo».

I progetti concreti sono percorsi di formazione all’ecologia integrale e parlano di sanità, povertà, ingiustizia. Sono aperti a tutti coloro che sono interessati ad approfondire questi temi. Nell’ultimo anno si è aggiunto, ogni quindici giorni, l’appuntamento sull’inserto di Avvenire, “Roma sette”, con una rubrica speciale sui testimoni della pace dove vengono raccontate le storie di chi quotidianamente lavora per la pace. «Non siamo un’associazione ma un organismo pastorale — precisa Bettinelli — e abbiamo le nostre comunità alle quali cerchiamo di offrire un servizio di approfondimento, di formazione: 40-50 i soggetti presenti a ogni incontro». In un tempo caratterizzato da guerre e conflitti di ogni genere, educare alla pace è avvertito come un compito particolarmente arduo. Davanti a sensazioni di sgomento, paura, preoccupazione, il tentativo è comunque sempre lo stesso, «quello di far capire che noi come Chiesa siamo vicini. Sono dell’idea che questo tipo di pastorale legato alla pace, alla mondialità, alla giustizia sociale debba diventare una pastorale ordinaria. Non si può scindere da un percorso di comunità, dai bambini della prima comunione ai ragazzi della cresima».

Sono temi che devono penetrare piano piano nei giovani grazie al compito precipuo dell’ufficio diocesano che è quello di fornire gli strumenti per analizzare la realtà: «Ciò che noi vorremmo fare non è tanto dare delle risposte quanto aiutare la gente a porsi delle domande», sostiene il vicedirettore, «e questo credo sia cosa essenziale in un momento di paura e tensione. Le paure delle persone sono le stesse, così come le loro preoccupazioni. La Chiesa non è fuori dal mondo e deve far sentire queste persone meno sole, accompagnate da una visione, da un messaggio evangelico che per noi è fondante rispetto alle proposte formative di animazione di incontro».

I corsi hanno durate differenti, da quello sull’ecologia integrale, che è un percorso annuale, fino agli incontri singoli, i cui frutti si vedranno nel tempo. «Sbagliamo a pensare che i frutti non arrivino», commenta Bettinelli: «Il Concilio Vaticano II ha cinquant’anni e i frutti li stiamo vedendo poco a poco. Crediamo che all’interno delle nostre comunità cominci a maturare una riflessione su questi temi». Per una serie di iniziative del genere, «quella del volere “i frutti subito” è una tentazione», sostiene il vicedirettore del Servizio diocesano, «nel senso di pensare che facendo un progetto cambia il mondo. No, il mondo cambia, e Gesù ce l’ha insegnato, se cambiano i cuori e noi lavoriamo con pazienza».

Fra le esperienze più interessanti da segnalare quest’anno c’è l’Eco-Charity Garden delle Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret, un luogo aperto a tutti per vivere percorsi legati all’ecologia integrale. «Sono convinto, come disse una volta Papa Francesco ai ragazzi ad Assisi, che dobbiamo fare progetti che mettano in moto processi perché se non “processiamo” noi possiamo fare pure tantissime belle cose ma lì poi restano e lì non cambiano il cuore delle persone. Se non cambia il cuore delle persone, probabilmente dobbiamo un po’ rivedere qual è il nostro compito, qual è la nostra vocazione, in che modo possiamo veramente essere disponibili al servizio delle comunità», conclude Oliviero Bettinelli.