Sullo stesso cammino

di Jacopo Mancini
Una fila di cappelli in paglia sul tradizionale saio francescano, a testimonianza di una fede capace di adattarsi a qualunque ambiente e condizione climatica. Poco oltre, tanti ugandesi in abiti tradizionali e, in ordine sparso, nuclei famigliari, coppie di fidanzati, scolaresche. L’eterogeneità è la cifra caratterizzante piazza Pia in questa mattina di inizio luglio dell’Anno Santo, espressione di una Chiesa universale, una grande famiglia ma collocata sullo stesso cammino di perdono e di speranza.
Monsignor Francis Xavier Mpanga è tra i sacerdoti che hanno accompagnato i circa 250 fedeli del Paese africano, provenienti dalla diocesi di Kasana-Luweero: «Prima di arrivare a Roma siamo stati ad Assisi — racconta ai media vaticani il sacerdote, che è vicario generale — per un omaggio al beato, prossimamente santo, Carlo Acutis. È stato molto commovente, la comunità ha risposto in maniera entusiasta, partecipando in modo massiccio».
Giunti nell’Urbe pochi giorni fa, i pellegrini ugandesi hanno visitato le altre basiliche papali maggiori, e con emozione hanno pregato dietro alla croce lignea giubilare, attraversando la Porta Santa della basilica di San Pietro. «Un passaggio simbolico e significativo — spiega monsignor Mpanga —. Come cristiani incontriamo quotidianamente delle difficoltà: è nostro dovere continuare a sostenere la croce proprio durante i momenti più difficili. Allo stesso modo, viviamo questo Giubileo non solo per noi stessi ma anche per donare speranza a chi non ha potuto partecipare e affronta situazioni di sofferenza».
Dal passaggio attraverso le porte sante «la fede risulta rinvigorita», gli fa eco Leonard, laico che presta servizio come organista in una parrocchia della diocesi ugandese. «Rientrando a casa, porterò con me — confida — la responsabilità di sostenere il credo di chi non ha potuto partecipare».
Di un’esperienza di «fede condivisa» in grado di «promuovere il dialogo coinvolgendo i giovanissimi» parlano Raul, Alexis e Raphael, tre giovani francesi allievi dell’accademia musicale di Liesse. Partiti da Précigné, nella regione dei Paesi della Loira, una cinquantina di alunni sono stati impegnati in un itinerario artistico sulle note della spiritualità che a Roma si snoda tra la chiesa di San Luigi dei Francesi, Trinità dei Monti e il santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso. Impressionati dal «fascino della città e dei suoi monumenti», i ragazzi sentono di «celebrare degnamente la speranza grazie al connubio tra fede e musica».
È una folla giovane anche quella dei 150 adolescenti provenienti dalla diocesi transalpina di Gap-Embrun, mentre dal Belgio arriva un gruppo che raccoglie una cinquantina di fedeli da diverse parrocchie della città di Anversa, impegnati a cantare accompagnati dal suono di una fisarmonica e di una chitarra. Alla guida, il cappuccino fra Martino, che riferisce la «forte emozione» provata all’attraversamento della Porta Santa, «un segno di vicinanza a Pietro e un ricordo — rimarca — che sarà ancora più prezioso una volta rientrati in patria». Tenendo due bambini in braccio, una coppia spagnola da Malaga spiega, senza smettere di camminare lungo via della Conciliazione, che ha scelto di celebrare il Giubileo perché la speranza «è riporre fiducia nel Signore e nei suoi mezzi come fonte di pace e misericordia nel mondo».
Dispiaciuti di non potere incontrare Leone XIV, in questi giorni a Castel Gandolfo, i membri di una famiglia messicana di Monterrey vivono il loro primo Anno Santo «seguendo i passi di Dio» in un percorso di «guarigione e accrescimento della fede». Di «occasione di vicinanza al Signore» parlano Maria e Jose, filippini residenti a Vienna, tenendo a bada i loro tre figli piccoli: «La speranza è fondamentale per ogni famiglia, solo così troviamo la forza di progettare il futuro», dicono.