· Città del Vaticano ·

Nella diocesi al nord del Perú l’allora vescovo ha contribuito agli aiuti durante la pandemia di Covid-19 e le inondazioni di El Niño e ha partecipato attivamente alla vita cittadina e alle iniziative pastorali, lasciando un segno profondo nel cuore ...

Il pastore che sfidava il fango la fame e la carenza d’ossigeno

 Il pastore che sfidava il fango  la fame  e la carenza d’ossigeno  QUO-154
05 luglio 2025

di Salvatore Cernuzio

Sembrava infinita la Plaza de Armas di Chiclayo dalle immagini registrate col drone durante la Misa multitudinaria della sera del 10 maggio. La Messa di rendimento di grazie per l’elezione di Robert Francis Prevost — che di Chiclayo è stato pastore dal 2015 al 2023 —, alla quale si è riversato l’intero «popolo fedele» di questa città nel lembo nord del Perú, che Leone XIV dalla Loggia delle Benedizioni ha ringraziato perché «ha accompagnato il suo vescovo».

Prima che il Papa la nominasse, erano in pochi fuori dal Paese latino-americano a conoscere questa cittadina attiva e popolosa della Regione di Lambayeque, che affonda le radici nell’antica civiltà Moche (come rivelano le statue indigene alle porte del centro urbano), ospita una parte della foresta amazzonica e ha ricevuto pure diversi premi culinari.

Chiclayo dall’8 maggio è «la ciudad del Papa León XIV», come affermano orgogliosi i sui abitanti e come recitano cartelloni di «bienvenidos» affissi sul palazzo della Municipalidad Provincial. Lì, sulla balconata centrale, appare un cartonato a grandezza naturale del Pontefice benedicente. Altri striscioni sono appesi sulla facciata della catedral de Santa María, edificio imponente dallo stile neoclassico, progettata da Gustave Eiffel (sì, lo stesso della celeberrima Tour parigina), che con le colonne doriche e i capitelli corinzi veglia su tutta la Plaza.

La Plaza. Quella che, si diceva prima, dalla visuale del drone sembrava enorme, gremita da migliaia di fedeli con bandierine e candele in mano. In realtà, a vederla, con le sue palme verdi e gli alberi dalle foglie rosse, le panchine e i giochi vintage per bambini, è un gioiellino di piccole dimensioni, che ricorda le composizioni in legno tipiche degli artesanos del Perú.

Il vescovo Prevost viveva nell’arcivescovado lì di fronte, andava a mangiare in un vicino locale di cucina tipica (si dice che adorasse il “frito chiclayano”, piatto della domenica con carne di maiale cotta, accompagnata da yucca o patate), si fermava a pranzo o a cena a casa della gente anche se invitato all’ultimo minuto. Certo, le annate in cui ha svolto il suo ministero non hanno permesso al missionario agostiniano di Chicago di vivere una serena quotidianità. Due flagelli si sono abbattuti su Chiclayo, già segnata come tante altre realtà in Perú da povertà, episodi di criminalità, disoccupazione e dalla corruzione che — racconta chi ci vive — è tra i motivi principali delle strade dissestate che rendono ogni tragitto un percorso a ostacoli.

Nel 2017 il fenomeno climatico de El Niño costero si è abbattuto su Chiclayo e i suoi distretti, in particolare Illimo, “pueblo nuevo” a circa 2 km di distanza dalla città, dove le esondazioni del fiume Leche hanno fatto arrivare l’acqua fino a un metro e novanta di altezza. E si può immaginare quali siano state le conseguenze per case di legno e lamiera e strade in preda all’incuria.

Rocío Señaricoche se li ricorda bene quei momenti, quando lei e i figli sono rimasti bloccati in casa e non sapevano cosa fare. E si ricorda bene «quell’uomo che ora è Papa» andare dalla popolazione e, con ai piedi le botas di gomma, buttarsi nell’acqua alta per prestare aiuto. «Vedete quella stradina laggiù?», dice la ragazza indicando un’arteria snodata dalla piazza centrale: «Era tutta allagata, nessuno riusciva a entrare. El monseñor ci è andato, ha corso il rischio ma è andato. Alcune famiglie sono state evacuate nel parco principale, ma molte altre sono rimaste in casa e non riuscivano a uscire. Sua Santità è arrivato coi soccorsi. Non gli è importato di entrare nel fango, voleva aiutarci. Ha fatto costruire 35 prefabbricati per chi aveva perso la casa, quelli a cui lo Stato non forniva alcun sostegno perché erano inquilinos (abusivi). È stato dato aiuto a più di 1.600 persone. E anche cibo, materassi, acqua. Papa León è stato la prima persona a contattarci, la prima ad aiutarci».

«Penso che quella è stata la prima volta che il nostro vescovo ha rimesso in piedi la Chiesa di Chiclayo», fa eco Janina Sesa, o meglio, la Janina, vera e propria istituzione in città. Sorride e si copre il volto per l’emozione mentre parla di colui che per anni è stato «un padre», con il quale ha distribuito aiuti in giro, con cui parlava di «matematica, relazioni internazionali ma anche dell’importanza dei Sacramenti, e che ora è il Papa. Janina è presidente dell’associazione Voices of Help attiva per la solidarietà in tutta la regione, raccogliendo fondi attraverso iniziative di ogni tipo, inclusa la vendita di gelati “a forma di Pontefice”.

Negli anni difficili delle inondazioni e nei successivi ancora più tragici del Covid-19, Prevost l’aveva nominata direttrice della locale Caritas: una donna, poco più trentenne, alla guida di un organismo cruciale per la solidarietà. Neppure lei ci credeva: «“Padre Roberto, ma è sicuro?”, gli chiesi». Sì ne era sicuro — come le disse —, certo della forza delle donne. Una sfida vinta. Il vescovo e la baby direttrice Caritas si sono dati un gran da fare: durante El Niño hanno raccolto donazioni e servito più di 28 distretti, hanno guidato furgoni, trasportato kit: «Lui era parte della squadra, guidava, aiutava e benediceva le persone, dando la speranza di andare avanti».

E la speranza è stata la bussola che ha orientato l’opera dell’allora vescovo di Chiclayo nel 2020 ferita dal coronavirus. Diecimila morti in Perú e nel territorio della diocesi di Prevost mancavano ossigeno e mezzi per curare i malati. Il vescovo ha lanciato allora la campagna Oxígeno de la Esperanza, facendo impiantare nel distretto di Mochumí macchinari ultramoderni per l’ossigenazione e bombole provenienti dagli Stati Uniti d’America. «Solo quando lavoriamo uniti possiamo farcela», predicava il futuro Papa. Da fine aprile 2020, 26 distretti hanno ricevuto aiuto. Janina mostra le foto di Prevost con la tonaca agostiniana e la mascherina: «Era sempre presente. Cercava sempre un modo per aiutare nei momenti di bisogno». Scorre la gallery dello smartphone, Janina, dove conserva gelosamente il messaggio di risposta che il Pontefice le ha inviato la sera dell’8 maggio dopo l’elezione per ringraziarla degli auguri.

Non è l’unica ad aver avuto questo privilegio. Anche padre Ángel Peña, parroco di San Martín de Tours, strabuzza ancora gli occhi mentre mostra il messaggio WhatsApp in cui il Papa gli fa gli auguri di compleanno il 10 maggio. «Lo ha sempre fatto, ogni anno. Questa volta pensavo: dopo l’elezione, con tanti impegni e pensieri, non credo... E invece...». Padre Ángel condivide l’aneddoto dal salone della sua parrocchia nella zona periferica di Reque, abitata da poveri e migranti. Quelli a cui il vescovo Prevost chiedeva di garantire la massima accoglienza: «Ci diceva: siate flessibili, si tratta di essere umanitari!», ricorda il sacerdote. San Martín de Tours ospita uno dei comedores populares, mense gratuite attive due volte al giorno, con decine di pasti preparati da volontarie e serviti ai tavoli da giovani operatori. Il progetto, insieme ad altri simili in seno alle 48 parrocchie di Chiclayo, è nato negli anni del ministero episcopale del futuro Papa. Oggi San Martín è punto di riferimento per famiglie, disoccupati, donne sole coi bambini, senza fissa dimora, ex carcerati. Tutta gente a cui monsignor Robert dava «molta priorità», dice Delia Orrego, anziana parrocchiana attiva nei vari servizi: «Quando lo ascoltavo parlare della popolazione migrante, mi colpiva molto. “È un fratello nostro”, diceva, “sta in un luogo sconosciuto e noi dobbiamo abbracciarlo e fare in modo che si senta bene, perché siamo tutti figli di Dio”».

Oltre i cartelloni, oltre le Messe moltitudinarie, oltre all’onore di vedere il loro vescovo sul Soglio di Pietro, a Chiclayo ciò che si può toccare con mano è dunque il legame radicato di un pastore con la sua gente. Non solo per gli aiuti e i beni ricevuti, ma perché c’è un popolo che si è sentito confermato nella fede. E ha visto in quelle botas, in quei kit alimentari, in quei gesti come andare in macchina di sera a benedire una statua della Virgén de Fátima realizzata dai giovani, la presenza di Cristo che mai abbandona. Nelle difficoltà ma anche nella vita di ogni giorno.