Le critiche

Washington, 4. «Moralmente ripugnanti»: così il cardinale statunitense Robert McElroy, nominato arcivescovo di Washington da Papa Francesco lo scorso gennaio, ha definito in un’intervista alla Cnn le politiche migratorie dell’amministrazione Trump, denunciando una campagna di deportazioni «disumana» e «intenzionalmente distruttiva» per le famiglie. Comprendendo la necessità di «difendere i confini», McElroy ha tuttavia menzionato il clima di terrore che si è diffuso tra i dieci milioni di migranti senza documenti negli Stati Uniti, accusando il governo di aver «sistematicamente smantellato» ogni protezione nei luoghi sensibili – come le chiese – dove un tempo gli immigrati trovavano rifugio. Oggi, afferma, «c’è chi ha paura perfino di andare a messa». Dunque, è in atto «una deportazione di massa e indiscriminata di uomini, donne, bambini e famiglie che letteralmente distrugge le famiglie, ed è proprio questo l’obiettivo».
La misura al centro delle critiche è la nuova legge migratoria promossa dal presidente Usa Donald Trump, che consente deportazioni accelerate senza processo e ha rimosso i vincoli alle operazioni delle forze dell’immigrazione. Le scene viste a Los Angeles, racconta McElroy, mostrano «agenti governativi che piombano nei parcheggi dei supermercati per prendere chiunque capiti», in una strategia volta ad «arrestare chiunque riuscissero» e non non «coloro che hanno condanne penali».
Il cuore del problema, secondo McElroy, è culturale: «C’è l’idea che i nuovi arrivati siano diversi, inferiori. È una narrazione ricorrente nella storia americana: lo si diceva degli irlandesi, degli italiani, dei polacchi. Ora si ripete. Ed è scandaloso». La sua intervista è stata realizzata lo stesso giorno in cui Trump ha visitato il centro di detenzione in Florida soprannominato “Alligator Alcatraz”. Un nome che il presidente ha definito «appropriato», alimentando ulteriormente – secondo McElroy — «una retorica della paura e dell’esclusione incompatibile con l’insegnamento cattolico».