· Città del Vaticano ·

Il colloquio di Leone XIV con i piccoli partecipanti all’«Estate Ragazzi in Vaticano»

Costruire ponti
già da bambini

 Costruire ponti già da bambini  QUO-153
04 luglio 2025

Presenti anche 300 studenti ucraini ospitati dalla Caritas Italiana


«Già da piccoli possiamo imparare ad essere costruttori di ponti e cercare opportunità per aiutare l’altro». Ne è convinto Leone XIV, che rispondendo alle domande di alcuni bambini incontrati ieri in Vaticano li ha esortati a cercare l’amicizia con Gesù partecipando alla messa, all’accoglienza di chi è diverso e a impegnarsi nella costruzione della pace. L’occasione è stata la visita compiuta verso mezzogiorno nell’Aula Paolo VI in cui erano radunati gli oltre trecento partecipanti all’«Estate Ragazzi in Vaticano», ai quali si erano uniti poco prima altrettanti coetanei provenienti dall’Ucraina e ospitati dalla Caritas Italiana.

Rispondendo a tre domande rivoltegli da altrettanti ragazzini in rappresentanza delle varie fasce d’età, il Pontefice ha dialogato a braccio con i presenti dopo che uno degli animatori gli aveva presentato l’iniziativa giunta alla sesta edizione. Coordinata dal sacerdote salesiano don Franco Fontana, sul modello degli oratori di san Giovanni Bosco, ha come slogan quest’anno «Tutt’Altro, quando l’Altro è tutto»: un tema scelto affinché i piccoli partecipanti possano imparare a superare i pregiudizi, in un tempo in cui appare sempre più complicato parlare, relazionarsi, condividere parole, pensieri e anche momenti di gioco e di divertimento insieme.

La prima a rivolgersi a Leone XIV è stata Giulia, che gli ha chiesto se da piccolo andasse a messa. «Certamente — è stata la pronta risposta —! Sempre, tutte le domeniche, con mamma e papà». Poi, ha aggiunto riannodando il filo delle memorie dell’infanzia a Chicago, «dai 6 anni più o meno ero anche chierichetto nella parrocchia e quindi prima di andare alle lezioni, alla scuola, che era una scuola parrocchiale, c’era la messa alle 6 e mezzo del mattino e mamma sempre ci svegliava e diceva: “Andiamo a messa”. E allora anche servire la messa era una cosa che piaceva tanto, perché già da piccolo mi avevano insegnato che Gesù è sempre vicino, che il migliore amico è sempre» Lui; «e che la messa era una maniera per trovare questo amico, stare con Gesù, anche prima di fare la Prima comunione». In proposito Papa Prevost ha ricordato che all’epoca la celebrazione «era in latino» — «dovevamo imparare ancora il latino per la messa e poi dopo per me, che sono nato e ho vissuto negli Stati Uniti è cambiato in inglese», ha commentato. Però la cosa importante, ha aggiunto, «non era tanto in che lingua si celebrava, ma proprio avere quell’esperienza di incontrare anche altri ragazzi che servivano la messa insieme»; dunque «sempre l’amicizia, e poi questa vicinanza con Gesù nella Chiesa. E quindi era sempre una cosa molto bella».

Quindi ha preso il microfono Edoardo, che riferendosi al tema dell’«Estate ragazzi in Vaticano» ha chiesto al Papa come possono i bambini accogliere chi è diverso. Nel rispondere Leone XIV ha prima rivolto un saluto in inglese al gruppo giunto dall’Ucraina — «esperienze come questa, di incontrarsi l’uno con l’altro venendo da Paesi differenti, terre diverse, lingue diverse, così tante differenze che ci possono essere tra noi, è molto importante», ha spiegato in proposito, esortando a vivere «l’esperienza dell’incontro, di incontrarsi l’un l’altro, di rispettarsi l’un l’altro e di imparare a essere amici l’uno con l’altro» — quindi ha ripreso in italiano per far comprendere anche agli altri presenti come l’Ucraina sia «una terra che sta soffrendo tanto a causa della guerra». E puntando proprio sulle differenze che certamente ci sono tra i due gruppi incontrati, a cominciare dalla lingua parlata e dalla conseguente difficoltà di capirsi, si è anche detto consapevole che «però quando troviamo l’opportunità di un incontro, di trovarci con l’altro, è molto importante imparare a rispettarci mutualmente, non concentrarci sulle differenze ma vedere come vivere un incontro con rispetto per l’altro per costruire ponti, per costruire l’amicizia, riconoscere che tutti possiamo essere amici, fratelli, sorelle e che così possiamo camminare insieme e andare avanti». Non ha nascosto il Papa le difficoltà. «Ci vuole qualche volta uno sforzo speciale», ha rimarcato, «perché: “Ma lui non è come me, ma lei è diversa… non parla come me… lo vedo differente…”»; eppure, ha chiarito, bisogna «imparare a rispettarci mutualmente, sapere che si può vivere l’incontro e vivere come amici tutti».

Da ultimo Damiano è tornato sul tema del conflitto in Ucraina, domandando cosa possono fare le nuove generazioni per costruire la pace. E il vescovo di Roma ha risposto che «anche da piccoli, tutti possiamo imparare a essere costruttori di pace e di amicizia». Ha anche offerto suggerimenti pratici: «Non entrare in guerra, in battaglia, mai promuovere l’odio, sono tante piccole cose anche per voi che qualche volta, uno guarda e dice: “A me piacciono più quelle scarpe lì e io non le ho…” Allora vedo male l’altra persona… O sento questa invidia, qualcosa che mi fa un po’ male nel cuore». Invece, ha chiarito il Papa, «Gesù ci chiama ad imparare ad essere tutti amici, tutti fratelli e sorelle. E vivendo quella esperienza siamo italiani, americani, ucraini, del Paese da dove veniamo, tutti siamo figli e figlie di Dio». Da qui l’invito a imparare sin da piccoli «ad avere questo rispetto mutuo», a «vedere nell’altro uno come me», che «non è tanto diverso. “Parla un’altra lingua, non posso dire niente”: non è vero, ci sono anche i gesti! C’è una maniera per avvicinarsi all’altro, si può condividere un po’ di pane, si può cercare come aiutare l’altro», perché appunto, ha concluso Leone XIV, «anche i più piccoli possono già cominciare a cercare occasioni e opportunità» per «essere promotori di pace, promotori di amicizia, di amore fra tutti».