Va fermato l’uso iniquo

«Mentre i civili deperiscono per la miseria le élites politiche s’ingrassano con la corruzione e l’impunità»
Fermare l’uso iniquo della fame come arma di guerra: questo il forte appello di Leone XIV contenuto nel messaggio indirizzato ai partecipanti alla 44a sessione della conferenza Fao in corso a Roma dal 28 giugno al 4 luglio. Ecco una nostra traduzione dall’originale in spagnolo del testo pontificio.
Signor Presidente,
Signor Direttore generale
della FAO,
Eccellenze,
Illustri signore e signori,
Ringrazio di cuore per avermi dato l’opportunità di rivolgermi per la prima volta all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che quest’anno celebra l’ottantesimo anniversario della sua fondazione. Saluto cordialmente tutti i partecipanti a questo quarantaquattresimo periodo di sessioni della Conferenza, il suo organo direttivo supremo, e in particolare il Direttore generale, il signor Qu Dongyu, ringraziando per il lavoro che l’Organizzazione svolge quotidianamente per cercare risposte adeguate al problema dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, che continua a rappresentare una delle sfide più grandi del nostro tempo.
La Chiesa incoraggia tutte le iniziative volte a porre fine allo scandalo della fame nel mondo, facendo propri i sentimenti del suo Signore, Gesù, il quale, come narrano i Vangeli, nel vedere che una grande folla si avvicinava a Lui per ascoltare la sua parola, si preoccupò prima di tutto di darle da mangiare e per questo chiese ai discepoli di farsi carico del problema, benedicendo con abbondanza gli sforzi compiuti (cfr. Gv 6, 1-13). Tuttavia, quando leggiamo la narrazione di quella che comunemente viene chiamata la “moltiplicazione dei pani” (cfr. Mt 14, 13-21; Mc 6, 30-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-13), ci rendiamo conto che il vero miracolo compiuto da Cristo è stato di mettere in evidenza che la chiave per sconfiggere la fame sta più nel condividere che nell’accumulare avidamente. Cosa che oggi forse abbiamo dimenticato perché, sebbene siano stati compiuti passi importanti, la sicurezza alimentare mondiale non smette di deteriorarsi, il che rende sempre più improbabile il conseguimento dell’obiettivo “Fame zero” dell’agenda 2030. Ciò significa che siamo lungi dal compimento del mandato che, nel 1945, diede origine a questa istituzione intergovernativa.
Ci sono persone che soffrono crudelmente e anelano a vedere soddisfatti i loro tanti bisogni. Sappiamo bene che da sole non possono soddisfarli. La tragedia costante della fame e della malnutrizione diffuse, che oggi persiste in molti Paesi, è ancora più triste e vergognosa quando ci rendiamo conto che, sebbene la terra sia capace di produrre alimenti sufficienti per tutti gli esseri umani, e nonostante gli impegni internazionali in materia di sicurezza alimentare, purtroppo tanti poveri del mondo continuano a non avere il nostro pane quotidiano.
D’altro canto, oggi assistiamo desolati all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Far morire di fame la popolazione è un modo molto economico di fare la guerra. Per questo oggi, quando la maggior parte dei conflitti non viene combattuta da eserciti regolari, ma da gruppi di civili armati con scarse risorse, bruciare le terre, rubare il bestiame, bloccare gli aiuti, sono tattiche sempre più utilizzate da quanti intendono controllare intere popolazioni inermi. Così, in questo tipo di conflitti, i primi obiettivi militari diventano le reti di approvvigionamento idrico e le vie di comunicazione. Gli agricoltori non possono vendere i loro prodotti in ambienti minacciati dalla violenza e l’inflazione sale alle stelle. Ciò fa sì che ingenti quantità di persone soccombano al flagello dell’inedia e periscano, con l’aggravante che, mentre i civili deperiscono per la miseria, le élites politiche s’ingrassano con la corruzione e l’impunità. È quindi ora che il mondo adotti limiti chiari, riconoscibili e condivisi per sanzionare questi soprusi e perseguire i loro responsabili e i loro esecutori.
Rimandare una soluzione a questo lacerante panorama non sarà d’aiuto; al contrario, le angosce e le carenze dei bisognosi continueranno ad accumularsi, rendendo il cammino ancora più duro e intricato. Pertanto, è perentorio passare dalle parole ai fatti, mettendo al centro misure efficaci che consentano a queste persone di guardare al loro presente e al loro futuro con fiducia e serenità, e non solo con rassegnazione, mettendo così fine all’epoca degli slogan e delle promesse ingannevoli. A tale riguardo, non dobbiamo dimenticare che prima o poi dovremo rendere conto alle generazioni future, che riceveranno un’eredità di ingiustizie e di disuguaglianze, se ora non agiamo con buonsenso.
Le crisi politiche, i conflitti armati e le perturbazioni economiche svolgono un ruolo centrale nell’aggravarsi della crisi alimentare, ostacolando gli aiuti umanitari e compromettendo la produzione agricola locale, negando così non solo l’accesso al cibo ma anche il diritto di condurre una vita dignitosa e piena di opportunità. Sarebbe un errore fatale non curare le ferite e le fratture provocate da anni di egoismo e di superficialità. Inoltre, senza pace e senza stabilità non sarà possibile garantire sistemi agroalimentari resilienti, né assicurare un’alimentazione sana, accessibile e sostenibile per tutti. Nasce da qui il bisogno di un dialogo, dove le parti coinvolte abbiano la volontà non solo di parlarsi, ma anche di ascoltarsi, di comprendersi reciprocamente e di agire congiuntamente. Non mancheranno gli ostacoli ma, con senso di umanità e di fraternità, i risultati non potranno che essere positivi.
I sistemi alimentari hanno una grande influenza sul cambiamento climatico e viceversa. L’ingiustizia sociale provocata dalle catastrofi naturali e dalla perdita della biodiversità deve essere invertita per realizzare una transizione ecologica giusta, che metta al centro l’ambiente e le persone. Per proteggere gli ecosistemi e le comunità meno avvantaggiate, tra le quali ci sono i popoli indigeni, occorre una mobilitazione di risorse da parte dei Governi, di enti pubblici e privati, di organismi nazionali e locali, affinché si adottino strategie che diano la priorità alla rigenerazione della biodiversità e della ricchezza del suolo. Senza un’azione climatica decisa e coordinata, sarà impossibile garantire sistemi agroalimentari capaci di alimentare una popolazione mondiale in crescita. Produrre alimenti non basta, è anche importante garantire che i sistemi alimentari siano sostenibili e forniscano regimi nutrizionali sani e accessibili a tutti. Si tratta, quindi, di ripensare e di rinnovare i nostri sistemi alimentari, in una prospettiva solidale, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio il nostro impegno a coltivare e a custodire l’ambiente e le sue risorse, per garantire la sicurezza alimentare e avanzare verso una nutrizione sufficiente e sana per tutti.
Signor Presidente, nel momento presente assistiamo all’enorme polarizzazione delle relazioni internazionali a causa delle crisi e dei conflitti in atto. Risorse finanziarie e tecnologiche innovative a favore dello sradicamento della povertà e della fame nel mondo vengono deviate per destinarle alla fabbricazione e al commercio di armi. In tal modo, si fomentano ideologie discutibili e al contempo si assiste al raffreddarsi delle relazioni umane, il che svilisce la comunione e allontana la fraternità e l’amicizia sociale.
Che diventiamo artigiani di pace, lavorando in tal senso per il bene comune, non è mai stato così improrogabile come ora, poiché favorisce tutti e non solo pochi, tra l’altro sempre gli stessi. Per garantire la pace e lo sviluppo, inteso come miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni che soffrono la fame, la guerra e la povertà, sono necessarie azioni concrete, radicate in approcci seri e lungimiranti. Occorre quindi mettere da parte le retoriche sterili per appianare, con ferma volontà politica, come ha detto Papa Francesco, «i contrasti per favorire un clima di reciproca collaborazione e fiducia per il soddisfacimento di comuni bisogni» (Discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 2023).
Signore e signori, nella realizzazione di questa nobile causa, desidero assicurare che la Santa Sede sarà sempre al servizio della concordia tra i popoli e non si stancherà di cooperare al bene comune della famiglia delle nazioni, tenendo particolarmente conto degli esseri umani più provati, che soffrono la fame e la sete, e anche di quelle regioni remote che non riescono a rialzarsi dalla loro prostrazione a causa dell’indifferenza di quanti dovrebbero avere come emblema nella propria vita l’esercizio di un’incessante solidarietà. Con questa speranza, e facendomi portavoce di quanti nel mondo si sentono lacerati dall’indigenza, chiedo a Dio Onnipotente che i vostri lavori siano colmi di frutti e vadano a beneficio dei più deboli e dell’intera umanità.
Vaticano, 30 giugno 2025
LEONE PP. XIV