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Pellegrini di Speranza Lottare con se stessi è impegnativo, ma porta alla pace

I cereali di Elena che pensava di non saper donare

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05 luglio 2025

di Nicolaie Atitienei*

Elena è un personaggio complesso. Parla molto bene cinque o sei lingue, eppure, a causa di una malattia mentale, vive con una pensione di invalidità. I soldi non sono molti, ma lei è una donna molto creativa e trova sempre il modo di aumentare le sue entrate. Ricama e accetta i piccoli lavori che le vengono proposti. A volte, poi, scrive poesie per la generosità del suo cuore. È una bella anima che sta imparando a vivere dignitosamente al di sotto della soglia di povertà. E le poesie, anche se non le portano denaro, le danno speranza.

Elena è un'immigrata. A Toronto si è adattata qui come meglio ha potuto. È arrivata da un paese dove i diritti delle donne sono limitati, quindi si gode la libertà di essere se stessa.

La povertà, in quanto tale, non è un peso per lei. E non se ne lamenta mai. Tuttavia, a causa della sua malattia mentale, deve affrontare situazioni difficili con le persone che incontra nei centri di accoglienza. A volte si mette nei guai, guai veri, al punto che la polizia viene chiamata ad intervenire. Con il suo involontario senso dell'umorismo ha cercato di capire come ridurre la frequenza di questi incidenti che, col tempo, hanno iniziato a pesare sulla sua vita.

Alcune volte, durante la settimana, sente il bisogno di parlare, per ascoltarsi e capire i suoi pensieri. Così, a un certo punto, è successo che la nebbia ha cominciato a diradarsi. Ha capito che doveva cambiare il suo modo di interagire con le persone. E che questi cambiamenti, con sua grande sorpresa, dovevano iniziare proprio da lei.

Ha preso sul serio questa idea e ha iniziato a pensare a cosa poteva cambiare affinché la frequenza degli incidenti con le altre persone diminuisse.

Ha iniziato col cambiare le cose che aveva identificato come potenziali fonti di conflitto. La soluzione le è apparsa semplice e concreta e l’ha messa in pratica man mano che procedeva. Tuttavia, si è resa conto che la cosa più difficile per lei era essere generosa, dare agli altri ciò che aveva. «È buffo, sai, ho queste cose e mi dico che è bene donarle. Dare agli altri mi darebbe pace. Ma mi rendo conto di non riuscire a farlo. Capisco mentalmente che questo sarebbe il comportamento più adeguato, ma sono resistente quando devo metterlo in pratica. Mi oppongo alla pace... Non lo trovi interessante? Ho capito che per me è difficile donare. Dare liberamente agli altri... È molto impegnativo lottare con se stessi, sai».

Sì, lo sappiamo tutti, per questo, forse, in tanti abbiamo smesso di lottare e cerchiamo dei capri espiatori per i nostri fallimenti.

Ma non è stato così per Elena. Ha iniziato a portarci del cibo: riso, fagioli, dolci e cereali per la colazione. Una mattina li avevamo finiti e il regalo di Elena ha reso davvero molto felici gli amici di strada che accogliamo nella nostra missione per offrire loro qualcosa di buono da mettere nello stomaco dopo la notte passata per strada. È impressionante la grande quantità di zucchero che in Nord America si mette nei cereali.

Elena forse non se ne rende conto, ma questa è la via della pace: la lotta impegnativa con se stessi. Identifichiamo sempre il nemico e la minaccia al di fuori di noi e ci dimentichiamo di noi stessi. Della buona battaglia. Se le persone e i

Paesi che fanno la guerra iniziassero a “combattere” con se stessi per essere generosi con i poveri, la pace non sarebbe solo nelle nostre preghiere, ma una realtà nella terra.

Possiamo pensare che Elena sia solo una persona che prende troppo sul serio la sua mancanza di generosità. Ma in realtà è una voce profetica, che sottolinea che c'è una lotta che vale la pena combattere per raggiungere la pace: combattere con se stessi, per fare spazio a un altro. E qui non importa chi vince e chi perde, purché si diventi un dono gratuito per i poveri.

* Sacerdote ortodosso - St. John
the Compassionate Mission, Toronto