· Città del Vaticano ·

L’iniziativa di una rete di pacifisti israeliani per sensibilizzare i piloti dell’Iaf

Un appello a non spingere quel bottone dell’orrore

Palestinian children run near debris, amid dust, following an Israeli air strike on a house in Gaza ...
28 giugno 2025

di Roberto Cetera

Il pacifismo non è utopia, non è uno sventolare di bandiere, ma la ricerca costante di un confronto, di un dialogo persuasivo dell’orrore della guerra. Perseguire la pace necessita piuttosto impegno, coraggio, e un po’ di creatività. È quello che fa una rete di pacifisti israeliani che hanno intrapreso un’attività tanto originale quanto difficile: parlare con i piloti dell’Iaf (Israeli Air Force) che ogni giorno bombardano, da ormai più di 20 mesi, Gaza seminando morte e disperazione. Racconta a «L’Osservatore Romano» la militante pacifista Dana: «Da settimane mi reco insieme ad un nutrito gruppo di attivisti presso le varie basi dell’aereonautica militare israeliana di vari luoghi del Paese, inscenando delle pacifiche dimostrazioni, che consistono principalmente nel mostrare ai militari che entrano ed escono dalle basi, le fotografie dei bambini uccisi a Gaza. E gli chiediamo di rifiutarsi di prendere parte attiva ai bombardamenti. Gli ricordiamo che i loro bombardamenti possono uccidere anche gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza. Sono ormai quasi 60mila gli abitanti di Gaza che dall’8 ottobre 2023 sono stati uccisi dai bombardamenti nella Striscia, e circa 110mila i feriti. Questo non è il risultato di un’azione di difesa o di messa in sicurezza della popolazione israeliana; questa è semplicemente una vendetta. Questa assurdità dei bombardamenti deve finire subito. Così come deve finire il blocco degli aiuti umanitari ad una popolazione stremata. Per questo crediamo sia giusto mostrare ai piloti israeliani gli effetti delle loro azioni, devono vedere le facce dei bambini che hanno ucciso. Loro che spingono quel bottone dell’orrore devono vedere quei bambini negli occhi. Sono addestrati a non vedere che dietro quei visi, dietro quegli occhi, vi sono esseri umani deboli e innocenti. E noi glieli mostriamo, sperando che le loro coscienze ne siano scosse. Non possono nascondersi dietro un ruolo di meri esecutori, loro hanno il potere e il dovere di contribuire a fermare questo massacro».

Le fa eco un’altra giovane donna Sapir: «Le nostre manifestazioni di fronte alle basi militari sono silenziose. Le abbiamo svolte davanti alle basi di Tel Nof, di Hazerim, di Ramat David e di Palmachim. Gli mostriamo le foto delle vittime perché siano consapevoli del potere di vita e morte che c’è nelle loro mani, perché capiscano che non possono nascondersi dietro ad una presunta “tecnicità” del loro lavoro. Certo, i politici che impartiscono loro gli ordini sono più responsabili, ma di certo non possono autoassolversi dietro all’obbedienza militare. Possono sempre e comunque rifiutarsi. Abbiamo cominciato questa iniziativa in poche decine di attivisti, ma ora ogni volta che manifestiamo si uniscono tante altre persone, intere famiglie, che sentono di dover osservare quell’imperativo etico, che è proprio del giudaismo, di preservare la vita umana. Specie degli innocenti. Noi continueremo queste iniziative, e cercheremo di svilupparle ulteriormente, perché i piloti ascoltino l’appello che gli viene da tanta parte della società israeliana: siete anche voi esseri umani dotati di libero arbitrio e capaci di discernimento, rifiutatevi di essere usati come strumenti di morte».

L’azione dei pacifisti dinanzi alle basi si è estesa in tutto il Paese. Carmel da Haifa ci spiega come avvengono le dimostrazioni: «Ci mettiamo in fila davanti all’ingresso principale delle basi con pochi ed essenziali cartelli rivolti ai piloti: “Basta bombe”, “Liberate le vostre coscienze”. Le foto dei bambini di Gaza che mostriamo loro sono foto di bambini felici e sorridenti, di bambini vivi, di bambini che erano vivi prima che avessero schiacciato il pulsante di morte installato sui loro aerei. Rimaniamo in silenzio. Non vogliamo disturbare nessuno. Cartelli e foto non devono impressionare gli eventuali bambini che passino davanti alla manifestazione. Non abbiamo altro fine in queste iniziative che non sia il raggiungere le coscienze dei piloti, perché siano consapevoli della devastazione che hanno procurato a Gaza. Quando abbiamo saputo di queste manifestazioni nel sud di Israele, ci siamo organizzati per svolgerle anche qui ad Haifa e al nord, andando ad individuare le basi presenti anche nei nostri territori. Personalmente sono motivata in questa iniziativa perché avverto nella mia coscienza un obbligo morale a fare qualcosa perché questo genocidio sia fermato. Credo si tratti di un’iniziativa molto efficace perché i piloti godono di un grande prestigio nella nostra società e, se anche pochi di loro si rifiutassero di servire l’esercito in questa assurda guerra, questo avrebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica».