· Città del Vaticano ·

Da Burgos a Roma il pellegrinaggio giubilare di seminaristi, vescovi e sacerdoti

Per vivere la fede tra le oscurità del mondo

 Per vivere la fede tra le oscurità del mondo   QUO-148
28 giugno 2025

di Rocío Lancho García

Seminaristi, sacerdoti e vescovi di tutto il mondo si sono riuniti a Roma dal 23 al 27 giugno per vivere i rispettivi giubilei. È stata un’occasione per condividere l’esperienza di attraversare insieme la Porta Santa e camminare con persone provenienti da tutto il mondo nell’Anno giubilare della speranza.

Vivere così, insieme, l’esperienza del Giubileo «è motivo di profonda gioia, e soprattutto di gratitudine al Signore per la vita donata di tanti sacerdoti, come il chicco di grano che cade in terra per essere fecondo», ha assicurato monsignor Mario Iceta Gavicagogeascoa, arcivescovo di Burgos, in Spagna, che è venuto a Roma accompagnato da un gruppo di seminaristi e sacerdoti dell’arcidiocesi. Intervistato dai media vaticani, ha sottolineato l’importanza di vivere insieme «questo momento di rinnovamento spirituale», pieno di gratitudine e nella ricerca della grazia dello Spirito Santo, come richiesto da Leone XIV nel discorso pronunciato durante l’incontro con i seminaristi.

Una meditazione in cui ha invitato a rivolgersi spesso allo Spirito Santo e a «chiedere le sue benedizioni e i suoi doni per il nostro ministero», ha precisato l’arcivescovo. Riguardo ai seminaristi, «il futuro presbiterio», monsignor Iceta ha ricordato le parole del Pontefice quando, improvvisando in spagnolo, ha detto loro di non avere paura perché è il Signore che li chiama. Ha poi aggiunto: «Siamo consapevoli dei nostri limiti, delle nostre fragilità, ma fiduciosi nella chiamata e nella parola del Signore».

Seguendo l’invito a vivere la speranza in questo Anno giubilare, l’arcivescovo ha auspicato che «tutti possiamo trovare questa pietra preziosa, questo tesoro nascosto nel quale confidare per tutta la vita, dove sappiamo che la speranza non delude perché è Gesù Cristo». «Forse in questi tempi difficili, oscuri, in un mondo agitato — ha proseguito il presule — abbiamo più che mai bisogno di rafforzare questa speranza e rinnovare il nostro cuore con l’amore e con la grazia del Signore». Ha poi aggiunto che «non possono esserci una speranza certa e una vera pace se non nascono dal cuore rinnovato dal Signore». A tale riguardo, monsignor Iceta ha evidenziato l’importanza del compito di «far conoscere questo amore immenso di Dio; nessuno viene scartato da Lui, Lui è capace di fare sempre creature nuove, in qualsiasi situazione, grazie a Lui, si può ricominciare e vivere una vita luminosa e piena della sua misericordia».

L’esperienza del giubileo a Roma ha la peculiarità di far percepire da vicino l’universalità della Chiesa. «Vediamo seminaristi, sacerdoti e vescovi di tutti i continenti. Per me è particolarmente significativo incontrare sacerdoti che ho conosciuto quando ero seminarista, che ora sono sparsi in tutto il mondo. E ci siamo rincontrati dopo 35 anni, davanti alle tombe di Pietro e di Paolo, per rinnovare la chiamata che il Signore ci fa e ricominciare con nuove forze», ha precisato l’arcivescovo di Burgos.

Infine, monsignor Iceta, riflettendo sul calo delle vocazioni al sacerdozio, ha affermato che «incontrarci ci incoraggia sempre» e che «le vocazioni nascono dalle comunità che vivono con profondità la loro fede, anche se piccole». Ha perciò sottolineato la necessità di «vivere l’autenticità, di vivere in comunione profonda con il Signore; la Chiesa è la terra della speranza». Benedetto XVI — ha ricordato il presule — parlava di minoranze creative. «Sono minoranze molto feconde, a volte in Occidente vediamo che le comunità sono più piccole, che le parrocchie sono più piccole, ma se sono vive e sono ancorate nella comunione profonda con il Signore, nel servizio all’umanità e ai bisognosi, nasceranno vocazioni. Il Signore non ci lascia, non ci abbandona, continua a chiamarci. Lui saprà toccare il cuore di tante persone, sapendo che tutti abbiamo una vocazione e una missione».

Uno dei sacerdoti che ha viaggiato con monsignor Iceta è stato padre Ricardo Puente, della parrocchia di San Pedro de la Fuente a Burgos, ordinato 51 anni fa. Ha vissuto il Giubileo del 2000 e quest’anno è giunto nuovamente a Roma per attraversare la Porta Santa della basilica di San Pietro. «Abbiamo vissuto questi giorni con la gioia di poter partecipare a un Giubileo specifico per i sacerdoti — ha affermato — ed è stata una grazia, come lo è stato l’incontro con sacerdoti di tutto il mondo e con il Papa». Pur essendo venuto nell’Urbe in altre occasioni, questa volta, ha aggiunto, «vedere così da vicino questa cattolicità della Chiesa è stata un’esperienza molto gioiosa». Essere qui «ha significato rinnovare la mia fede e il mio sacerdozio».

La parrocchia di padre Ricardo ospita due conventi di monache, uno dei quali è delle madri agostiniane che hanno un legame speciale con Leone XIV. Nel 2012, infatti, l’allora padre Robert Prevost si è recato a Burgos ed è andato a trovarle perché voleva mantenere una promessa: visitare il convento dal quale proveniva suor Maria del Carmen Miravalles, una giovane religiosa che alla fine degli anni Sessanta si era recata a Chicago per fondare una comunità. Lì conobbe Robert Prevost, quando era ancora un bambino.

Anni dopo, il futuro Pontefice entrò nel noviziato agostiniano e, quando raccontò a suor Maria che avrebbe celebrato la sua prima messa, lei gli fece una promessa: «Ti cucirò tutti i paramenti per la tua prima messa». E la mantenne. Per questo le monache agostiniane di Burgos hanno un legame speciale con il vescovo di Roma, perché le vesti liturgiche del giorno della sua prima messa furono confezionate da una loro consorella. Una storia che ora il cappellano delle religiose, padre Ricardo, racconta entusiasta.

Insieme al vescovo e ai sacerdoti della diocesi, era presente anche un gruppo di giovani seminaristi, tra cui Antonio Quintanilla, 21 anni, al terzo anno di seminario. Dell’esperienza vissuta durante il Giubileo lo ha colpito soprattutto la possibilità d’incontrare altri giovani provenienti da tutto il mondo, fatto non usuale, che stanno facendo lo stesso percorso. Anche se a volte in Spagna si organizzano incontri tra seminaristi, quanto accaduto in questi giorni «ti segna molto perché vedi che siamo diversi, ma vedi anche quanto sia speciale che tutti si riuniscano in uno stesso luogo per un evento». Ha inoltre ricordato l’invito che il Pontefice ha rivolto loro a essere coraggiosi. In una società in cui essere sacerdoti è difficile, ha ammesso Antonio, «vedere tanta gente così coraggiosa è molto importante». Queste esperienze «ti danno slancio», perché «vedi la felicità sui volti», «vediamo il Papa che ci incoraggia», «sì, siamo pochi, ma andiamo avanti». Ha inoltre riconosciuto che una delle grandi sfide che i seminaristi devono affrontare è di non perdersi nella «gran varietà di cose che ti offre il mondo, sembra che ti vendano l’idea che la felicità sia in altre cose». Ed è proprio lì, invece, che si trova la chiamata a vivere la verità, «ed è questo che ti rende felice».

Ha parlato poi dell’emozione provata nell’ascoltare Leone XIV dedicare ai seminaristi alcune parole in spagnolo ed ha infine ricordato che i Papi, sia Francesco sia ora Leone, e tutti i predecessori, sono per il popolo di Dio e per il mondo, «e noi li apprezziamo tutti allo stesso modo, la Chiesa va avanti».