
di Guglielmo Gallone
«Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?»: Papa Leone XIV, durante l’udienza alla Roaco di giovedì 26 giugno, ha usato parole durissime per condannare la guerra. E lo ha fatto non solo rivolgendosi all’Ucraina, alla «situazione tragica e disumana di Gaza» e al Medio Oriente, «devastato dal dilagare della guerra», bensì parlando a un intero sistema politico che rischia di restare impigliato in quelli che il pontefice ha definito «i tentacoli del potere».
La cronaca lo dimostra. Poche ore prima del discorso di Papa Leone XIV, i Paesi Nato riuniti a L’Aja avevano approvato una decisione storica: un aumento delle spese per la difesa al 5 per cento del Pil. Poi, si è riunito il Consiglio europeo, diviso sulla condanna a Israele o sull’adesione dell’Ucraina all’Ue, unito invece verso un obiettivo: trovare i soldi da investire sulla difesa. Come se la risposta alle minacce geopolitiche e al disimpegno americano possa essere solo militare, mentre le strade impegnative del dialogo e del compromesso sembrano in secondo piano. Perché? «Ci troviamo di fronte a un cambio di paradigma che sta favorendo una regressione collettiva delle relazioni internazionali — commenta ai media vaticani Fabrizio Battistelli, professore onorario di sociologia all’università “Sapienza” di Roma e presidente dell'associazione Archivio Disarmo — questo fenomeno va avanti almeno dal 2001 e si alimenta oggi attraverso una serie di traumi che a loro volta favoriscono risposte aggressive tipiche delle grandi potenze». Quello attualmente in corso viene definito dal professor Battistelli «il paradosso della sicurezza: esiste un rapporto antagonistico tra la sicurezza dell’uno rispetto alla sicurezza dell’altro. Per massimizzare la propria sicurezza, uno Stato o un gruppo di Stati finisce per indebolire la sicurezza degli altri attori internazionali, che però vivono questo rafforzamento come una minaccia. Ciò non fa altro che sperperare un bagaglio politico e diplomatico sul quale si aveva lavorato per decenni».
Il cambiamento d’epoca di cui parlava Papa Francesco si compie proprio qui: nel passaggio dall’epoca delle grandi democrazie all’epoca delle grandi potenze. Dove, riprendendo le parole di Papa Leone alla Roaco, «la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza». Un paradosso, se si pensa che oggi non si parla più di bipolarismo, in cui il centro del mondo erano Usa e Urss, bensì di multipolarismo, dove il centro del mondo è il mondo. In questo senso, osserva don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, «ciò per cui sono davvero indignato è che si usa il mondo non per cercare delle soluzioni, sedendosi attorno a un tavolo, mettendosi nei panni dell’altro e ascoltandosi a vicenda, bensì per indicare come unica strada quella della guerra e, come dice Papa Leone, dei mercanti di morte. Papa Francesco definiva la corsa agli armamenti una follia. E lo faceva nel 2022, quando si diceva di aumentare al due per cento la spesa del pil dedicata alla difesa. Oggi, dopo soli tre anni, siamo già al cinque!». L’aspetto che però più colpisce don Renato Sacco è antropologico: «I nostri decisori sono convinti che questa sia l’unica soluzione. E la comunicano al popolo come se niente fosse, persino sorridendo. La storia non ha insegnato nulla. Io, dal 1998 in poi, sono stato in Iraq tante volte. Ho vissuto le due guerre del Golfo, la prima con le drammatiche conseguenze dell’embargo e la seconda alimentata dalla disinformazione secondo cui Bagdad disponeva di un’arma micidiale. Non mi stupisce che il 26 giugno Papa Leone XIV abbia fatto riferimento alla gente che muore a causa di fake news. Le immagini che vediamo oggi dal mondo sono le stesse se non peggiori, perché la tecnologia ha fatto passi da gigante. Aveva ragione san Giovanni Paolo II: la guerra è un’avventura senza ritorno».
E, di fronte a questa minaccia, diviene ancor più complesso il ruolo del cristiano. «Cosa possiamo fare?» si è domandato e ha domandato Papa Leone XIV, esortando «a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle», richiamando la necessità di armarsi di preghiera e di ascolto, di «imitare Cristo che ha vinto il male amando dalla croce». Il professor Battistelli le definisce «parole fortissime, che noi dobbiamo difendere e fare in modo che non siano liquidate rispetto ai discorsi, ben diversi, dei grandi della terra. Dobbiamo portarle nelle scuole e nelle parrocchie, commentarle coi giovani, per poi farle diventare qualcosa di concreto sul piano politico e sociale. Archivio Disarmo, seppur nelle sue dimensioni circoscritte, cerca di fare proprio questo».
Don Renato Sacco concorda sulla necessità di non isolare l’opinione pubblica, insistendo sulla necessità di rivolgersi alle scuole, come fa Pax Christi, «senza educare al fascino delle armi bensì al fascino della fraternità. In qualità di cristiani disponiamo della preghiera, che non va intesa solo come atto vocazionale ma come un modo per rivolgersi a Dio. E se le la nostra fede è in Dio, allora crediamo in un Dio che accetta di morire sulla croce, povero e disarmato. Un Dio non vendicativo. Tutto il contrario di quanto fanno coloro che credono nelle bombe».