· Città del Vaticano ·

Il Papa ai partecipanti all’Incontro internazionale “Sacerdoti felici” promosso dal Dicastero per il Clero

Una chiamata alla gioia

 Una chiamata alla gioia  QUO-147
27 giugno 2025

«Grazie per ciò che siete! Perché ricordate a tutti che è bello essere sacerdoti, e che ogni chiamata del Signore è anzitutto una chiamata alla sua gioia. Non siamo perfetti, ma siamo amici di Cristo, fratelli tra di noi e figli della sua tenera Madre Maria, e questo ci basta». Lo ha sottolineato il Papa rivolgendosi ai partecipanti all’Incontro internazionale «Sacerdoti felici - Vi ho chiamato amici» (Gv 15, 15) promosso dal Dicastero per il Clero a Roma, presso l’Auditorium Conciliazione. Leone XIV vi si è recato nel pomeriggio di ieri, giovedì 26 giugno, pronunciando il discorso che pubblichiamo di seguito.

Cominciamo con il Segno della Croce, perché siamo tutti qui perché Cristo che è morto e risuscitato, ci ha dato la vita e ci ha chiamati a servire. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La pace sia con voi!

[Saluto del Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero]

Carissimi fratelli
nel sacerdozio, queridos hermanos, dear brothers priests,

Carissimi formatori,
seminaristi, animatori vocazionali, amici nel Signore!

È per me una grande gioia trovarmi oggi qui con voi. Nel cuore dell’Anno Santo, insieme vogliamo testimoniare che è possibile essere sacerdoti felici, perché Cristo ci ha chiamati, Cristo ci ha fatti suoi amici (cfr. Gv 15, 15): è una grazia che vogliamo accogliere con gratitudine e responsabilità.

Desidero ringraziare il Cardinale Lazzaro e tutti i collaboratori del Dicastero per il Clero per il loro servizio generoso e competente: un lavoro vasto e prezioso, che si svolge spesso nel silenzio e nella discrezione e che produce frutti di comunione, di formazione e di rinnovamento.

Con questo momento di scambio fraterno, uno scambio internazionale, possiamo valorizzare il patrimonio di esperienze già maturate, incoraggiando creatività, corresponsabilità e comunione nella Chiesa, affinché ciò che è seminato con dedizione e generosità in tante comunità possa diventare luce e stimolo per tutti.

Le parole di Gesù «Vi ho chiamato amici» (Gv 15, 15) non sono soltanto una dichiarazione affettuosa verso i discepoli, ma una vera e propria chiave di comprensione del ministero sacerdotale. Il sacerdote, infatti, è un amico del Signore, chiamato a vivere con Lui una relazione personale e confidente, nutrita dalla Parola, dalla celebrazione dei Sacramenti, dalla preghiera quotidiana. Questa amicizia con Cristo è il fondamento spirituale del ministero ordinato, il senso del nostro celibato e l’energia del servizio ecclesiale cui dedichiamo la vita. Essa ci sostiene nei momenti di prova e ci permette di rinnovare ogni giorno il “sì” pronunciato all’inizio della vocazione.

In particolare, carissimi, da questa Parola-chiave vorrei ricavare tre implicazioni per la formazione al ministero sacerdotale.

Anzitutto, la formazione è un cammino di relazione. Diventare amici di Cristo significa essere formati nella relazione, non solo nelle competenze. La formazione sacerdotale, pertanto, non può ridursi ad acquisizione di nozioni, ma è un cammino di familiarità con il Signore che coinvolge l’intera persona, cuore, intelligenza, libertà, e la plasma a immagine del Buon Pastore. Solo chi vive in amicizia con Cristo ed è permeato del suo Spirito può annunciare con autenticità, consolare con compassione e guidare con sapienza. Questo richiede ascolto profondo, meditazione, e una ricca e ordinata vita interiore.

In secondo luogo, la fraternità è uno stile essenziale di vita presbiterale. Diventare amici di Cristo comporta vivere da fratelli tra sacerdoti e tra vescovi, non come concorrenti o da individualisti. La formazione deve allora aiutare a costruire legami solidi nel presbiterio come espressione di una Chiesa sinodale, nella quale si cresce insieme condividendo fatiche e gioie del ministero. Come, infatti, noi ministri potremmo essere costruttori di comunità vive, se non regnasse prima di tutto fra noi una effettiva e sincera fraternità?

Inoltre, formare sacerdoti amici di Cristo significa formare uomini capaci di amare, ascoltare, pregare e servire insieme. Per questo bisogna mettere ogni cura nella preparazione dei formatori, perché l’efficacia della loro opera dipende anzitutto dall’esempio di vita e dalla comunione fra loro. L’istituzione stessa dei Seminari ci ricorda che la formazione dei futuri ministri ordinati non si può svolgere in maniera isolata, ma richiede il coinvolgimento di tutti gli amici e le amiche del Signore che vivono da discepoli missionari a servizio del Popolo di Dio.

In proposito, vorrei dire una parola anche sulle vocazioni. Nonostante i segnali di crisi che attraversano la vita e la missione dei presbiteri, Dio continua a chiamare e resta fedele alle sue promesse. Occorre che ci siano spazi adeguati per ascoltare la sua voce. Per questo sono importanti ambienti e forme di pastorale giovanile impregnati di Vangelo, dove possano manifestarsi e maturare le vocazioni al dono totale di sé. Abbiate il coraggio di proposte forti e liberanti! Guardando ai giovani che in questo nostro tempo dicono il loro generoso “eccomi” al Signore, sentiamo tutti il bisogno di rinnovare il nostro “sì”, di riscoprire la bellezza di essere discepoli missionari alla sequela di Cristo, il Buon Pastore.

Carissimi, celebriamo questo incontro alla vigilia della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù: è da questo “roveto ardente” che prende origine la nostra vocazione; è da questa fonte di grazia che vogliamo lasciarci trasformare.

L’Enciclica di Papa Francesco Dilexit nos, se è un dono prezioso per tutta la Chiesa, lo è in modo speciale per noi sacerdoti. Essa ci interpella fortemente: ci chiede di custodire insieme la mistica e l’impegno sociale, la contemplazione e l’azione, il silenzio e l’annuncio. Il nostro tempo ci provoca: molti sembrano essersi allontanati dalla fede, eppure nel profondo di molte persone, specialmente dei giovani, c’è sete di infinito e di salvezza. Tanti sperimentano come un’assenza di Dio, eppure ogni essere umano è fatto per Lui, e il disegno del Padre è fare di Cristo il cuore del mondo.

Per questo vogliamo ritrovare insieme lo slancio missionario. Una missione che propone con coraggio e con amore il Vangelo di Gesù. Mediante la nostra azione pastorale, è il Signore stesso che si prende cura del suo gregge, raduna chi è disperso, si china su chi è ferito, sostiene chi è scoraggiato. Imitando l’esempio del Maestro, cresciamo nella fede e diventiamo perciò testimoni credibili della vocazione che abbiamo ricevuto. Quando uno crede, si vede: la felicità del ministro riflette il suo incontro con Cristo, sostenendolo nella missione e nel servizio.

Cari fratelli nel sacerdozio, grazie a voi che siete venuti da lontano! Grazie a ciascuno per la dedizione quotidiana, specialmente nei luoghi di formazione, nelle periferie esistenziali e nei luoghi difficili, a volte pericolosi. Mentre ricordiamo i sacerdoti che hanno donato la vita, anche fino al sangue, rinnoviamo oggi la nostra disponibilità a vivere senza riserve un apostolato di compassione e di letizia.

Grazie per ciò che siete! Perché ricordate a tutti che è bello essere sacerdoti, e che ogni chiamata del Signore è anzitutto una chiamata alla sua gioia. Non siamo perfetti, ma siamo amici di Cristo, fratelli tra di noi e figli della sua tenera Madre Maria, e questo ci basta.

Rivolgiamoci al Signore Gesù, al suo Cuore misericordioso che arde d’amore per ogni persona. Chiediamogli la grazia di essere discepoli missionari e pastori secondo la sua volontà: cercando chi è smarrito, servendo chi è povero, guidando con umiltà chi ci è affidato. Sia il suo Cuore a ispirare i nostri piani, a trasformare i nostri cuori, e a rinnovarci nella missione. Vi benedico con affetto e prego per tutti voi.

[Un sacerdote chiede al Santo Padre se può abbracciarlo]

Se è uno per tutti! Perché dopo anche gli altri vogliono! Siete d’accordo? [i sacerdoti rispondono: Sì!] Uno per tutti! Allora, uno per tutti!

[in spagnolo] Alzi la mano chi viene dall’America Latina!

[in inglese] Quanti vengono dall’Africa?... Quanti dall’Asia?... Dall’Europa?... Dagli Stati Uniti?...

[arriva quel sacerdote, si presenta e abbraccia il Santo Padre]

In rappresentanza di tutti i presenti in questo momento.

[in spagnolo] Per concludere, proponiamo un momento di preghiera. [in italiano] Un momento molto breve, però quello che ho detto prima nelle parole, quanto è importante! Voglio sottolineare l’importanza della vita spirituale del sacerdote. Tante volte quando abbiamo bisogno di aiuto, cercate un buon “accompagnatore”, un direttore spirituale, un buon confessore. Nessuno qui è solo. E anche se stai lavorando nella missione più lontana, non sei mai solo! Cercate di vivere quello che Papa Francesco tante volte chiamava la “vicinanza”: vicinanza con il Signore, vicinanza con il vostro Vescovo, o Superiore religioso, e vicinanza anche fra di voi, perché voi davvero dovete essere amici, fratelli; vivere questa bellissima esperienza di camminare insieme sapendo che siamo chiamati ad essere discepoli del Signore. Abbiamo una grande missione e tutti insieme lo possiamo fare. Contiamo sempre sulla grazia di Dio, la vicinanza anche da parte mia, e insieme possiamo essere davvero questa voce nel mondo. Grazie!

Allora, preghiamo insieme: Padre nostro

E a Maria nostra Madre, diciamo: Ave Maria...

[Benedizione]

Auguri a tutti voi! Dio vi benedica sempre!


La vocazione è universale


di Edoardo Giribaldi

La voce della “chiamata” ha mille accenti, mille timbri diversi, eppure parla a tutti. Così ieri pomeriggio, 26 giugno, all’Auditorium Conciliazione di Roma, la multietnicità dei volti e delle lingue si è fatta eco di un unico annuncio: la vocazione è universale. Un invito alla gioia, alla rinascita interiore oltre ogni “paura”, come suggerisce il titolo stesso, “Sacerdoti felici - Vi ho chiamato amici”, scelto per l’incontro promosso dal Dicastero per il Clero in occasione del Giubileo dei seminaristi e dei sacerdoti. Contentezza e serenità, quella di chi sente di aver imboccato la strada giusta, si sono riflesse nelle testimonianze alternatesi sul palco, illuminate da volti che uniscono il “sacrificio” al “divertimento” del cuore. Con una “interruzione” d’eccezione, quella di Leone XIV, che ha offerto un momento di riflessione sul senso profondo della vocazione.

«Con lei, Santo Padre — ha detto salutandolo il cardinale Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero organizzatore — vogliamo continuare a servire il Popolo di Dio con cuore gioioso e generoso». Il porporato coreano ha aperto l’incontro con un momento di preghiera, sottolineando il valore delle testimonianze giunte da ogni parte del globo nel contesto del Giubileo della speranza. 

Ha fatto seguito una prima sessione dedicata a diverse esperienze significative di pastorale vocazionale. Dall’Argentina, María Lía Zervino — presidente dell’Unione mondiale delle Organizzazioni femminili cattoliche, dal luglio 2022 membro del Dicastero per i Vescovi — ha illustrato storie di vocazioni giovanili missionarie e locali, in cui «sacrificio e divertimento» vanno di pari passo, formando giovani «personalmente e comunitariamente». Nuove generazioni che, «santificandosi», contemporaneamente «santificano», e si avviano verso cammini sacerdotali.

Se la chiamata vocazionale può talvolta generare un senso di “paura”, la missione della Holy Family Mission, con sede nel villaggio di Kilsheelan, in Irlanda, si propone di accompagnare i giovani a dare un’impavida risposta. «Quando Dio mette un desiderio nel cuore, è impossibile non realizzarlo», ha spiegato Maura Murphy, una delle fondatrici della comunità, illustrando i successi di un progetto passato da 12 a 35 seminaristi in pochi anni.

Scendendo nel sud dell’Europa, in Spagna, don Florentino Pérez Vaquer, direttore del Segretariato della sottocommissione per i seminari della Conferenza episcopale spagnola, ha portato l’esempio di luoghi di formazione focalizzati sulla generazione “Alfa”, quella dei nati dopo il 2010. Il Seminario minore San Juan de Ávila si muove in questa direzione, presentando il sacerdozio come «un’amicizia con Cristo», che rende i pastori “felici” nel senso etimologico del termine: “fecondi”.

Il cardinale You, introducendo poi l’ingresso del Pontefice sul palco dell’Auditorium, ha richiamato il tema della felicità nel sacerdozio come «miglior annuncio» del Vangelo. «Un’amicizia», quella con Gesù, che dona «senso e slancio» a tutto il ministero. La presenza di Leone XIV è stata definita «dono di comunione» e al contempo «segno profetico»: testimonianza che i sacerdoti non sono solo «funzionari del sacro», ma pastori animati da «passione evangelica e tenerezza». 

«Con Lei, Santo Padre — ha concluso il porporato — vogliamo guardare avanti con speranza. Vogliamo continuare a servire il Popolo di Dio con cuore gioioso e generoso. Vogliamo essere, in ogni angolo del mondo, pellegrini di speranza, al fianco dei Vescovi, dei nostri fratelli presbiteri, dei diaconi e dei fedeli laici, annunciando a tutti la bellezza del Vangelo».

Dopo l’intervento del Pontefice, la seconda parte dell’incontro si è concentrata sulla formazione iniziale dei futuri sacerdoti. È ricominciato, quindi il giro del mondo, partendo proprio dagli Stati Uniti, patria di Prevost, e dall’esperienza della diocesi di Wichita, in Kansas, dove sacerdoti impegnati nell’insegnamento della religione nelle scuole superiori locali hanno favorito l’ingresso di 12 giovani in seminario in soli 4 anni. Parola chiave: «Presbiterato sano», testimoniato da persone “normali”, felici della propria scelta.

Padre Guy Bognon, segretario generale della Pontificia Opera di san Pietro apostolo, ha raccontato il lavoro del Dicastero per l’Evangelizzazione a favore della formazione dei sacerdoti in Africa, sostenendo concretamente 778 seminari che accolgono oltre 82 mila candidati. Il supporto avviene attraverso borse di studio e corsi di formazione, sia a Roma che nel continente africano. Dalle Filippine, è arrivato il modello del Seminario Immacolata Concezione di Malolos, guidato da don Emmanuel Cruz. Un percorso formativo definito “sinodale”, perché capace di ascoltare le voci, i bisogni e le visioni delle «piccole comunità ecclesiali di base». Sinodalità è anche la parola chiave delle attività del seminario conciliare San Carlo della diocesi di Socorro y San Gil, in Colombia. Ad introdurla è stato il rettore, monsignor Luis Augusto Campos Flórez. La formazione avviene in cinque piccole comunità, presiedute da un sacerdote, che risiedono in casette costruite intorno ad una cappella, centro di gravità della «presenza viva di Gesù». «Vivere insieme — ha concluso Campos Flórez — prepara i futuri sacerdoti a corrispondere al loro ministero».