La buona Notizia

di Giacomo Poretti
«Ma voi chi dite che io sia?». Meno male che non c’ero quando fu rivolta questa domanda ai discepoli; mi sarei nascosto dietro al più alto o avrei urlato «Ultimo a rispondere!» nel tentativo di suscitare della simpatia in quel signore che aveva espresso la domanda. Il problema è che quel signore non ha mica fretta, aspetta anche l’ultimo, e infatti ho l’impressione che mi stia guardando. Da sempre.
Ma perché un tizio con una tonaca lunga fino ai piedi, sandali lerci e consunti, addirittura con i capelli lunghi vuol sapere da me chi è? Mi verrebbe da dire: «Se non lo sai tu! Scusami eh!». È da quando i miei genitori hanno fatto il presepe e io avevo 4 anni che cerco una risposta a quella domanda. Anzi all’inizio la ponevo io sistemando la statuina più piccola nella mangiatoia: «Mamma chi è quel bambino?», «Gesù bambino, è il Figlio di Dio!», «Ma no, il suo papà è Giuseppe e la sua mamma è Maria», protestavo io energicamente.
Come non essere confusi se fin da bambino arrivano delle indicazioni così oscure e contraddittorie? Poi, da più grandicelli, prima ci danno qualche infarinatura di biologia e fisiologia del corpo umano, poi, durante la lezione di storia dell’arte dove ci viene presentata l’Annunciazione del Beato Angelico, arriva la seconda botta. E fino alla fine dell’università ad arrovellarci con quel dubbio: sarà stato scientificamente possibile? E uno che salta fuori così, in quel modo, che francamente nessuno aveva mai sentito, quantomeno un pochino strano e particolare deve essere. Ma chi è?
Lo confesso, come tanti ho provato a leggere qualcosa, a informarmi, a consultare internet, i blog, i podcast, ovviamente ho provato a parlare con preti e suore, ma alla fine la risposta che più mi convince è quella della mia mamma il giorno del primo presepe, quando, con non poco imbarazzo e con esagerata dolcezza, disse di Gesù bambino: «È il Figlio di Dio!». La mia mamma non ha studiato filosofia, nemmeno teologia e credo non abbia mai letto un romanzo esistenzialista; ha fatto soltanto le scuole elementari, non credo che sapesse cosa fosse il Big Bang o la fisica quantistica, ma quel giorno mi ha risposto con tutta la sapienza che neanche un professorone di stirpe ha mai posseduto. «Mamma, ma davvero vuoi dirmi che quello è il Figlio di Dio, che Lui suo padre, Dio appunto, ha dovuto mandare sulla Terra suo Figlio e farlo vivere come noi? E tutto questo perché noi eravamo e siamo tuttora increduli che Dio esista?».
Sono sempre stato disposto a credere che Dio abbia messo le fondamenta della Terra, abbia fatto girare il nostro pianeta sullo stesso asse da miliardi di anni e che da sempre la primavera si sussegua all’inverno, che abbia inventato le stelle, l’aquila e la tigre, il frumento e il basilico da cui poi riusciamo a fare la pasta al pesto. Ma che avesse mandato suo Figlio!?!?
Quando mi permettevo di essere così dubbioso mia mamma diceva che Lui, suo papà, era infinitamente generoso e innamoratissimo di noi. E a quel punto la mia sicumera intellettuale si zittiva, non rimaneva e non rimane che inginocchiarsi per ringraziare: Gesù, io non sono il primo della classe come quel secchione di Pietro, lo sai che sono un ripetente; è che a volte ci si imbarazza di avere un amico come te. Scusami.