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Dopo il raid degli Usa sui siti nucleari di Teheran

Si teme una nuova escalation del conflitto

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23 giugno 2025

Teheran, 23. Dopo l’attacco statunitense sui siti nucleari iraniani intorno alle 2.00 di domenica, il mondo vive ora con il timore di una nuova escalation di violenza in tutto il Medio Oriente.

Intanto, sia nella notte che nella mattinata odierna sono proseguiti gli attacchi reciproci tra Iran e Israele, mentre da venerdì è iniziata la seconda settimana di conflitto. L’Idf ha identificato stamani un totale di 15 missili lanciati dall’Iran verso il territorio israeliano in quattro raffiche diverse, la maggior parte delle quali è stata intercettata. Diverse esplosioni sono state avvertite anche a Gerusalemme. La Compagnia elettrica israeliana (Iec) ha riferito che, a seguito di danni nei pressi di una infrastruttura strategica nel sud del Paese, si sono verificate interruzioni nella fornitura di energia elettrica a diverse comunità nelle aree meridionali. «La punizione contro Israele continuerà», ha detto su x la Guida suprema di Teheran, Ali Khamenei: «Il nemico sionista ha commesso un grave errore, un grave crimine; deve essere punito e lo stiamo facendo, lo stiamo facendo ora», ha aggiunto.

L’esercito israeliano, per parte sua, ha attaccato infrastrutture militari a Karmanshah e sei aeroporti iraniani nell’ovest, nell’est e nel centro dell’Iran. A comunicarlo il portavoce dell’Idf, il quale ha aggiunto che gli attacchi aerei hanno danneggiato piste, recinti sotterranei, un aereo di rifornimento e 15 caccia ed elicotteri F-14, F-5 e AH-1 appartenenti al governo iraniano. Altri 10 pasdaran sarebbero stati uccisi nella provincia di Yazd, mentre è stato segnalato anche un nuovo attacco alla tv pubblica Irib.

Il giorno dopo il pesante raid americano su tre siti nucleari, in particolare quello di Fordow, si valuta l’impatto di quanto accaduto e di ciò che potrebbe accadere nelle prossime ore. Sono «danni monumentali», secondo Donald Trump, quelli causati dai bombardieri degli Usa. «Distruzione totale è la parola giusta!», ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca, sostenendo che sia stato completamente cancellato il programma atomico di Teheran e i danni maggiori si siano prodotti ben al di sotto del livello del suolo. Successivamente, però, Dan Caine, capo di Stato maggiore congiunto, ha corretto in parte il tiro, affermando che i siti hanno subito «danni e distruzioni estremamente gravi».

E su posizioni ancora più caute si è espressa l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea): «Nessuno è in grado di valutare i danni sotterranei a Fordow», ha detto il direttore generale, Rafael Grossi, nel corso di una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Gli ispettori sono in Iran, ha dichiarato ancora Grossi, ma necessitano di una cessazione delle ostilità per recarsi fisicamente nei siti nucleari, valutare l’accaduto e proteggere materiali e attrezzature. In proposito, ha chiesto ancora l’accesso ai siti per determinare la sorte delle scorte di uranio arricchito a un livello prossimo alla soglia di progettazione per una bomba atomica (60%). Dichiarazioni, tra l’altro, che arrivano proprio mentre il parlamento di Teheran sta valutando un disegno di legge per sospendere la cooperazione con l’Aiea, come ha dichiarato Ruhollah Motefakerzadeh, membro dell’ufficio della presidenza dell’assemblea iraniana.

Rimane l’incertezza se Washigton abbia come obiettivo esclusivamente la distruzione del programma atomico militare iraniano, come assicurato anche ieri dal vicepresidente, J.D. Vance, o se — sulla scia di quanto dichiarato nei giorni scorsi dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu — non ci sia nei programmi della Casa Bianca anche la possibilità che si apra la strada a un regime change a Teheran. Qualcosa lo ha fatto intuire ieri sera il presidente Trump, che sul social Truth ha coniato lo slogan «Miga — Make Iran Great Again». «Non è politicamente corretto usare il termine “cambio di regime”, ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere l’Iran di nuovo grande, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime?», ha scritto.

«Gli Stati Uniti, continuando a sostenere incondizionatamente il barbarico e aggressivo regime sionista, sono entrati apertamente e direttamente in guerra violando la sovranità dell’Iran islamico e il sacro suolo del nostro Paese», ha affermato il capo di Stato maggiore dell’esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi. «Questo atto ostile amplierà la portata degli obiettivi legittimi per le forze armate iraniane e aprirà la strada all’allargamento della guerra nella regione», gli ha fatto eco il portavoce militare, Ebrahim Zolfaghari.

Contro questa eventualità si è espressa la Cina, perché «un’escalation del conflitto» potrebbe avere effetti e conseguenze negativi «per l’economia mondiale». E Russia, Cina e Pakistan hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza per sollecitare un cessate-il-fuoco «immediato e senza condizioni» e una soluzione diplomatica della questione nucleare dell’Iran. Il leader russo, Vladimir Putin, incontrando il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghci, ha condannato duramente gli attacchi contro Teheran, parlando di «aggressione assolutamente non provocata e senza giustificazioni».

Sulla prospettiva che Teheran possa chiudere lo Stretto di Hormuz si è espresso il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, che ha chiesto un pressing di Pechino su Teheran volto a impedirla. La decisione, dopo il blocco strategico stabilito dal parlamento iraniano, è stata demandata al Consiglio supremo di sicurezza nazionale.


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