· Città del Vaticano ·

L’intervento del cardinale segretario di Stato in Campidoglio a un incontro nell’ambito del Giubileo dei governanti e degli amministratori

Servono azioni concrete
per affrontare
il debito ecologico

 Servono azioni concrete  per affrontare il debito ecologico  QUO-143
23 giugno 2025

 Troppe nazioni del Sud globale  pagano le conseguenze di un indiscriminato sfruttamento


Pubblichiamo il testo del discorso pronunciato dal cardinale segretario di Stato all’incontro sul «Debito ecologico», svoltosi nel pomeriggio di sabato 21 giugno in Campidoglio, nell’ambito del Giubileo dei governanti e degli amministratori.

di Pietro Parolin

Sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi che partecipate al Giubileo dei governanti, un Giubileo — come ci dice la bolla di indizione Spes non confundit — fondato su un messaggio centrale: «La speranza non delude» (Romani, 5, 5).

Il Giubileo della speranza


Una speranza che, continuando con la Spes non confundit, «non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: “In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare”» (n. 3). Una speranza che è strettamente imparentata con un’altra virtù: la pazienza (cfr. n. 4). «Da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù» (n. 5). Questa speranza viene alimentata innanzitutto dalla grazia di Dio; ma siamo chiamati a «riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre» (n. 7), che vanno scrutati attentamente. La speranza come fiduciosa attesa del bene attraverso le incognite di questo tempo in cui l’incontro con Dio è la bussola che conduce il nostro cammino dal dubbio alla fiducia.

Incapacità di ascolto


Purtroppo, dobbiamo constatare che l’attuale preoccupante contesto storico è caratterizzato da «troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri» (Papa Leone XIV, Omelia durante la celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero petrino, 18 maggio 2025). Notiamo una forte incapacità di ascoltare l’altro, di vedere le grandi opportunità che si schiudono a noi con il semplice atto di collaborare insieme, di interagire nel rispetto reciproco e nella responsabile consapevolezza che tutto è interconnesso. La dittatura nell’universo digitale, esercitata dall’ultima parola dal “post a effetto” e che spesso mira ad annientare l’opinione altrui “senza diritto di replica”, rischia di creare come regola l’annientamento di qualsiasi dialogo. Questa profonda interconnessione non può che confermarci nella volontà di essere «lievito di unità, di comunione, di fraternità», come indicato da Papa Leone XIV: accogliere la Parola di Cristo «che illumina e consola»; ascoltare la «sua proposta d’amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace» (ibidem).

Costruire un mondo di pace


Costruire un mondo nuovo in cui regni la pace, questo è l’obiettivo, impegnativo ma allo stesso tempo stimolante, che si pone di fronte a noi e per la cui realizzazione non mancano di certo i mezzi. Ciò di cui abbiamo bisogno è uno “sguardo nuovo” verso un “mondo nuovo”, capace di leggere attentamente le sfide e quei “segni dei tempi” che possano «contribuire alla pace stimolando il dialogo sociale» (Papa Leone XIV, Discorso ai membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice, 17 maggio 2025), riscoprendo in essi quella speranza alla quale ci esorta la Spes non confundit. La centralità della parola e l’essenzialità del messaggio evangelico sono con assoluta semplicità alla base della pace «del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente» (Papa Leone XIV, Prima benedizione Urbi et Orbi, 8 maggio 2025).

La riduzione del debito


Tra gli appelli della Spes non confundit, è quello rivolto «alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli: “C’è infatti un vero ‘debito ecologico’, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi” (Laudato si’, n. 51)». Nel rimettere i debiti l’eco dell’invocazione contenuta nel Padre nostro ci ricorda con assoluta chiarezza che il bisogno del pane va di pari passo con il bisogno del perdono. Questo si traduce poi in una visione più globale dove la remissione del debito economico viene compensata da quella del debito ecologico.

Il debito ecologico: un’ingiustizia storica


Il debito ecologico è l’ingiusta sproporzione tra il danno ambientale causato dalle nazioni ricche, principalmente del Nord globale, e le sofferenze sopportate dalle nazioni più povere del Sud globale. Esiste un vero “debito ecologico”, «soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi» (Papa Francesco, Laudato si’, 51). Papa Leone XIV amplia questa riflessione, denunciando «un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri» (Omelia durante la celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero petrino), sottolineando come l’avidità abbia alimentato l’ingiustizia ambientale. Questo debito ha radici storiche dall’era industriale: il Nord globale ha consumato risorse non rinnovabili e prodotto oltre il 70 per cento delle emissioni di gas serra cumulative dal 1850, accumulando ricchezza a scapito del Sud. Oggi, piccoli stati insulari, paesi dell’Africa subsahariana e regioni dell’Asia meridionale affrontano le conseguenze più gravi — innalzamento del livello dei mari, siccità devastanti, inondazioni — senza le risorse per reagire. Questo debito ecologico è connesso a squilibri commerciali con effetti sull’ambiente. È una questione di giustizia fondamentale, dove i più vulnerabili pagano il prezzo della prosperità altrui. L’impegno nel ridurre l’impatto ambientale è anche un modo per affrontare il debito finanziario. È necessario cambiare l’architettura finanziaria internazionale, non solo inserendo clausole che considerino il cambiamento climatico nei debiti ma anche riformulando in modo significativo il sistema finanziario. Chi decide i tassi di interesse e il prezzo delle valute sono le banche centrali e i fondi finanziari privati; le norme che stabiliscono i contratti sono quelle dei paesi dove si trovano le borse valori; chi decide la ristrutturazione dei debiti pubblici è il Club di Parigi, che riunisce i principali paesi creditori; gli interventi con pacchetti finanziari di sostegno provengono dal prestatore di ultima istanza, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, i cui principali azionisti sono i paesi creditori. Anche la finanza privata interviene “a salvataggio” dei paesi debitori, ma con fondi speculativi. Il quadro comune per la ristrutturazione del debito creato non sta funzionando, in quanto rappresenta gli stessi vecchi e nuovi poteri forti, non le popolazioni.

Il fondamento morale: custodi del Creato


Il debito ecologico è una questione profondamente morale, radicata nella nostra vocazione di amministratori del Creato. La Scrittura ci ricorda che siamo chiamati a «coltivare e custodire» il giardino del mondo (Genesi, 2, 15). Infatti, «l’abuso della creazione inizia quando non riconosciamo più alcuna istanza superiore a noi stessi, quando non vediamo altro che noi stessi» (Laudato si’, 6). Papa Leone XIV rafforza questa chiamata: «Promuovendo il bene comune, la nostra responsabilità sociale trae fondamento dal gesto creatore di Dio, che dà a tutti i beni della terra» (Messaggio per la IX Giornata mondiale dei poveri, 16 novembre 2025), esortandoci a garantire che le risorse del pianeta siano condivise equamente. La Santa Sede si basa su tre principi chiave: la solidarietà, che ci unisce come famiglia umana; l’opzione preferenziale per i poveri, che ci spinge a dare priorità ai più colpiti dal degrado ambientale; e la destinazione universale dei beni, che afferma che la Terra appartiene a tutti, non solo a pochi privilegiati. «La nozione di bene comune coinvolge anche le generazioni future» (Laudato si’, 159). Il debito ecologico ci sfida a riparare le ingiustizie, riconoscendo il nostro ruolo di custodi del creato e fratelli degli ultimi.

Il divario Nord-Sud: una realtà ingiusta


Le disparità che definiscono il debito ecologico sono drammatiche. Come dicevo poc’anzi, il Nord globale ha costruito la propria economia sfruttando le risorse del Sud. Tuttavia, sono le nazioni del Sud globale a soffrire maggiormente: inondazioni in Bangladesh, uragani nei Caraibi, desertificazione nel Sahel. Questa è una vera e propria ingiustizia. Non si può costruire una società giusta se si scartano i più deboli — sia il bambino nel grembo materno che l’anziano nella sua fragilità — perché entrambi sono doni di Dio, come anche le nazioni o popolazioni più vulnerabili. Queste nazioni mancano spesso delle risorse per adattarsi o ricostruire, aggravando la loro povertà. Il debito ecologico influisce sul futuro di una nazione, in particolare nel Sud globale. La Santa Sede chiede che questo debito sia riconosciuto come un obbligo morale, spingendo verso il sostegno per l’adattamento climatico, il trasferimento tecnologico e lo sviluppo sostenibile.

Il debito economico: un ostacolo alla giustizia


Il debito ecologico è strettamente legato al debito economico. Molte nazioni del Sud globale sono intrappolate in cicli di povertà, gravate da debiti verso paesi ricchi o istituzioni internazionali, che impediscono investimenti in infrastrutture resilienti al clima o in energie rinnovabili. La cancellazione dei debiti può aiutare a correggere gli squilibri causati dal debito ecologico.

L’Anno giubilare 2025: un tempo di riconciliazione


L’Anno giubilare 2025 rappresenta un’occasione unica per affrontare il debito ecologico come parte di un rinnovamento spirituale, sociale ed ecologico. Nella tradizione biblica il Giubileo è un tempo di liberazione, perdono e ripristino delle relazioni giuste, come indicato in Levitico, 25. Infatti nella bolla Spes non confundit troviamo che il Giubileo è un tempo per «ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato» (25). Questo include la remissione dei debiti economici e il riconoscimento del debito ecologico, per liberare le nazioni vulnerabili dai fardelli che ne compromettono il futuro. La Santa Sede promuove il Giubileo come un’opportunità per riconciliare l’umanità con il Creato, sostenendo politiche che riducano le disuguaglianze, proteggano l’ambiente e promuovano la dignità umana. Durante questo anno, la Chiesa invita le nazioni a collaborare per affrontare le cause profonde del debito ecologico, costruendo un futuro sostenibile per tutti.

Un invito all’azione: rispondere al debito ecologico


Vorrei qui proporre cinque azioni concrete, radicate nella fede e nella ragione, per affrontare il debito ecologico: 1. Ridurre il consumo nel Nord globale: le nazioni ricche devono limitare il consumo eccessivo di risorse. «I paesi sviluppati dovrebbero contribuire a saldare questo debito limitando significativamente il loro consumo di energia non rinnovabile e aiutando i paesi più poveri a sostenere politiche e programmi di sviluppo sostenibile» (Laudato si’, 52) 2. Sostenere l’adattamento climatico: le nazioni vulnerabili necessitano di aiuti finanziari e tecnologici per adattarsi al cambiamento climatico. La Santa Sede sostiene il finanziamento di infrastrutture resilienti e l’accesso all’energia pulita. Affrontare il debito ecologico può essere di grande aiuto nella mitigazione dei cambiamenti climatici. 3. Perdonare il debito economico: nel Giubileo viene invocata la cancellazione dei debiti economici, in quanto il sollievo dal debito è un atto di misericordia che ripristina la speranza. 4. Promuovere la solidarietà globale: il debito ecologico richiede cooperazione internazionale. In questo modo si fonda un mondo equo, giusto e pacifico. 5. Educare per la conversione ecologica: è necessario promuove un’educazione che ispiri una “conversione ecologica” perché l’educazione è la motrice di un mondo migliore.

Conclusione: una visione di speranza nel Giubileo


Il debito ecologico è una sfida ma anche un’occasione per incarnare la nostra fede in questo Anno giubilare 2025. Riduciamo il consumo, sosteniamo i vulnerabili, perdoniamo i debiti e costruiamo solidarietà. Nel Giubileo rinnoviamo il nostro impegno per un mondo di giustizia, pace e cura per la nostra casa comune. La Santa Sede continuerà a dare il proprio contributo in questo cammino volto anche a scrutare i segni dei tempi che il Signore ci offre, che devono essere trasformati in segni di speranza, in una rinnovata fiducia «nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato» (Spes non confundit, 25) per costruire insieme, con pazienza, un mondo nuovo in cui regni la pace.


La buona politica ascolta il grido dei più poveri


Nell’ambito del Giubileo dei governanti e degli amministratori, sabato 21 giugno si è svolto a Roma un incontro dedicato al tema del debito ecologico. 

A presiedere i lavori, ospitati nella suggestiva cornice dell’aula Giulio Cesare in Campidoglio, è stato il senatore Pier Ferdinando Casini, presidente onorario dell’Unione interparlamentare. Davanti a una nutrita platea di rappresentanti di diversi governi  e di amministratori locali italiani, Casini ha aperto il suo intervento di presentazione esortando la comunità internazionale ad ascoltare e mettere in pratica le parole del Papa che richiamano al dovere di tutelare il bene comune. «Questo — ha aggiunto —  la politica buona deve impegnarsi a farlo per favorire una più equa distribuzione delle risorse». 

Nel suo saluti, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha invece messo l’accento sul fatto che il «concetto di debito ecologico mostra la responsabilità che i Paesi avanzati hanno nei confronti di quelli in via di sviluppo».  

Sulla stessa lunghezza d’onda è stato anche Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, che ha chiesto alle istituzioni e ai politici di «ascoltare il grido dei più poveri, delle persone escluse e lasciate ai margini delle società. Oggi serve il recupero di un ruolo politico che sappia intercettare il disagio». 

Tra i relatori  anche il senatore a vita Mario Monti, ex premier italiano, il quale ha auspicato che le soluzioni delle problematiche di sperequazione tra nord e sud del mondo possano maturare all’interno dell’Europa perché  essa «rappresenta una formazione di Paesi di comprovata democrazia liberale fortemente fondati sullo stato di diritto». (federico piana)