· Città del Vaticano ·

Al tramonto, nel deserto

 Al tramonto, nel deserto  QUO-143
23 giugno 2025

di Andrea Monda

Nel brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci, letto nella messa di ieri per la solennità del Corpus Domini, Luca fissa con precisione le coordinate spazio-temporali parlando di un giorno che «cominciava a declinare» e di una «zona deserta» (Lc 9, 11).

Ad ascoltare le notizie dei giornali sembra che quella descrizione del Vangelo si riferisca allo scenario internazionale di oggi: è l’intero mondo che si trova al suo crepuscolo, camminando quasi al buio sull’orlo di un baratro che appare sempre più vicino e terribile e la nuova scena che si spalanca non è quella delle città o dei giardini, entrambi sempre più devastati, ma quella di una zona deserta, dove una cosa sola domina incontrastata, la morte.

Volendo provare a relativizzare questo discorso, si potrebbe dire che tali riflessioni sono quelle che salgono sulle labbra di tutte le generazioni quando si avvicinano al termine della loro corsa per cui la fine del mondo coincide con la fine di ogni singolo individuo, ma, come tanti osservatori hanno rilevato da 80 anni, di fronte a Hiroshima e Nagasaki, e più di recente davanti ai drammatici cambiamenti climatici, mai come oggi l’uomo ha raggiunto un livello di potenza bellica e di inquinamento ambientale tali che il destino dell’intero pianeta è tutto racchiuso nelle sue fragili mani. L’ombra del tramonto si staglia sulla terra e quest’ombra è anche quella del deserto con la sua luce sinistra di morte di cui l’odore già si sente in molte parti del mondo.

Questa è «l’ora della prova», ha affermato con forza Papa Leone XIV ieri nell’omelia, e ha continuato con parole dense, pesanti: «In quel luogo deserto, dove le folle hanno ascoltato il Maestro, scende la sera e non c’è niente da mangiare. La fame del popolo e il tramonto del sole sono segni di un limite che incombe sul mondo, su ogni creatura: il giorno finisce, così come la vita degli uomini». In questo scenario inquietante, ricorda Leone XIV, avviene però qualcosa di imprevisto, di nuovo: «È in quest’ora, nel tempo dell’indigenza e delle ombre, che Gesù resta in mezzo a noi. Proprio quando il sole declina e la fame cresce, mentre gli apostoli stessi chiedono di congedare la gente, Cristo ci sorprende con la sua misericordia». Il Dio della Bibbia e del Vangelo è il Dio che «sta in mezzo a noi» ed è «il Dio delle sorprese», come diceva Papa Francesco, e quest’ora dunque non è solo l’ora della prova ma, come ha esclamato Leone XIV il 18 maggio nella messa per l’inizio del ministero petrino, «è l’ora dell’amore!». Tra queste due “ore”, che sono la stessa ora, si gioca la responsabilità e il destino degli uomini di tutti i tempi, anche quelli così terribili che agitano oggi le coscienze e i cuori degli uomini in ogni angolo della Terra.