· Città del Vaticano ·

Tra Malta e Grecia la terza tappa di «Med 25-Bel Espoir»

Meno fragili
navigando insieme

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21 giugno 2025

di Elena Dini

Una nave scuola per la pace: così viene definita sul sito dell’iniziativa la Med 25-Bel Espoir. Organizzata dalle associazioni Mar Yam e Ajd-Bel Espoir e dall’arcidiocesi di Marsiglia, quest’esperienza riunisce — sulla scia degli Incontri del Mediterraneo a Bari (2020), Firenze (2022), Marsiglia (2023) e Tirana (2024) — duecento giovani di ogni fede e religione dalle varie sponde del Mediterraneo in gruppi di circa venticinque per otto tappe di navigazione da marzo a ottobre, ognuna con una destinazione e un tema specifico.

La nave a vela ha finora percorso tre tappe e accompagnato una settantina giovani. La terza tappa sul tema “Donne nel Mediterraneo” è stata da La Valletta (Malta) a Chaniá (Grecia), dal 26 aprile all’11 maggio. A Marion Drye, giovane francese, e a padre Thomas Gèze, sacerdote e religioso della Comunità Chemin Neuf, libanese e francese, con studi in filosofia, teologia e islamologia, è stato chiesto di accompagnare il gruppo composto da diciannove giovani provenienti da Marocco, Tunisia, Egitto, Palestina, Libano, Georgia, Romania, Bosnia ed Erzegovina, Italia, Spagna e Francia. «È stato molto significativo che il nostro viaggio sia iniziato a Malta il giorno dei funerali di Papa Francesco, che ha dato impulso a questo lavoro mediterraneo, e si sia concluso tre giorni dopo l’elezione di Papa Leone XIV, che abbiamo vissuto in un paese ortodosso», ha commentato padre Thomas. In un momento così particolare per la vita della Chiesa cattolica, il giorno dell’apertura del Conclave il sacerdote franco-libanese ha celebrato una messa per la pace (tema principale anche di questa esperienza interculturale e interreligiosa) e ha colpito che il giorno successivo «il nuovo Pontefice abbia iniziato il suo discorso su questo punto essenziale della pace data e da costruire», ha osservato Gèze. Insomma, c’è stata la percezione di una profonda unione di priorità e desideri, dalla Med 25-Bel Espoir a Roma.

La scelta di un tempo di navigazione e del condividere lo spazio su una barca come scuola di vita e scuola per la pace non è scontata. «Vivere su una nave con un gruppo numeroso è stata una vera sfida per me, da introverso come sono», ha raccontato uno dei giovani partecipanti: «Condividere uno spazio ristretto ed essere costantemente circondato mi ha richiesto di uscire dalla mia zona di comfort. Ma gradualmente ho imparato ad apprezzare questi momenti e a connettermi con gli altri in un modo nuovo». Imparare a comunicare con persone che non si conoscono e farlo in un posto in cui — ha ricordato padre Thomas — «non puoi scappare e quindi sei in una convivenza forzata», è stato uno degli elementi di maggior crescita, come ha spiegato un altro dei partecipanti: «Non devi abbandonare le tue convinzioni, ma significa riconoscere che il modo in cui parliamo conta tanto quanto quello che diciamo. Prima di allineare le convinzioni, dobbiamo allineare i cuori. Bel Espoir mi ha mostrato che il paradiso non è un luogo dove tutti sono d’accordo ma al quale tutti appartengono».

Le difficoltà chiaramente non sono mancate, racconta il religioso di Chemin Neuf, a partire dal mal di mare. Inoltre, non era possibile riuscire a riunirsi tutti insieme sulla barca e anche la relazione con l’equipaggio andava curata attentamente. «Il fatto di riconoscerci in fondo tutti deboli ha permesso di imparare a prendersi cura gli uni degli altri. Avevamo un libretto che doveva accompagnarci lungo il viaggio ma ci siamo resi conto durante la traversata che era bene fare il nostro testo con le nostre domande a partire dall’esperienza che stavamo vivendo», rivela Gèze.

Il tema della tappa è stato il leitmotiv che ha interrogato i giovani durante la navigazione, nei loro interventi e anche durante le visite negli scali. Una giovane georgiana ha parlato del ruolo delle donne in politica nel suo paese: «In una nazione come la Georgia, mantenere un equilibrio tra pace e indipendenza non è facile. Questi due ideali sono profondamente legati ma spesso l’uno va a scapito dell’altro. La Georgia è un piccolo stato con una lunga storia di lotta per l’indipendenza e la pace. In questo percorso, le donne hanno svolto un ruolo potente e spesso non riconosciuto». Parlare della presenza femminile nelle varie dimensioni delle nostre società non è un tema che riguarda solo le donne ed è grave quando viene limitato a questo. Ai ragazzi è risultato chiaro, come ha spiegato un giovane libanese: «Ho capito che la responsabilità di parlare dell’influenza, delle sfide e dei successi delle donne non è solo delle donne. È per tutti noi, e soprattutto per gli uomini. Perché il cambiamento non avviene se solo metà della società è coinvolta nella conversazione. Quindi io, come uomo, e tutti gli uomini, abbiamo il dovere non solo di riconoscere l’influenza e le conquiste delle donne, ma anche di stare al loro fianco, di amplificare la loro voce e di sostenerne le decisioni». Rientrato all’abbazia des Dombes, in Francia, padre Thomas Gèze guarda indietro a questo tempo prezioso con i giovani: «Ho cercato di essere presente senza essere invadente e accompagnare più che animare. Ora sarà importante nelle loro vite continuare a innaffiare ciò che è stato seminato».

La barca ha proseguito poi il cammino con la tappa successiva dedicata ai “Popoli in dialogo”, che si è conclusa oggi, sabato 21 giugno. La Bel Espoir avrebbe dovuto raggiungere il Libano, ma, a causa della situazione in Medio Oriente, è tornata a Cipro senza raggiungere le coste di Jounieh. Un cambio di programma annunciato con rammarico sul sito ufficiale dell’iniziativa, con un richiamo a non perdere la speranza: «Tutti i popoli del Mediterraneo, e i giovani in particolare, si stanno mobilitando per sostenere iniziative per la pace e la giustizia sulle rive del Mediterraneo».