· Città del Vaticano ·

Intervista con padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa

Siamo sotto i razzi ma la speranza non viene meno

epa12175801 A slow exposure picture shows ballistic missiles above Jerusalem, 14 June 2025. Israel's ...
16 giugno 2025

di Roberto Cetera

La Terra Santa si trova nuovamente al centro di tensioni regionali, con conseguenze che ricadono sulle popolazioni locali, inclusi i cristiani. Ce ne parla il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton.

Padre Custode, Gerusalemme è di nuovo sotto i razzi. Come stanno vivendo questo ulteriore difficile momento i cristiani di Terra santa?

Sembra di essere precipitati in un nuovo incubo. Prima vedevamo la distruzione causata dalla guerra nei territori attorno, adesso la vediamo nel cuore della Terra Santa. I cristiani, come il resto della popolazione sono spaventati. Ho già visto di persona il terrore dei bambini durante la guerra in Siria, l’ho sentito raccontare da Gaza, adesso c’è anche qui: bambini che tremano quando sentono le sirene dell’allarme e poi le esplosioni dei missili. Sono traumi che si porteranno dietro per tutta la vita. Poi c’è un silenzio surreale nelle strade, non più solo per l’assenza dei pellegrini, ma anche dei fedeli locali che in molti casi si trovano impediti anche ad andare in chiesa. La militarizzazione delle strade fa impressione. A me poi, che sono un amante dell’Apocalisse, che parla della Gerusalemme celeste come di una città con le porte sempre aperte, fa impressione vedere le porte della città terrena chiuse e vigilate. Penso che in questo momento molti qui, e non solo tra i cristiani, abbiano il desiderio di lasciare un paese che negli ultimi anni sembra incapace di garantire la pace, e si sia avviluppato in una spirale di guerra che si allarga continuamente come un fuoco che non si riesce più a controllare.

Immaginiamo che per i frati gli ultimi 20 mesi siano stati caratterizzati da tensioni e pericoli, in Israele e Palestina, ma anche in Siria e Libano. La Chiesa universale apprezza quello che state facendo per la tutela dei santuari e per le tante opere di carità che avete sostenuto in questi mesi. Qual è il clima prevalente tra i frati?

Qui non sono solo gli ultimi 20 mesi a essere caratterizzati da tensioni e pericoli. Negli ultimi 20 mesi il conflitto ha toccato anche quella parte di Terra Santa che prima era relativamente stabile ma sempre lì lì per esplodere, per ragioni che sul vostro giornale avete spiegato più volte. Se poi guardo alla storia della nostra presenza, noi non abbiamo mai goduto di lunghissimi periodi di tranquillità. Pochi giorni fa era Sant’Antonio, patrono della Custodia (lo è diventato perché ci ha protetti in momenti difficilissimi, nei quali si voleva cancellare la nostra presenza). Anche quest’anno abbiamo rinnovato il nostro voto e il nostro affidamento perché il primo sostegno “ecclesiale” ci viene da quella che una volta si chiamava la “Chiesa trionfante”, cioè dai santi, attraverso la comunione in Dio nella preghiera. Poi noi siamo qui a nome e per mandato della Chiesa. Abbiamo sempre sentito il sostegno dei Papi lungo la storia e io personalmente ho sentito forte il sostegno di Papa Francesco che in questi anni ci ha visitato, ci ha confermato, ci ha scritto parole di apprezzamento e di incoraggiamento, e sono certo che anche Papa Leone XIV ci incoraggerà a perseverare in questa missione. Non vedo l’ora di poterlo incontrare e raccontargli quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Poi abbiamo sempre sentito anche il sostegno della Congregazione, oggi Dicastero per le Chiese Orientali: il precedente Prefetto, cardinale Leonardo Sandri, ci ha visitato più volte e ci ha anche scritto parole di apprezzamento e incoraggiamento, congiuntamente al Santo Padre, soprattutto in occasione dei centenari dell’arrivo dei primi frati (1217-2017), della venuta di San Francesco in Terra Santa (1219-21019) e dell’istituzione dei Commissari di Terra Santa (1421-2021). Il nuovo Prefetto non ha mancato di avere anche lui gesti di attenzione dando un forte impulso alla ripresa della “Colletta del Venerdì Santo”, inviandoci qualcuno che potesse vedere da vicino la situazione attuale per darci consigli e supporto in questo momento difficile, e ci ha promesso che sarà tra noi a novembre quando si terrà il congresso internazionale dei Commissari di Terra Santa a Gerusalemme. In questi venti mesi abbiamo poi ricevuto la visita di molti vescovi e sacerdoti, che sono venuti apposta per esprimere vicinanza e solidarietà in un tempo così difficile. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati l’arcivescovo di Perugia, Ivan Maffeis, con un gruppo di sacerdoti della sua diocesi, e l’arcivescovo di Siena, cardinale Paolo Lojudice, con tutta la Conferenza episcopale toscana. Questi ultimi hanno potuto toccare con mano cosa vuol dire stare in Terra Santa e prendersi cura sia dei Luoghi Santi che dei cristiani locali.

Il vicario custodiale, padre Ibrahim Faltas, è stato tra i promotori dei corridoi umanitari che hanno consentito a molti bambini di Gaza di essere curati in Italia. Avete altre iniziative del genere in preparazione?

Il vicario custodiale, padre Ibrahim Faltas, si è sempre speso per tutte le cause umanitarie degli ultimi 20 anni. Le operazioni alle quali lei fa riferimento sono quelle legate al trasferimento in ospedali italiani dei bambini di Gaza feriti e mutilati. Ultimamente ha collaborato anche per il trasferimento del piccolo Adam, ma la maggior parte delle azioni umanitarie che promuove rimangono giustamente nascoste. Di fatto anche il recente trasferimento dei vescovi toscani ad Amman, appena scoppiata la guerra con l’Iran, è stato organizzato dal Vicario. Però, se mi permette, il suo impegno umanitario maggiore, in questi anni, è stato quello di lavorare assiduamente per la riqualificazione delle scuole di Terra Santa e per l’educazione alla pace e alla convivenza delle nuove generazioni.

La basilica del Santo Sepolcro è stata straordinariamente chiusa al pubblico dei fedeli. Quali sono i conventi in cui i frati corrono maggiori pericoli al momento?

Attualmente i conventi che corrono più pericoli sono quelli in zone urbane, come i conventi di Giaffa e Ramle, quelli di Haifa e Acco, ma anche quelli qui a Gerusalemme. Si sa, le bombe intelligenti non esistono e chi colpisce normalmente colpisce con l’intento anche di spaventare la popolazione. Non esiste più l’osservanza delle “regole” del diritto internazionale di guerra e quindi siamo tutti sulla stessa barca, senza distinzioni di appartenenza etnica o religiosa. Comunque, già in passato ci siamo trovati in situazioni simili, fa parte della vocazione missionaria, e una cosa è certa: non siamo mercenari che abbandonano il gregge per salvare se stessi, questa è la missione che la Chiesa ci ha affidato e qui rimarremo confidando nell’aiuto del Cielo.