· Città del Vaticano ·

A colloquio con il vicario apostolico di Iquitos, l’agostiniano Cadenas Cardo

La Chiesa in difesa
dell’Amazzonia peruviana

 La Chiesa in difesa  dell’Amazzonia peruviana  QUO-136
13 giugno 2025

di Valerio Palombaro

L’Amazzonia peruviana e le comunità indigene, che abitano in particolare nelle remote aree ai confini settentrionali con Ecuador e Colombia, sono sottoposte a reiterate minacce: non solo la deforestazione e l’inquinamento, ma anche le attività illecite della criminalità organizzata. I tanti fiumi che scorrono nella zona, un tempo incontaminata, sono particolarmente esposti a queste problematiche.

La stampa locale ha recentemente dato notizia della morte di 11 persone, tra cui 6 bambini, appartenenti al popolo indigeno Achuar, nel Dipartimento di Loreto, a causa dell’inquinamento del fiume Pastaza che persiste da diversi mesi dopo un grave sversamento di petrolio nell’oleodotto Norperuano verificatosi lo scorso ottobre. L’acqua che è sempre stata per loro fonte di vita ora li fa ammalare: a circa 70 persone, secondo il portale Infobae, sono state riscontrate intossicazioni da metalli pesanti.

In questa “periferia” del mondo, che da sempre sconta una certa distanza dalla capitale Lima, gli sversamenti di petrolio avvengono abbastanza di frequente. «È molto difficile individuare un legame diretto tra le morti e lo sversamento di petrolio», spiega ai media vaticani Miguel Ángel Cadenas Cardo, vescovo titolare del vicariato apostolico di Iquitos, alla confluenza tra il fiume Marañón e il Rio delle Amazzoni. «Nei tanti anni di missione in Perú — racconta il religioso agostiniano — ho assistito a molti sversamenti di petrolio; certo producono una sofferenza enorme nelle popolazioni locali, per via della carenza di acqua e di alimenti, ma non ho mai visto morire nessuna persona».

Quello che è sicuro è che i fiumi dell’Amazzonia peruviana sono in pericolo. «Nonostante Papa Francesco abbia avvertito, circa 10 anni fa, sulla necessità di un cambio di approccio energetico, si continua a puntare sul petrolio e il disastro ambientale è enorme», ammonisce il presule spagnolo, il quale dal 2024 è presidente della rete ecclesiale Panamazzonica (Repam) Perú, che riunisce otto vicariati dell’Amazzonia peruviana (Pucallpa, Puerto Maldonado, San Ramón, San José del Amazonas, Requena, Iquitos, Jaén y Yurimaguas). «Il Dipartimento di Loreto è una grande “zona di sacrificio”», sottolinea Cadenas Cardo, confermando che le popolazioni indigene sono minacciate dalle attività estrattive e che alcuni di loro subiscono contaminazioni da metalli pesanti, mentre «non beneficiano affatto del rendimento economico di queste attività». La Chiesa, secondo il presule, «deve fare una riflessione teologica su questo concetto di “zona di sacrificio”». Ma il progresso dei mega progetti economici è molto forte e la presenza della Chiesa in questi territori è scarsa: «Si tratta di chiese giovani, con poco clero, per un territorio enorme; il solo vicariato di Iquitos occupa 100.000 chilometri quadrati».

Cadenas Cardo evidenzia poi l’allarme lanciato da una ong locale riguardo l’inquinamento nella valle del fiume Nanay, alla periferia di Iquitos, dove uno studio preliminare indica che i livelli di mercurio nelle acque sono altissimi tanto che alcuni pesci non si possono più mangiare. Qui entra in gioco l’estrazione illegale di oro, spesso in coordinamento con i gruppi criminali che operano a cavallo con il confine con la Colombia. E il presule parla anche con preoccupazione di alcuni articoli pubblicati in questi giorni sulla stampa locale riguardo la possibile costruzione di un’autostrada da Iquitos alla costa peruviana. «Questo “spezzerebbe” l’Amazzonia e disconnetterebbe gli ecosistemi — afferma —. È una questione molto delicata che attesta come i soldi si usino per infrastrutture che alla fine vengono utilizzate dai gruppi al margine della legge. Un’autostrada da Iquitos alla costa peruviana porterebbe i gruppi criminali della zona di Chiclayo a Iquitos, anche perché ci sta un altro progetto che prevede la costruzione di una strada veloce dal capoluogo del Dipartimento di Loreto al Putumayo, in Colombia».Per tutti questi motivi l’impegno della Chiesa sul territorio dell’Amazzonia peruviana è fondamentale. Il vescovo spagnolo cita in proposito il lavoro svolto dal sacerdote salesiano Luigi Bolla, missionario per tanti anni nel vicariato apostolico di Yurimaguas, per il quale il 30 maggio a Lima si è chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione.

E tra le tante sfide c’è spazio anche per una luce di speranza. Quella che si è aperta nel 2024 quando un Tribunale del Dipartimento di Loreto ha riconosciuto il fiume Marañón, uno dei più grandi affluenti del Rio delle Amazzoni, come entità giuridica con intrinsechi diritti. Una vittoria storica, risultato del lavoro della Federazione Huaynakana Kamatahuara Kana, un gruppo di donne indigene della popolazione Kukama, che ha coronato una strenua lotta contro i ricorrenti sversamenti di petrolio dall’oleodotto Norperuano per via di sabotaggi o per scarsa manutenzione. «Questo è un successo anche della Chiesa, che ha accompagnato per diversi anni il popolo Kukama», dichiara il vicario apostolico di Iquitos, ricordando l’impegno contro il progetto dell’Idrovia Amazzonica che, circa dieci anni fa, puntava a far dragare il fiume Marañón per permettere il passaggio delle grandi imbarcazioni. La presidente della Federazione degli indigeni Kukama, Mari Luz Canaquiri Murayari, per tanti anni catechista in una parrocchia locale, ha inoltre vinto nei mesi scorsi il premio Goldman per l’ambiente, noto anche come il “Nobel per l’ecologia”. «Ora il compito è enorme: bisogna dare attuazione alla sentenza, ma questo è difficile perché ci si va a scontrare con i grandi interessi transnazionali». La priorità, secondo Cadenas Cardo, è quella di unire tutte le federazioni indigene della valle del Marañón «affinché vengano consultate per qualsiasi attività economica che si debba svolgere nell’area».

Il vescovo agostiniano conclude infine con un pensiero a Papa Leone XIV, «una persona conosciuta da noi» grazie ai tanti anni di missione in Perú: «Desideriamo che stimoli la Chiesa amazzonica, come fatto da Francesco, affinché possiamo essere capaci di camminare e di evangelizzare in questa situazione difficile».