
Giovedì 5
Incarnati |
Mi consola sapere di non essere solo e poter condividere la responsabilità del mio universale ministero insieme a voi. Il Papa da solo non può andare avanti ed è molto necessario poter contare sulla collaborazione di tanti nella Santa Sede, ma in una maniera speciale su tutti voi della Segreteria di Stato. |
Questa istituzione risale alla fine del XV secolo e col tempo è andata assumendo un volto sempre più universale e si è notevolmente ampliata, acquisendo ulteriori mansioni, a motivo delle nuove esigenze sia nell’ambito ecclesiale sia nelle relazioni con gli Stati e le Organizzazioni internazionali.
Attualmente quasi la metà di voi sono fedeli laici: le donne laiche e religiose, sono più di cinquanta.
Questo sviluppo ha fatto sì che la Segreteria di Stato oggi rifletta in sé stessa il volto della Chiesa esprimendo due dimensioni essenziali: l’incarnazione e la cattolicità.
Valorizzare culture |
Siamo incarnati nel tempo e nella storia, perché se Dio ha scelto la via dell’umano e le lingue degli uomini, anche la Chiesa è chiamata a seguire questa strada, in modo che la gioia del Vangelo possa raggiungere tutti ed essere mediata nelle culture e nei linguaggi attuali. |
Cerchiamo di mantenere uno sguardo cattolico, universale, che permette di valorizzare le diverse culture e sensibilità: così possiamo essere centro propulsore che si impegna a tessere la comunione tra la Chiesa di Roma e le Chiese locali, nonché le relazioni di amicizia nella comunità internazionale.
L’incarnazione ci rimanda alla concretezza della realtà e ai temi specifici e particolari, trattati dai diversi organi della Curia; mentre l’universalità, richiamando il mistero dell’unità multiforme della Chiesa, chiede un lavoro di sintesi che possa aiutare l’azione del Papa.
L’anello di congiunzione e di sintesi è proprio la Segreteria di Stato.
Questo luogo non sia inquinato da ambizioni o antagonismi; siate una vera comunità di fede e di carità, «di fratelli e di figli del Papa», che si spendono generosamente per il bene della Chiesa.
(Discorso ai superiori e agli officiali
della Segreteria di Stato)
Nell’amore |
Per riuscirci nelle difficili — e spesso estenuanti — condizioni ecclesiali e sociali che vivete, vi invito a radicare la vostra vita e il vostro ministero in un amore sempre più forte, personale e autentico per Gesù; e in un amore generoso e senza riserve per le vostre comunità, un amore intriso di vicinanza, di compassione, di dolcezza, di umiltà e di semplicità. |
Sarete credibili anche se non siete ancora santi, e toccherete il cuore delle persone più lontane, conquisterete la loro fiducia e le porterete all’incontro con Gesù.
Coltivate la fraternità sacerdotale tra voi, mantenete uno stretto legame di carità con i vostri vescovi e a pregate incessantemente per l’unità della Chiesa.
(Messaggio per il raduno dei sacerdoti
della Provincia ecclesiastica di Parigi)
Venerdì 6
Conversione |
Rappresentate tre realtà carismatiche nate in momenti diversi della storia della Chiesa, in risposta a esigenze contingenti di varia natura, ma unite e complementari nella bellezza armonica del Corpo mistico di Cristo. |
La fondazione più antica, tra quelle qui presenti, è quella del Terzo Ordine Regolare di San Francesco, i cui inizi risalgono allo stesso Santo di Assisi.
Un carisma |
I temi che affrontate nel 113° Capitolo Generale — vita comune, formazione e vocazioni — riguardano un po’ tutta la grande Famiglia di Dio. |
È importante che li affrontiate alla luce del vostro carisma “penitenziale”. Solo attraverso un costante cammino di conversione possiamo offrire ai fratelli «le fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo» .
Di datazione più recente è la Società delle Missioni Africane, fondata l’8 dicembre 1856 dal Venerabile Vescovo Melchior de Marion Brésillac, segno di quella missionarietà che è al cuore stesso della vita della Chiesa.
Abbracciare |
La fedeltà alla missione vi ha permesso di crescere, traendo anzi dalle avversità occasione e ispirazione per partire verso nuovi orizzonti apostolici in Africa e poi in altre parti del mondo. |
È bellissima l’esortazione lasciatavi dal Fondatore a mantenervi fedeli alla semplicità della predicazione apostolica e sempre pronti ad abbracciare la “follia della Croce”: semplici e tranquilli, anche di fronte alle incomprensioni e alle derisioni del mondo.
Guarire ciò |
Veniamo all’Istituto di fondazione più recente: i Servi del Paraclito, quello Spirito che abita in noi per il dono del Battesimo e guarisce ciò che è ferito. |
Servi dello Spirito che guarisce: tali vi ha voluto padre Gerald Fitzgerald, che nel 1942 ha dato inizio alla vostra opera per la cura dei sacerdoti in difficoltà.
Da allora svolgete, in varie parti del mondo, il vostro ministero di prossimità umile, paziente, delicata e discreta nei confronti di persone ferite nel profondo, proponendo loro cammini terapeutici che a una semplice e intensa vita spirituale, personale e comunitaria, affiancano un’assistenza professionale qualificata e differenziata a seconda dei bisogni.
Solo |
La vostra presenza ricorda una cosa importante: tutti, pur chiamati a essere per i fratelli e le sorelle ministri di Cristo, medico delle anime, siamo prima di tutto a nostra volta malati bisognosi di guarigione. |
Dice Sant’Agostino, usando l’immagine di una barca, tutti noi «in questa vita abbiamo come delle fenditure proprie della mortalità e fragilità nostra, per le quali entra il peccato dai flutti di questo secolo».
Il Santo Vescovo di Ippona propone un rimedio al male: «Per vuotarci e non andare a fondo, diamo mano … a questa esortazione... Perdoniamo!». Perdoniamo, perché ovunque, «nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque […] [possa] trovare un’oasi di misericordia».
La vostra visita oggi in questa sala ci mostra la Chiesa in tre dimensioni luminose della sua bellezza: l’impegno della conversione, l’entusiasmo della missione e il calore della misericordia.
(Ai partecipanti ai capitoli generali
della Società delle Missioni Africane e
del Terz’Ordine Regolare di San Francesco
e a formatori dei Servi del Paraclito)
Nessun |
Le realtà aggregative a cui appartenete sono molto diverse tra loro, per natura e per storia, e tutte sono importanti per la Chiesa. |
Alcune sono nate per condividere uno scopo apostolico, caritativo, di culto, o per sostenere la testimonianza cristiana in ambienti sociali specifici. Altre hanno preso origine da una ispirazione carismatica, un carisma iniziale che ha dato vita a un movimento, a una nuova forma di spiritualità e di evangelizzazione.
Nella volontà di associarsi, che ha dato origine al primo tipo di aggregazioni, troviamo una caratteristica essenziale: nessuno è cristiano da solo!
Siamo parte di un popolo, di un corpo che il Signore ha costituito: la vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra mente e nel nostro cuore ma con gli altri, in un gruppo, in una comunità, perché Cristo risorto si rende presente fra i discepoli riuniti nel suo nome.
Le associazioni erette per un’attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li formano all’apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica, così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente».
Ci sono poi le realtà nate da un carisma: il carisma di un fondatore o di un gruppo di iniziatori, oppure il carisma che si ispira a quello di un istituto religioso.
Tutto nella Chiesa si comprende in riferimento alla grazia.
Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri movimenti e alle vostre comunità, tante persone si sono avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa, e desiderano essere aiutate a crescere nella fede, nella vita comunitaria, nelle opere di carità, e portare agli altri, con l’evangelizzazione, il dono che hanno ricevuto.
In unione |
Unità e missione sono cardini della vita della Chiesa e priorità nel ministero petrino. Invito le associazioni e i movimenti ecclesiali a collaborare fedelmente e generosamente con il Papa in questi due ambiti. |
Anzitutto nell’essere lievito di unità: tutti voi fate continuamente l’esperienza della comunione spirituale che vi lega, un’unità che ha il suo fondamento in Cristo.
Questa unità estendetela ovunque, in modo che i vostri carismi rimangano sempre a servizio dell’unità della Chiesa e siano “lievito di unità, di comunione e di fraternità” nel mondo così lacerato dalla discordia e dalla violenza.
Tenete sempre vivo tra voi questo slancio missionario: i movimenti anche oggi hanno un ruolo fondamentale per l’evangelizzazione. Tenete sempre al centro il Signore Gesù!
Spogliarsi |
I carismi stessi sono funzionali all’incontro con Cristo, alla crescita e alla maturazione umana e spirituale delle persone, all’edificazione della Chiesa. |
Tutti siamo chiamati a imitare Cristo, che spogliò sé stesso per arricchire noi: chiunque persegue con altri una finalità apostolica o chiunque è portatore di un carisma è chiamato ad arricchire gli altri, spogliandosi di sé.
(Discorso ai moderatori delle associazioni di fedeli, movimenti ecclesiali e nuove comunità)
Sabato 7
Bussola |
Il Concilio di Nicea non è solo un evento del passato, ma una bussola che deve continuare a guidarci verso la piena unità visibile dei cristiani. |
Ritornando al Concilio di Nicea e attingendo insieme a questa sorgente comune, saremo in grado di vedere in una luce diversa i punti che ancora ci separano: attraverso il dialogo teologico e con l’aiuto di Dio, otterremo una migliore comprensione del mistero che ci unisce e avanzeremo verso il ripristino della piena comunione tra noi.
Il Concilio di Nicea ha inaugurato un cammino sinodale per la Chiesa da seguire nella gestione delle questioni teologiche e canoniche a livello universale.
Il contributo dei delegati fraterni delle Chiese e delle comunità ecclesiali dell’Oriente e dell’Occidente al recente Sinodo sulla sinodalità, tenutosi qui in Vaticano, è stato uno stimolo prezioso per una maggiore riflessione sulla natura e sulla pratica della sinodalità.
Spero che la preparazione e la commemorazione congiunta del 1700° anniversario del Concilio di Nicea saranno un’occasione provvidenziale «per approfondire e confessare insieme la fede cristologica e per mettere in pratica forme di sinodalità tra i Cristiani di tutte le tradizioni».
Per una |
Uno degli obiettivi del Concilio di Nicea era stabilire una data comune per Pasqua al fine di esprimere l’unità della Chiesa in tutta l’oikoumene. |
Vorrei riaffermare la disponibilità della Chiesa Cattolica alla ricerca di una soluzione ecumenica che favorisca una celebrazione comune della resurrezione del Signore.
L’unità cui i cristiani aspirano non sarà principalmente il frutto dei nostri sforzi: piuttosto, sarà un dono ricevuto «come Cristo vuole e con i mezzi che Egli vuole», attraverso l’azione dello Spirito Santo.
(Discorso ai partecipanti al simposio ecumenico
nel 1700° anniversario del Concilio di Nicea )
Lunedì 9
La fecondità |
La Parola di Dio in questa celebrazione ci fa comprendere il mistero della Chiesa, e in essa della Santa Sede, alla luce delle due icone bibliche scritte dallo Spirito nella pagina degli Atti degli Apostoli e in quella del Vangelo di Giovanni. |
Partiamo da quella fondamentale, il racconto della morte di Gesù.
La maternità di Maria attraverso il mistero della Croce ha fatto un salto impensabile.
La madre di Gesù è diventata la nuova Eva, perché il Figlio l’ha associata alla sua morte redentrice, fonte di vita nuova ed eterna per ogni uomo.
Il tema della fecondità è ben presente in questa liturgia.
La fecondità della Chiesa è la stessa fecondità di Maria; si realizza nell’esistenza dei suoi membri nella misura in cui essi rivivono, “in piccolo”, ciò che ha vissuto la Madre, amano secondo l’amore di Gesù.
Tutta la fecondità della Chiesa e della Santa Sede dipende dalla Croce di Cristo. Altrimenti è apparenza, se non peggio.
Una Chiesa |
Questa fecondità di Maria e della Chiesa è inseparabilmente legata alla sua santità, cioè alla sua conformazione a Cristo. |
La Santa Sede è santa come lo è la Chiesa, nel suo nucleo originario, nella fibra di cui è intessuta: la Sede Apostolica custodisce la santità delle sue radici mentre ne è custodita.
Vive anche nella santità di ciascuno dei suoi membri, perciò il modo migliore di servire la Santa Sede è cercare di essere santi, ciascuno secondo il suo stato di vita e il compito che gli è stato affidato.
La seconda icona raffigura la madre di Gesù insieme agli Apostoli e ai discepoli nel Cenacolo.
Mostra la maternità di Maria verso la Chiesa nascente, una maternità “archetipica”, che rimane attuale in ogni tempo e luogo ed è sempre frutto del Mistero pasquale, del dono del Signore.
Lo Spirito Santo, che scende con potenza sulla prima comunità è lo stesso che Gesù ha consegnato col suo ultimo respiro. Questa icona biblica è inseparabile dalla prima: la fecondità della Chiesa è sempre legata alla Grazia sgorgata dal Cuore trafitto di Gesù insieme al sangue e all’acqua, simbolo dei Sacramenti.
Maria, nel Cenacolo, grazie alla missione materna ricevuta ai piedi della croce, è al servizio della comunità nascente: è la memoria vivente di Gesù, e in quanto tale è, per così dire, il polo d’attrazione che armonizza le differenze e fa sì che la preghiera dei discepoli sia concorde.
Gli Apostoli, anche in questo testo, sono elencati per nome, e come sempre il primo è Pietro: lui stesso, anzi, lui per primo è sostenuto da Maria nel suo ministero.
La Madre Chiesa sostiene il ministero dei successori di Pietro con il carisma mariano. La Santa Sede vive in maniera del tutto peculiare la compresenza dei due poli, quello mariano e quello petrino: quello mariano assicura la fecondità e la santità di quello petrino, con la sua maternità, dono di Cristo e dello Spirito.
(Messa per il Giubileo della Santa Sede)
Martedì 10
Strumenti |
Nessun Paese del mondo ha un Corpo diplomatico così unito come voi siete uniti: perché la vostra, la nostra comunione non è solo funzionale, né solo ideale, ma siamo uniti in Cristo e siamo uniti nella Chiesa. |
È interessante riflettere su questo fatto: che la diplomazia della Santa Sede costituisce nel suo stesso personale un modello — non certo perfetto, ma molto significativo — del messaggio che propone, quello cioè della fraternità umana e della pace tra tutti i popoli.
Sento anche nei vostri confronti ciò che ho confidato qualche giorno fa parlando alla Segreteria di Stato, cioè la riconoscenza per quanti mi aiutano a svolgere giorno per giorno il mio servizio. Questa gratitudine è tanto maggiore quando penso che il vostro lavoro tante volte mi precede! Questo vale in modo particolare proprio per voi perché, quando mi viene presentata una situazione che riguarda la Chiesa in un determinato Paese, posso contare sulla documentazione, sulle riflessioni, sulle sintesi preparate da voi e dai vostri collaboratori. La rete delle Rappresentanze Pontificie è sempre attiva e operativa.
Vorrei condividere con voi un’immagine biblica che mi è venuta alla mente pensando alla vostra missione in relazione alla mia.
All’inizio degli Atti degli Apostoli, il racconto della guarigione dello storpio descrive bene il ministero di Pietro.
Sembra l’immagine di un’umanità che ha perso la speranza ed è rassegnata.
La Chiesa incontra spesso uomini e donne che non hanno più gioie, che la società ha messo ai margini, o che la vita ha costretto in un certo senso ad elemosinare l’esistenza.
Fa pensare la richiesta che Pietro fa a quest’uomo: «Guarda verso di noi!». Guardarsi negli occhi significa costruire una relazione. Il ministero di Pietro è creare relazioni, ponti; e un Rappresentante del Papa è anzitutto a servizio di questo invito, di questo guardare negli occhi.
Siate sempre lo sguardo di Pietro! Siate uomini capaci di costruire relazioni lì dove si fa più fatica.
Nel fare questo conservate la stessa umiltà e lo stesso realismo di Pietro, che sa benissimo di non avere la soluzione a tutto.
Dare Cristo significa dare amore, dare testimonianza di quella carità che è pronta a tutto.
Conto su di voi affinché nei Paesi dove vivete tutti sappiano che la Chiesa è sempre pronta a tutto per amore, che è sempre dalla parte degli ultimi, dei poveri, e che sempre difenderà il sacrosanto diritto a credere in Dio, a credere che questa vita non è in balia dei poteri di questo mondo, ma è attraversata da un senso misterioso.
Solo l’amore è degno di fede, di fronte al dolore degli innocenti, dei crocifissi di oggi, che molti di voi conoscono personalmente perché servite popoli vittime di guerre, di violenze, di ingiustizie, o anche di quel falso benessere che illude e delude.
Umili |
Il vostro servizio è sub umbra Petri, come troverete inciso sull’anello che riceverete quale mio dono. |
Sentitevi sempre legati a Pietro, custoditi da Pietro, inviati da Pietro: solo nell’obbedienza e nella comunione effettiva con il Papa il vostro ministero potrà essere efficace per l’edificazione della Chiesa, in comunione con i Vescovi locali.
Abbiate sempre uno sguardo benedicente, perché il ministero di Pietro è benedire.
Sentitevi missionari, inviati dal Papa per essere strumenti di comunione, di unità, al servizio della dignità della persona umana, promuovendo ovunque relazioni sincere e costruttive con le autorità con le quali sarete chiamati a cooperare.
La vostra competenza sia sempre illuminata dalla ferma decisione per la santità.
Il ruolo di Pietro è confermare nella fede: voi per primi ne avete bisogno per diventarne messaggeri nel mondo.
(Discorso ai partecipanti al Giubileo
e all’Incontro dei rappresentanti pontifici )
Mercoledì 10
Mai |
Vorrei portare il nostro sguardo su un altro aspetto essenziale della vita di Gesù, cioè sulle sue guarigioni. |
Il personaggio che ci accompagna in questa riflessione ci aiuta a capire che non bisogna mai abbandonare la speranza, anche quando ci sentiamo perduti.
Si tratta di Bartimeo, un uomo cieco e mendicante, che Gesù incontrò a Gerico.
Bartimeo significa “figlio di Timeo”: descrive quell’uomo attraverso una relazione, eppure lui è drammaticamente solo.
Questo nome, però, potrebbe anche significare “figlio dell’onore” o “dell’ammirazione”, esattamente al contrario della situazione in cui si trova. Poiché il nome è così importante nella cultura ebraica, vuol dire che Bartimeo non riesce a vivere ciò che è chiamato a essere.
Bartimeo è fermo: l’Evangelista dice che è seduto lungo la strada, dunque ha bisogno di qualcuno che lo rimetta in piedi e lo aiuti a riprendere il cammino.
Quando ci troviamo in una situazione che sembra senza via d’uscita Bartimeo ci insegna a fare appello alle risorse che ci portiamo dentro e che fanno parte di noi. Se desideri veramente qualcosa, fai di tutto per poterlo raggiungere, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di lasciar perdere: se lo desideri davvero, continua a gridare!
Bartimeo è cieco, ma paradossalmente vede meglio degli altri e riconosce chi è Gesù! Davanti al suo grido, Gesù si ferma e lo fa chiamare perché non c’è nessun grido che Dio non ascolti, anche quando non siamo consapevoli di rivolgerci a lui.
Gesù guarisce |
Sembra strano che, davanti a un uomo cieco, Gesù non vada subito da lui; ma, se ci pensiamo, è il modo per riattivare la vita di Bartimeo: lo spinge a rialzarsi, si fida della sua possibilità di camminare. Quell’uomo può rimettersi in piedi, può risorgere dalle sue situazioni di morte, ma per fare questo deve buttare via il suo mantello! Per un mendicante, il mantello è tutto: è la sicurezza, è la casa, è la difesa che lo protegge. Molte volte, a bloccarci sono proprio le nostre apparenti sicurezze, quello che ci siamo messi addosso per difenderci e che invece ci sta impedendo di camminare. Per andare da Gesù e lasciarsi guarire, Bartimeo deve esporsi in tutta la sua vulnerabilità: questo è il passaggio fondamentale per ogni cammino di guarigione. Anche la domanda che Gesù gli pone sembra strana: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Non è scontato che vogliamo guarire dalle nostre malattie, a volte preferiamo restare fermi per non assumerci responsabilità. La risposta di Bartimeo è profonda: usa il verbo anablepein, che significa “vedere di nuovo”, ma anche “alzare lo sguardo”. Bartimeo non vuole solo tornare a vedere, vuole ritrovare anche la sua dignità! Per guardare in alto, occorre rialzare la testa. A volte le persone sono bloccate perché la vita le ha umiliate e desiderano ritrovare il proprio valore. A salvare Bartimeo, e ciascuno di noi, è la fede: Gesù ci guarisce perché possiamo diventare liberi. Marco riferisce che Bartimeo prese a seguire Gesù scegliendo liberamente colui che è la Via! (Catechesi all’udienza generale ) |