Floribert che disse «No»

di Stanislas Kambashi
La Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo è in festa per la beatificazione, a Roma domenica 15 giugno, nella solennità della Santissima Trinità, del giovane laico congolese Floribert Bwana Chui bin Kositi, definito martire dell’onestà e dell’integrità morale, il cui riconoscimento del martirio è avvenuto da parte di Papa Francesco il 25 novembre scorso. A prendere parte alla beatificazione di Floribert, che faceva parte della Comunità di Sant’Egidio, vi saranno diversi presuli congolesi: tra essi sono annunciati il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, e monsignor Willy Ngumbi Ngengele, vescovo di Goma, diocesi di origine del beato. La celebrazione, alle 17.30 nella basilica di San Paolo Fuori le Mura, sarà presieduta dal cardinale prefetto del Dicastero delle cause dei santi, Marcello Semeraro.
Floribert Bwana Chui bin Kositi viene rapito il 7 luglio 2007. Due giorni dopo il suo cadavere è rinvenuto a Goma davanti all’Université libre des Pays des Grands Lacs, istituzione educativa cristiana privata della provincia del Nord Kivu. Giovane commissario dell’Office Congolais de Contrôle (Occ), l’organismo nazionale di controllo delle dogane e delle merci, Floribert era incaricato di valutare la conformità dei prodotti che attraversavano il confine orientale della Repubblica Democratica del Congo. Il suo rifiuto a cedere alla corruzione gli è costato la vita, avendo deciso di non far entrare nel suo paese alimenti provenienti dal Rwanda che non avevano ottenuto le autorizzazioni necessarie per la commercializzazione e il consumo. Secondo alcune testimonianze, «Bwana Chui ha preferito morire piuttosto che far passare alimenti che avrebbero potuto avvelenare le persone». Onestà e integrità morale lo hanno condotto al martirio.
La madre, Gertrude Kamara Ntawiha, esprime la sua gioia e il ringraziamento per una notizia che lenisce il dolore nel quale era sprofondata dopo la tragica scomparsa del figlio: «Floribert è stato assassinato in nome della sua fede cristiana, per aver rifiutato una proposta di corruzione volta a facilitare l’ingresso di prodotti alimentari che potevano mettere in pericolo la salute pubblica sul territorio congolese. Ha chiaramente fatto la sua scelta per Dio fino alla fine e ha scelto di morire per vivere in Cristo». Mamma Gertrude chiede ai giovani di seguire l’esempio di Floribert, di non lasciarsi corrompere e di seguire i valori del Vangelo. E alle autorità chiede la pace, in particolare nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo dove, a soli 26 anni, il figlio è stato ucciso e dove la popolazione vive da oltre tre decenni un calvario sotto la minaccia di gruppi armati e l’aggressione di paesi vicini.
Con la sua onestà e integrità morale, Floribert Bwana Chui è un modello non solo per i giovani congolesi ma per tutti, sottolinea Trésor, fratello minore del futuro beato: «Per me la sua lotta non è stata vana, ha mantenuto la libertà. Questo è un esempio per noi cristiani, cattolici, giovani di tutto il mondo, e in particolare per quelli del Congo, dove la pratica della corruzione deve ancora essere combattuta». Secondo Trésor, la beatificazione del fratello deve richiamare l’attenzione su questa triste realtà che sta diventando un modus operandi per ottenere guadagni sproporzionati. L’esempio di Floribert può aiutarci a «essere più giusti e coerenti». Del fratello, Trésor conserva il ricordo di una persona esemplare: «Aveva il suo modo di vivere la vita cristiana, viveva nel timore di Dio».
Floribert era impegnato in diversi gruppi e movimenti ecclesiali, era stato chierichetto nella cattedrale di Saint-Joseph a Goma, aveva fatto parte del coro latino nella parrocchia Saint-Esprit: «Ha rafforzato ulteriormente la sua fede condividendo il Vangelo nella Comunità di Sant’Egidio, dove era un amico e un fratello, al fianco dei più bisognosi, compresi i bambini di strada». Se Trésor avesse un messaggio da rivolgere a Floribert gli chiederebbe «di intercedere presso il Creatore per il Congo e per il mondo intero, affinché questo flagello della corruzione, questo male che corrode, possa cessare, in modo da poter camminare nella giustizia».
Désiré Pengele, funzionario del Dipartimento del commissariato per i danni in seno all’Occ, ha guidato Bwana Chui nei suoi primi passi all’interno di questo organismo, a Kinshasa. All’epoca i giovani neoassunti dell’Ufficio congolese di controllo, assegnati a questo dipartimento, gli venivano affidati per essere seguiti nell’ambito del loro percorso di integrazione. Tra i giovani laureati arrivati tra il 2006 e il 2007 c’era anche Floribert. Vicino al loro ufficio a Gombe, un comune della capitale congolese, si trova la parrocchia di Sainte-Anne, dove ogni mattina vengono celebrate due messe, la prima per i parrocchiani e la seconda «dalle 7 alle 7,30 per i cristiani che hanno lasciato presto le loro case per recarsi a Gombe per lavoro ma che approfittano per pregare prima di andare. È lì — testimonia Désiré — che iniziavamo la nostra giornata con Floribert e ci recavamo a piedi fino all’ufficio». È così che nasce un’«amicizia spirituale» che andava al di là del semplice rapporto di lavoro: «Floribert aveva sempre dei libri con sé e leggeva molto, era discreto e imparava tanto».
Continuò così anche quando tornò a Goma, in seguito a un trasferimento per motivi personali. Nella notte tra domenica e lunedì precedente il delitto, Désiré racconta di aver fatto un sogno in cui «Floribert mi diceva per tre volte “Pengele resisti”». Non avendo capito nulla, lunedì mattina presto l’ex supervisore provò a chiamarlo al suo numero di telefono, «pensando che potesse aver bisogno di un documento relativo al lavoro, come faceva di tanto in tanto. Ma purtroppo il telefono non squillava». Arrivato in ufficio, Désiré, parlando del suo sogno con un collega, venne a sapere che Floribert era stato rapito a Goma durante il fine settimana e che era introvabile: «E circa un’ora dopo quel collega venne da me in lacrime e mi disse che Floribert era stato trovato morto a Goma».
Il capo del Dipartimento si recò da solo nella capitale del Nord Kivu per partecipare al funerale. Gli altri colleghi fecero celebrare una messa. «Credo di averlo rivisto due volte in sogno. E alla fine, con mia grande gioia, ho appreso che il Santo Padre Francesco lo aveva elevato al rango di servo di Dio e che in seguito sarebbe stato beatificato. Ho sempre parlato di Floribert con la speranza — conclude Pengele — che lui preghi per il nostro paese, per i nostri giovani e per la nostra azienda, l’Office Congolais de Contrôle».