Francescani dal mondo

di Roberto Cetera
Si è concluso l’8 giugno, domenica di Pentecoste, ad Assisi, dopo una settimana di intensi confronti sull’attualità del carisma francescano, un appuntamento internazionale importante per la famiglia dell’Ordine dei frati minori, il cosiddetto Capitolo delle stuoie. L’incontro è stato preceduto da vari “capitoli delle stuoie” svoltisi in tutte le province dei frati minori, per poi concludersi in un assise generale a cui hanno partecipato delegati dei frati ma anche di laici e di sorelle delle varie congregazioni femminili francescane. Al termine dei lavori il ministro generale dell’Ordine, padre Massimo Fusarelli, ha risposto ad alcune domande de «L’Osservatore Romano».
Fra Massimo, perché questo capitolo è chiamato “delle stuoie”?
È una definizione che richiama la tradizione risalente alle origini del movimento francescano. Era il 1221 e Francesco, che aveva già maturato l’abbandono del governo dell’Ordine, decise di convocare tutti i frati alla Porziuncola, dove tutto era cominciato. Già allora i frati erano numerosi e cominciavano a espandersi oltre la penisola, anche verso i paesi del nord Europa. Si trattava di un capitolo che in definitiva doveva transitare il movimento cresciuto spontaneamente e velocemente al seguito del Poverello di Assisi in un vero e proprio ordine religioso, tant’è che fu da quell’incontro che venne fuori la prima Regola, detta “Non bollata”. Parteciparono circa duemila frati e Francesco vi fu presente immerso tra la folla dei partecipanti. Assisi non poteva di certo ospitare comodamente tutti questi frati, per cui la maggior parte si arrangiò con tende e stuoie per la notte. Come oggi, ricorreva anche allora la solennità della Pentecoste. Ed è indubbio che i risultati furono un vero dono dello Spirito.
Anche in questa occasione la partecipazione è stata ampia.
Sì, ma più ancora della partecipazione numerica ha rilevato la qualità dei partecipanti. Per la prima volta si è trattato di un’assise che ha coinvolto non solo delegati provenienti da ogni parte del mondo ma soprattutto ha visto la partecipazione di laici e laiche e di suore delle varie congregazioni. Cioè per la prima volta possiamo dire che si è incontrata la famiglia francescana nella sua interezza e nelle sue varie espressioni e sensibilità.
Quali sono le aspettative di questo incontro e quali i risultati raggiunti?
Intanto direi che proprio questa così ampia partecipazione costituisca un’aspettativa soddisfatta. Credo abbia un grande significato il fatto che nei tre anni precedenti a questo incontro migliaia di frati, sorelle, uomini e donne, abbiano intessuto in tutto il mondo centinaia di incontri per riflettere sull’attualità del nostro carisma e sui compiti di evangelizzazione a cui siamo chiamati dallo Spirito nel solco della nostra tradizione in un mondo che cambia così rapidamente e profondamente. In secondo luogo credo che questo evento debba essere letto come parte di quella ispirazione sinodale generale che è stata propria di Papa Francesco, e che noi in qualche modo abbiamo sempre praticato nel nostro stile di vita comune. E poi aggiungerei lo sforzo di interpretare in modo sempre più dinamico il nostro impegno di missione, comunione e fraternità, alla luce di quanto ci viene chiesto dalla Chiesa, lasciandoci alle spalle quei fardelli pesanti che rallentano il nostro cammino, e piuttosto assumendo nuovi e più leggeri ma sempre utili strumenti di viaggio.
Che seguito avrà il Capitolo delle stuoie?
Ci aspettiamo che gli esiti di questa settimana di confronti vengano restituiti al Consiglio plenario dell’Ordine che inizia la preparazione al Capitolo generale che si svolgerà nel 2027, fornendoci una buona dose di audacia nell’affrontare i compiti che ci attendono in questo passaggio epocale dell’umanità.