· Città del Vaticano ·

Il Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità ecclesiali

«Siamo una cosa sola»

 «Siamo una cosa sola»  QUO-132
09 giugno 2025

di Alessandro Di Bussolo
e Edoardo Giribaldi

Nel cuore pulsante di piazza San Pietro, dove l’eco delle preghiere si è fusa con la festa di decine di migliaia di fedeli, è risuonato il richiamo più profondo all’unità, un desiderio rinnovato da Leone XIV. Un appello incarnato nelle voci di chi, nell’ambito del Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità, ha trasformato il dolore in speranza: «We are one», «Siamo una cosa sola» ha detto Hussam Abu Sini, medico oncologo arabo. Parole che hanno animato il pomeriggio di sabato 7 giugno, poco prima della Veglia di Pentecoste, presieduta in serata dal Papa, e che hanno rappresentato un baluardo contro le divisioni che «sotto i nostri occhi» affliggono le nostre esistenze, come ricordato dallo stesso Pontefice nell’omelia.

Prima dell’inizio della Veglia, il suo arrivo in piazza San Pietro, a bordo della papamobile, è stato accolto con grande entusiasmo. Un colpo d’occhio suggestivo quello offerto dai vessilli delle varie comunità accorse a Roma — rappresentate da circa 70.000 i fedeli raccolti nell’abbraccio dell’emiciclo berniniano e nelle aree adiacenti — che hanno sventolato nell’aria tiepida del crepuscolo romano. Dopo l’inno del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, il passaggio di Leone XIV tra i diversi settori della piazza è stato accompagnato dalla musica dei Gen Rosso, gruppo nato da un dono di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Il giro in papamobile si è protratto per circa mezz’ora, durante la quale Leone XIV ha benedetto e salutato i presenti assiepati dietro le transenne, soffermandosi in particolare con i bambini.

Il Pontefice si è avviato quindi verso il sagrato della basilica, dove è stato accolto dall’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e responsabile dell’organizzazione del Giubileo. «Davanti a Lei è presente la grande e multiforme realtà ecclesiale dei movimenti», ha affermato il presule, evidenziando come tale partecipazione rappresenti un «segno evidente della grande opera di evangelizzazione», portata avanti con «convinzione e credibilità». L’arcivescovo ha concluso il saluto invocando per il vescovo di Roma sostegno, gioia e forza nei momenti di difficoltà.

«Il datore di ogni bene, che nell’unico battesimo e nella varietà dei carismi e ministeri manifesta il corpo della Chiesa, accompagni i movimenti e le associazioni che rappresentate e che arricchiscono la missione evangelizzatrice della Sposa di Cristo», ha proclamato Leone XIV nel corso della Veglia, introducendo il canto Veni, Creator Spiritus. Sulle sue note, i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti presenti si sono avvicinati al cero pasquale posto accanto all’ambone, da cui hanno attinto la luce per accendere sette lampade. Dopo la proclamazione del Vangelo di Luca (4, 16-21), il Pontefice ha tenuto l’omelia; quindi la liturgia è proseguita con il rinnovo delle promesse battesimali e l’invocazione allo Spirito Santo. La Veglia si è infine conclusa con la benedizione apostolica.

In precedenza, ad animare il pre-Veglia in piazza San Pietro erano state storie di speranza provenienti da contesti di guerra, disagio, povertà e rinascita. Racconti autentici di come la fede e la vicinanza della Chiesa possano trasformare il dolore in speranza. Non solo la vicenda di Abu Sini, che ha condiviso la propria esperienza in Terra Santa, tra i drammi del conflitto e la forza della comunità. Con la sua famiglia ha scelto di rimanere unito alla Chiesa per testimoniare Cristo nei luoghi dell’incarnazione, scoprendo una missione anche nella propria professione: essere segno d’amore nella sofferenza.

Nicola Boricchi, della comunità Nuovi Orizzonti, ha raccontato un percorso di redenzione: da una giovinezza segnata da droga, abbandono e rabbia, alla guarigione interiore, una «Dio-incidenza», come l’ha definita, grazie all’incontro con chi lo ha accolto senza giudicare all’interno dell’associazione fondata da Chiara Amirante. Oggi è padre, imprenditore e testimone di una misericordia che trasforma, offrendo lavoro a chi si trova in difficoltà.

Aline Minani, della Comunità di Sant’Egidio, ha parlato di Goma, nella martoriata Repubblica Democratica del Congo, dove i giovani stringono un’«alleanza con gli anziani» per contrastare isolamento e miseria. Questo, ha spiegato la ragazza, «ci impedisce di impazzire dalla paura, perché ci libera dall’ansia costante per la nostra stessa sopravvivenza». E tale alleanza «fa rinascere una speranza di pace». Minani ha citato in proposito Floribert Bwana Chui, giovane membro della Comunità ucciso nel 2007 per aver rifiutato, in nome del Vangelo, una tangente alla dogana per fare passare cibo avariato che avrebbe danneggiato la popolazione. Sarà beatificato domenica prossima, 15 giugno a Roma, e il suo esempio è «un faro di speranza per tutti i giovani del Congo, dell’Africa e del mondo». Infine, Pedro Sánchez Sáez e María Begoña Ballester Zapata, del Cammino Neocatecumenale, hanno raccontato la loro missione in Ucraina, dove vivono con dodici figli in mezzo alla guerra. Tra crisi e riconciliazioni, vedono la fedeltà di Dio sostenere la loro famiglia e la loro testimonianza di amore e speranza in una terra ferita.