
Un’occasione «per ritrovare speranza» — nella ricchezza dei carismi, nella Chiesa e in Dio — e «annunciare di nuovo la speranza», nell’Anno Santo a essa dedicato. Così il cardinale prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, Kevin Farrell, ha aperto ieri pomeriggio, mercoledì 4 giugno, nell’Aula nuova del Sinodo, l’incontro annuale con i moderatori delle associazioni internazionali di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità.
Introducendo i lavori, il porporato ha sottolineato l’obiettivo di «sintonizzarsi» con il percorso della Chiesa nella «rinnovata consapevolezza» di essere chiamati a camminare non solo con essa ma «insieme a Pietro e a tutto il popolo di Dio, come Chiesa di Cristo». Ha insistito quindi sulla «speranza vissuta» nell’incontro con le comunità, quando una vita forse «ripiegata su di sé, triste, rinchiusa nella delusione e nella mancanza di amore», dopo aver conosciuto Gesù, si illumina di una «speranza nuova». Che «non è un concetto», né «uno sforzo mentale di ottimismo», bensì «una persona»: «scoprire la speranza significa scoprire Cristo».
L’altro aspetto, ha proseguito Farrell, è la «speranza annunciata», quel passaggio «quasi naturale» che porta chi scopre la speranza a diffonderla secondo una «dimensione intrinsecamente missionaria», non studiata a tavolino ma legata a una «gioia profonda» incontenibile, una sorta di effusione all’esterno di una «pienezza di vita presente all’interno».
Nel suo saluto il prefetto ha invitato «a offrire agli uomini e alle donne di questa epoca l’opportunità di trovare in Cristo la vera speranza che illumina la vita» e auspicato la nascita di «iniziative missionarie per comunicare al mondo la speranza incontrata», con uno sguardo particolare affinché i giovani siano «formati a diventare uomini e donne di speranza in un mondo spesso schiacciato dalla disperazione e dal cinismo».
Le «sfide per i movimenti oggi» sono state al centro della prima relazione, presentata a due voci dallo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e dall’economista Luigino Bruni. Le sfide «ci chiamano oltre il vittimismo» secondo Riccardi: «Avremo futuro se crederemo e ci misureremo su queste e altre sfide storiche. Tanto ci sarà perdonato, ma non essere indifferenti, ripiegati, con il talento nascosto sotto terra, senza metterlo a frutto negli “affari” della storia».
Analizzando non solo le difficoltà ma anche le opportunità di un mondo mutato a livello culturale, antropologico e comunicativo, Bruni ha evidenziato come si possa imparare dagli errori e guardare «ancora una volta avanti, insieme»: membri di «comunità certamente diverse ma ancora comunità di corpi, di carne» in una «terra comunitaria» vulnerabile e fragile, ma la sola — ha rimarcato — «veramente umana e cristiana».
Ha concluso la prima giornata di lavori la liturgia penitenziale e di invocazione allo Spirito Santo in San Pietro, con la corale richiesta di perdono da parte dei moderatori di associazioni e movimenti per la non accoglienza del Vangelo e le incoerenze, per le infedeltà, per la mancanza di rispetto verso le persone e di zelo nel mettere a frutto i carismi, per tutte le chiusure e per le ferite alla comunione ecclesiale. Un’invocazione è stata poi levata a nome dei pastori della Chiesa per le mancanze nei confronti di tutte le associazioni, i movimenti e le nuove comunità. Nell’omelia il prefetto ha rimarcato come, seguendo l’esempio di Pietro, sia possibile riconoscere le proprie colpe e predisporsi a una «seconda chiamata»: in tale solco, il momento penitenziale «non è autocommiserazione», né «amarezza sterile», «scoraggiamento» o «accuse» bensì «dolore sincero per le infedeltà», «lucida consapevolezza della fragilità» che predispone a una nuova «chiamata del Signore».
Dopo la messa presieduta stamani dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nella basilica Vaticana, il secondo giorno di lavori si è aperto con l’intervento del cardinale pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione Luis Antonio G. Tagle su come «ripensare la missione alla luce della speranza».
Solo una «Chiesa rinnovata o un movimento rinnovato», ha detto, «può rinnovare la missione, e solo una missione rinnovata può rinnovare la Chiesa e ogni associazione e comunità»: per questo, ha spiegato il porporato, la Chiesa «è chiamata a essere missionaria in un momento storico in cui le cose buone e creative abbondano, ma sono minacciate e eclissate da ingiustizie, guerre, distruzione di vite, famiglie, società e creato».
La testimonianza dei coniugi cileni Camilo Conejeros e Margarita Sillano, della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha preceduto i lavori di gruppo, momento di scambio e condivisione tra i delegati.
Sul Giubileo, tempo per «ricalibrare, rinnovare e riaffermare l’impegno» personale e comunitario, si è soffermata la teologa Donna Orsuto, della Pontificia Università Gregoriana e co-fondatrice del Lay Center, approfondendo il tema «Essere persone di speranza». Opportunità per «accordare meglio» la nostra «visione originaria» e adattarsi ai segni dei tempi, l’Anno Santo si configura, ha spiegato Orsuto, come un tempo «per riaffermare il nostro impegno verso il Signore e verso la sua missione. Vogliamo abbracciare pienamente la sua chiamata a diventare pellegrini di speranza in un mondo che ha disperatamente bisogno di questo messaggio».
La coordinatrice del Forum internazionale di Azione cattolica Eva Fernández Mateo e Manoj Sunny del movimento Jesus Youth hanno condiviso in aula esperienze concrete, stimolando a un ripensamento dei percorsi formativi. Nel pomeriggio proseguono i gruppi di lavoro, in particolare sul Giubileo come occasione di rilancio missionario per riscoprire la chiamata di ogni aggregazione ecclesiale a essere segno di speranza per la Chiesa e per il mondo. (lorena leonardi)