· Città del Vaticano ·

Beatificate in Polonia 15 suore martiri dell’invasione sovietica del 1945

Testimoni profetiche di pace

 Testimoni  profetiche di pace   QUO-125
31 maggio 2025

di Isabella Piro

Christophora Klomfass e le sue quattordici compagne «oggi ribadiscono con la loro testimonianza il valore perenne di Dio e del bene, mentre i loro assassini vengono ricordati soltanto per l’efferatezza del male compiuto»: il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi e rappresentante del Papa, ha tratteggiato così la vita e il martirio delle quindici religiose della congregazione di Santa Caterina Vergine e Martire che stamani, sabato 31 maggio, sono state beatificate a Braniewo, nell’arcidiocesi di Warmia, in Polonia. Si è trattato del secondo rito di beatificazione nel Paese in pochi giorni: il 24 maggio, infatti, a Poznań, era stato elevato agli onori degli altari don Stanisław Streich.

Tra i concelebranti di stamani, erano anche il cardinale Stanisław Dziwisz arcivescovo emerito di Kraków, e l’arcivescovo metropolita di Warmia, monsignor Józef Górzyński. Numerosi i fedeli che, nonostante il forte vento, hanno partecipato alla messa celebrata nella piazza antistante la basilica di Santa Caterina.

Presiedendo il rito, il cardinale Semeraro ha definito le suore, martiri dell’invasione sovietica nel 1945, come «voci della coscienza che non si può zittire» e profetesse «sempre attuali della pace sulla terra e di una umanità riconciliata e concorde». L’insegnamento che esse hanno consegnato, ha aggiunto Semeraro, si racchiude in due parole, «perdono e conversione», che spronano i fedeli a scegliere «ogni giorno la pace, la fraternità, il rispetto della libertà degli altri, la serenità nei rapporti umani».

Christophora Klomfass e le sue compagne, ha proseguito, subirono il martirio a causa della loro fede. Ottant’anni dopo, la persecuzione dei cristiani c’è ancora ed è reale, anche se «più sottile, a volte, combattuta con le armi della cultura e delle comunicazioni sociali», ha osservato il prefetto. Essa si manifesta come «un’azione avversa, falsa e irridente, che inonda continuamente le case e le famiglie, le menti e le coscienze». Il vero martirio quotidiano, allora — ha evidenziato Semeraro — è «opporsi oggi a questa cultura, un impegno non senza conseguenze per tutti coloro che portano avanti un lavoro educativo pienamente rispondente al messaggio di Cristo e per la promozione di un’autentica umanità».

Nella vicenda delle quindici nuove beate, inoltre, il cardinale Semeraro ha individuato due elementi significativi: il primo è «l’atrocità» con cui i soldati dell’Armata rossa infierirono su di esse, costringendole a morti violente e feroci. «Un’atrocità che sembrò superare ogni limite — ha sottolineato il porporato —; che non si fece scrupoli a calpestare la dignità dell’essere umano e non ebbe alcun rispetto della dignità di queste donne, né del loro stato di consacrate». In contrasto con tutto ciò ecco però, secondo elemento, «la forza d’animo e la perseveranza di queste religiose, che si sono sapute opporre alla sopraffazione con la forza della loro debolezza», mettendo in atto una vera e propria «pedagogia martiriale».

Le nuove beate avrebbero potuto mettersi in salvo, ma scelsero di restare accanto alle persone di cui si prendevano quotidianamente cura, dimostrando così che «la carità, l’amore gratuito e disinteressato per Cristo e per i fratelli è il compimento della fede», ha rimarcato il cardinale Semeraro.

In tal modo, «davanti a coloro che allora sembravano i più forti e che, ubriacati dal materialismo, sostituivano l’unico vero Dio con idoli umani fragili ed effimeri», le quindici religiose hanno dimostrato che «il bene trionfa sempre sul male» e che il messaggio evangelico dell’amore vince «l’ideologia dell’odio e della violenza».

Infine, a pochi giorni dall’ottantesimo anniversario della fine della seconda Guerra mondiale, celebrato l’8 maggio, il prefetto del Dicastero delle Cause dei santi ha auspicato che l’odierna beatificazione possa rappresentare «un’invocazione di pace per tutto il mondo, con un pensiero particolare alla guerra che si sta combattendo» in Ucraina, a poca distanza dalla Polonia.

«Mai più la guerra! — ha concluso il porporato, richiamando l’appello di Leone XIV nel suo primo Regina Caeli dell’11 maggio — Specialmente dove colpisce con crudeltà gli innocenti, molti dei quali bambini».