Riunite in un libro LEV le lettere di Papa Francesco sulla letteratura e sulla storia
Quel ponte che unisce

Pubblichiamo la prefazione del cardinale Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, al volumetto «Lettere sulla letteratura e sulla storia» (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2025, pagine 70, euro 5) in libreria da ieri, venerdì 30 maggio. Il libro raccoglie le due lettere dedicate da Papa Francesco al ruolo della letteratura nella formazione (17 luglio 2024) e al rinnovamento dello studio della storia della Chiesa (21 novembre 2024). In queste pagine accompagnamo il testo della prefazione con due articoli di commento firmati da Roberto Guttoriello e Antonio Spadaro.
di Lazzaro You Heung-sik*
Mi onora, in qualità di Prefetto del Dicastero per il Clero, poter presentare le Lettere del Santo Padre sul ruolo della letteratura nella formazione (4 agosto 2024) e sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa (21 novembre 2024), che rappresentano due ulteriori autentici doni per la formazione che si fondono in un discorso profondo e articolato sulla nostra esistenza, sulla storia e sulla fede. Questi scritti — segni della premura amorevole del Papa — ci invitano a rivedere il nostro modo di intendere la realtà in cui viviamo e operiamo, superando visioni troppo idealistiche e abbracciando pienamente e con fiducia la complessità del nostro cammino in questo cambiamento d’epoca.
Il messaggio che unisce le due Lettere di Papa Francesco si eleva come un invito a scoprire e a valorizzare quel ponte sottile che unisce il sacro e il profano, la tradizione e l’innovazione, in un dialogo che ravviva la nostra identità cristiana. La letteratura, in tutte le sue forme, diviene strumento privilegiato per interpretare e custodire il patrimonio della nostra fede: essa è testimone della ricerca umana di senso, di bellezza e verità. E, attraverso la parola scritta, il cammino storico della Chiesa si fa più accessibile, illuminando il percorso di coloro che sono chiamati più da vicino a custodire e trasmettere il messaggio evangelico.
Il Santo Padre, con la sua visione pastorale e attenta alle sfide del tempo presente, ci ricorda come l’arte della scrittura possa essere un veicolo di formazione, capace di trasmettere non solo conoscenze, ma anche esperienze di fede autentica, che possono essere fonte d’ispirazione per il nostro ministero. In questo senso, la letteratura non è solo un archivio del passato, ma una linfa vitale per il presente e il futuro della Chiesa, un mezzo per riscoprire le radici della tradizione e per animare il cammino formativo di ogni pastore.
Nella Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, Papa Francesco — partendo dall’esperienza di Paolo nell’Areopago e passando per figure come Basilio di Cesarea, Rahner e Latourelle — evidenzia come nella letteratura «è la vita che prende coscienza di se stessa quando raggiunge la pienezza di espressione, facendo appello a tutte le risorse del linguaggio». La letteratura, a tal fine, si configura come un ponte indispensabile per chi, in sincero dialogo con la cultura del suo tempo e con la concretezza della vita, cerca di cogliere la pluralità diacronica e sincronica di culture e saperi. In un’epoca in cui le interconnessioni e le interdipendenze si manifestano con forza, il Santo Padre ci ricorda l’importanza di non vivere in un eterno «presente senza passato», ma di dare un’anima, una memoria e una storia alle nostre esperienze.
Questa riflessione si intreccia armoniosamente con il messaggio contenuto nella Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, in cui il Papa ci esorta a non cadere in una percezione “angelicata” della nostra vita, ma a riconoscere che, come nella genealogia di Gesù, “nulla è semplificato, cancellato o inventato”, ogni dettaglio — anche i nomi più problematici — trova il suo compimento in Maria e in Cristo. Da questo profondo insegnamento emergono almeno tre caratteristiche fondamentali della fede cristiana, uniche rispetto a ogni altra esperienza religiosa:
La prima: Dio entra in punta di piedi nella storia dell’umanità e dei singoli, innestandoci nella Sua storia salvifica.
La seconda: da questo ingresso scaturisce la necessità di sviluppare una «dimensione storica dell’essere umano» attraverso una reale sensibilità storica, che renda la Chiesa capace di riconoscersi anche nei suoi momenti più oscuri, comprendendo e sanando le macchie e le ferite del mondo.
La terza: il Dio di Gesù Cristo si fa Persona, entrando nella nostra storia non come entità astratta, ma parlando, vivendo, agendo e condividendo emozioni e gesti autentici. In Lui, la storia non si costruisce individualmente, ma in comunione, in una relazione interconnessa e interdipendente che rispecchia la natura stessa della Trinità, perfetta comunità d’amore.
Entrambe le Lettere ci sollecitano a intrecciare le nostre vicende personali e collettive con la storia della Chiesa, affinché il nostro percorso di formazione — sacerdotale, cristiana e umana — sia radicato in una consapevolezza profonda e storicamente informata.
Siamo veramente grati a Papa Francesco per queste parole di sapienza, che sgorgano dal suo cuore di pastore e rappresentano un segno tangibile della sua premura per tutti i ministri ordinati, per i battezzati e per gli agenti pastorali. Questi scritti sono un invito a coltivare con intelligenza e creatività una formazione che ci renda capaci di portare avanti il piano di Dio, in comunione e nel mutuo sostegno che caratterizza il nostro essere popolo di Dio in cammino nel tempo.
In un orizzonte spirituale e formativo, lo studio della storia, e in particolare della storia della Chiesa, ci ricorda che nulla è casuale: ogni vicenda, anche quella più difficile, contribuisce al disegno più grande della salvezza e della crescita umana. In tal senso, la storia diventa una fonte di ispirazione e di rinnovamento, capace di rivelare la presenza di Dio nella continuità della vita. Con il gusto della lettura, il Papa ci invita ad entrare nelle pieghe dell’esistenza, a coltivare l’arte della parola per farne uno strumento di illuminazione e di consolazione, proprio della missione evangelizzatrice della Chiesa.
Con rinnovata fiducia e spirito di servizio, invito ad accogliere queste Lettere di Papa Francesco come stimolo alla riflessione, alla crescita interiore e alla missione, affinché la parola — nella sua forma più autentica, quella della letteratura e della storia — continui a illuminare il cammino di ciascuno. Il mio auspicio è che ciascuno di noi possa trovare nella ricchezza del patrimonio letterario e nello studio appassionato della storia della Chiesa motivi sempre nuovi per abbracciare una visione integrata della vita, che unisce conoscenza, identità, memoria e speranza, per costruire un futuro consapevole e solidale, in armonia con il percorso tracciato dalle generazioni passate e per affrontare le sfide di un mondo in continuo mutamento. Che il dialogo tra la parola scritta e il vissuto ecclesiale diventi, in particolare per i ministri ordinati, uno strumento di rinnovamento e di ravvivata testimonianza della fede, capace di attraversare i secoli e di parlare al cuore di ogni uomo e donna.
*Cardinale, Prefetto del Dicastero per il Clero
Aprire spazi di libertà per coltivare desideri
di Antonio Spadaro
Era da anni che Francesco pensava di firmare una Lettera sull’importanza della letteratura nella formazione dei sacerdoti. Al momento di pubblicarla nell’agosto 2024, però, ha deciso di rivolgerla a tutti. In queste sue pagine sembra abbia dato una forma alla sua esperienza personale di lettore, ma anche di insegnante di letteratura, come fu al Collegio dei gesuiti di Santa Fe, in Argentina.
Il senso fondamentale di questa lettera è semplice: la nostra umanità — e a maggior ragione l’abilità al ministero pastorale — non si forma senza un contatto diretto con le storie raccontate. Abbiamo sviluppato una formazione troppo concettuale perché possa reggere al confronto con l’esperienza: abbiamo perso le parole e ripetiamo le formule. Il nostro linguaggio si è appiattito, e così la nostra immaginazione. La pubblicazione di questa Lettera è stata una decisione forte che riconosce nella pagina letteraria l’apertura di uno spazio interiore di libertà che permette di non chiuderci dentro «poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile». Uno spazio che si apre perfino «quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima», scrive: queste parole sono insieme assolutamente vere e assolutamente sorprendenti.
In particolare, la letteratura ha «a che fare, in un modo o nell’altro, con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita». La chiave del desiderio è fondamentale nella vita spirituale e lo è anche nell’esperienza letteraria. Tutti desideriamo. Desiderare ci accomuna. Quante volte, leggendo prosa o poesia, ci siamo ritrovati in una zona franca dove il nostro desiderio è emerso più liberamente, attratto da una storia o da un personaggio o da un verso che ci ha colpiti particolarmente? Quante volte sentiamo che le parole di uno scrittore dicono ciò che pensiamo e proviamo più di quanto noi stessi siamo in grado di fare? Ci sentiamo “letti” dalla pagina che leggiamo. La lettura di romanzi e poesie, quindi, non è un semplice passatempo, ma un mezzo per esplorare le profondità dell’animo umano e per comprendere meglio sé stessi e gli altri. Un buon libro, infatti, «apre la mente, sollecita il cuore, allena alla vita». Questo processo di apertura e comprensione è essenziale per ogni essere umano. Possiamo identificare almeno tre nuclei fondamentali della sua argomentazione.
Il primo è che per Francesco leggere un testo letterario significa fare esperienza della realtà, della vita, e quindi è innanzitutto provare emozioni, vedere cose. Questo rapporto con la realtà, che è fondamentale per la fede, rappresenta un punto davvero rilevante. Leggere è un modo di aprire la testa e il cuore per capire meglio la realtà. È «una palestra dove allenare lo sguardo», che esercita a «vedere attraverso gli occhi degli altri». Leggere un testo letterario è come ascoltare la voce di qualcuno. Quindi ascoltare la voce, essere aperti, essere in ascolto sono dimensioni fondamentali dell’esistenza che ci aprono all’esperienza degli altri. Leggere le storie allarga la nostra capacità di fare esperienze che altrimenti non faremmo mai. Il campo della nostra esperienza si amplia perché “viviamo” cose che altrimenti mai potremmo vivere (anche le più belle) o vorremmo vivere (anche quelle peggiori). Ci rende sensibili all’esperienza degli altri attraverso quella dei personaggi: «Usciamo da noi stessi per entrare nelle loro profondità, possiamo capire un po’ di più le loro fatiche e desideri, vediamo la realtà con i loro occhi e alla fine diventiamo compagni di cammino», scrive il Papa.
E chiudendo il libro, arrivati alla fine, le storie restano in noi e continuano a vivere con noi. E così i personaggi. E con la poesia impariamo a sviluppare l’esperienza, imparando a nominarla. Anche i Vangeli sono storie. La carne di Cristo è fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti. Il riferimento alla concretezza della narrativa, del raccontare storie, ci abilita a essere sensibili all’incontro «con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia».
Dunque, per Francesco — e questo è il secondo nucleo della sua argomentazione — è creativo anche chi legge, non solamente chi scrive. Nella sua Lettera arriva ad affermare persino che il lettore è coautore, cioè «riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo, usa le sue capacità, la sua memoria, i suoi sogni, la sua stessa storia piena di drammi e simbolismi, e in questo modo ciò che emerge è un’opera ben diversa da quella che l’autore voleva scrivere».
La lettura non è una semplice apprensione, cioè l’apprendimento di qualcosa di esteriore che va inserito all’interno, come se si inserisse il contenuto dentro una scatola, e noi saremmo la scatola. Non è così. Leggere significa riscrivere ciò che un autore ha scritto, diventare autori. Ognuno legge un romanzo, un racconto, una poesia in maniera differente da come possa farlo un altro. Ognuno riscrive le cose alla luce della propria personale esperienza; quindi, si è coinvolti nell’atto della lettura. La lettura è come la partitura musicale in fondo, cioè se non è eseguita non esiste e ogni esecuzione è diversa da un’altra.
Anche perché — e questo è il terno nucleo della sua argomentazione — la lettura attraversa il desiderio. La letteratura ha a che fare con ciò che si desidera dalla vita. Questo ragionamento è molto sottile perché dice che in fondo la lettura è un atto di discernimento che mi aiuta a capire meglio me stesso, e a capire ciò che voglio, ciò che desidero, a comprendere meglio anche i significati stessi della vita. La lettura è presentata come un “esercizio spirituale” che coinvolge mente e cuore, permettendo al lettore di intraprendere un viaggio interiore. Questo percorso favorisce il discernimento e la comprensione profonda della propria vita e del mondo circostante. C’è un riferimento diretto a Proust: se noi non leggiamo è come se scattassimo fotografie senza averle sviluppate. La letteratura ci aiuta a sviluppare queste esperienze della vita che altrimenti non verrebbero sviluppate.
Francesco ha voluto che tutto il suo magistero sulla letteratura fosse raccolto in un volume che ha preso il titolo — da lui formulato — di Viva la poesia! (edizioni Ares). In occasione della sua pubblicazione, il 20 gennaio 2025, ha scritto una lettera autografa nella quale ha espresso un desiderio, un appello, che attende di prendere una forma: «Mi piacerebbe tanto che la poesia salisse in cattedra nelle nostre Università!». E ha pure affermato — e questo vale per tutti — che senza la letteratura siamo come un «frutto secco».
Riflessioni sui doni della tradizione
Con un occhio al passato e uno al futuro
di Roberto Guttoriello*
La storia della Chiesa è come una donna strabica, insegnava anni fa padre Giulio Cipollone dalla cattedra di medievale alla Gregoriana, ha un occhio al passato e l’altro al futuro per vivere il presente. La storia non come vetrina soddisfatta o dolorosa di eventi finiti, ma come radice di un umanesimo integrato.
Il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset scriveva che: «tutto ciò che è umano, in quanto è propriamente umano, è storico e quindi significa che è mobile».
Un dinamismo che rende ogni epoca capace di determinazione.
Una grande e felice sorpresa la Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa di Papa Francesco. Dopo la pubblicazione della Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, il Santo Padre ha ravvisato la necessità di consegnare alla Chiesa di oggi, specie alla formazione dei candidati al presbiterato, degli strumenti ermeneutici per «interpretare meglio la realtà sociale». Storia e Teologia tornano a dialogare.
Propongo delle riflessioni a partire da domande che il documento mi ha suscitato.
Quale il nesso tra storia e Chiesa?
L’impostazione di fondo è chiara: l’ecclesiologia senza storia scade in un «monofisismo ecclesiologico», una concezione disincarnata che, oltre a fornire paradigmi inattuabili, consente letture travisate di una Comunità che invece nei secoli ha fatto proprie «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini», con luci ed ombre, accelerazioni e ritardi, santità e peccato. Il rischio di una teologia senza storia, denunciato già da Yves Congar, è di uno studio poco approfondito della vita della Chiesa, col limite che: «Il duplice ambito dell’azione dei soggetti religiosi e dell’esistenza temporale ha attirato poco l’attenzione dei teologi, che l’hanno affidata ai canonisti, agli autori spirituali, agli apologeti e agli storici».
Il criterio dell’Incarnazione scandisce invece il ritmo di ogni storia credente. Il Verbo si fa storia e l’uomo diventa capace di Dio. Ireneo di Lione annotava: «La gloria di Dio è l’uomo vivente». Nel senso quotidiano di pienezza, nella complessità delle vicende umane, si tesse la trama trinitaria dell’economia della salvezza. Il senso ecclesiologico non può prescindere dal senso dell’umano, ne è costitutivo e programmatico. Il farsi storia della Chiesa non è la cornice di un quadro, ma la tela su cui si legge la trama della salvezza. L’auspicio del Papa è: «l’elaborazione di una ecclesiologia che sia davvero storica e misterica». Come fare? Recuperando una reale sensibilità storica intesa come familiarità con quanto ha preceduto.
Perché quindi il recupero del metodo storico nella Chiesa di oggi?
Lo storico greco Erodoto insegnava che fare storia significa fare ricerca della verità coi propri occhi. Ricerca, verità e coinvolgimento diretto.
In una sana ricerca si individuano le soluzioni idonee alla luce di quell’Ecclesia semper reformanda tanto cara alla storia moderna e ricordata da Papa Francesco. La ricerca impone dinamicità, «andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi». Una Chiesa “ospedale da campo” che accoglie tutti, con la libertà dello Spirito. In un mondo in fiamme, la disponibilità alla ricerca di nuovi modelli, può rendere aderente ed attuale il messaggio del Vangelo.
La verità è conoscenza e trascendenza, affinché l’uomo acquisti la sua piena identità: «Se non si riconosce la verità trascendente, allora trionfa la forza del potere, e ciascuno tende a utilizzare fino in fondo i mezzi di cui dispone per imporre il proprio interesse o la propria opinione, senza riguardo ai diritti dell’altro». La verticalità che incrocia l’orizzontalità restituisce la saggezza di individuare coraggiosi cammini capaci di prossimità e generatività. La verità è capace, inoltre, di formare le coscienze. Il Papa ricorda che: «Se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre, non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi fare solo quello che lui vi dice? Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani». Il corretto senso storico consegna libertà, responsabilità e consapevolezza che sono alla base di virtuosi atti morali.
Ognuno nella personale vocazione è chiamato ad essere protagonista della rivoluzione d’amore del cuore di Cristo: «Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato». E la narcotizzazione del tempo presente in nome dell’autodeterminazione crea sempre più spazi di disgregazione, decostruzione e sottomissione. Essere testimoni richiede invece aver incontrato la bellezza di Gesù Cristo che: «lo ha toccato in profondità, lo ha riempito di una gioia nuova, un nuovo significato per la vita. E questo traspare, si comunica, si trasmette agli altri».
Il necessario recupero del senso storico diventa la testimonianza attuale di una Comunità che vuole cresce e maturare, facendosi carico delle altrui fragilità, nella verità che rende liberi.
Quali le sollecitazioni quindi del documento di Papa Francesco?
Urgente il recupero della memoria, anche perché oggi formalmente ci si ritiene figli di un passato da valorizzare nelle sue acquisizioni e da evitare nelle sue degenerazioni, ma di fatto ciò che si è buttato dalla porta è tornato dalla finestra. È il caso di recrudescenze razziali, di rigurgiti ideologici, di manipolazioni storiche, di nostalgie pericolose, di revisionismi tendenziosi, di mistificazioni istituzionalizzate. Insegniamo l’urgenza della globalità e temiamo di aprirci al diverso. Perciò: «Il ruolo degli storici e la conoscenza dei loro risultati sono decisivi oggi e possono rappresentare uno degli antidoti per fronteggiare questo mortale regime dell’odio che poggia sull’ignoranza e sui pregiudizi».
Il senso storico serve ad aprirsi ai popoli, alle loro diversità e culture. Specie ai drammi subiti: Shoah, Hiroshima e Nagasaki, persecuzioni, schiavitù, massacri etnici. Il ricordo delle lacrime versate deve aprirsi a percorsi di riconciliazione e di pace sociale.
Pertanto, lo studio della storia della chiesa deve seguire un metodo rigoroso evitando tentazioni apologetiche o esaltazioni incoerenti. La teologia è chiamata a dialogare con la storia senza pregiudizi né riduzioni. Gli studenti ad accostarsi alle fonti dirette al fine di evitare precomprensioni teoriche. Ci vorrà passione e coinvolgimento personale e comunitario per amare la Chiesa così com’è, nell’ottica anche di ridare voce agli anonimi e a quanti sconfitti e sopraffatti non hanno più volto né identità.
Ultima bellissima annotazione del Papa: «desidero ricordare che la storia della Chiesa può aiutare a recuperare tutta l’esperienza del martirio, nella consapevolezza che non c’è storia della Chiesa senza martirio e che mai si dovrebbe perdere questa preziosa memoria».
Oggi la Comunità che percezione ha della Storia della Chiesa?
Mi sono permesso di fare un piccolo sondaggio tra miei conoscenti. Una liceale mi scrive che per lei la storia della Chiesa è: «parte di conoscenza degli avvenimenti passati che danno un ulteriore motivo per credere, offrendo la certezza che ciò in cui credo sia reale». Un professionista: «Lo sviluppo complesso, con luci ed anche ombre, di una fede rivoluzionaria che ha posto l’uomo al centro del percorso storico per assicurargli rispetto e salvezza». Un’insegnante: «Radici storiche e prove scientifiche e debitamente documentate della religione cattolica nel mondo». Una mamma: «L’origine di quella che sarà la dimora dei cuori rivolti al Signore. La storia di una tradizione, di una istituzione in continua evoluzione». Un seminarista: «la parte essenziale della Chiesa che rende presente quell’incarnarsi di Cristo nel tempo e nella storia; di come Cristo sostiene e accompagna la Chiesa nel corso dei secoli. La storia non è un libro morto, ma continua a parlare e ad interrogare il presente di ogni uomo affinché dal passato possiamo attingere le coordinate giuste per vivere il “qui ed ora”». Un prete: «Un intreccio indissolubile tra l’umano e il divino». Si riconosce dunque l’urgenza che tale realtà teandrica possa raccontare la bellezza del Vangelo.
Prospettive?
La preziosa lettera del Papa apre gradazioni nuove: dalla storia alla fede, un circolo virtuoso. E che dire se anche le pietre vive, come i beni e gli istituti culturali ecclesiastici, tornassero ad essere luoghi di annuncio e di evangelizzazione? Forse a Messa non abbiamo più tanta gente, al contrario della richiesta di numerosi turisti innamorati delle nostre chiese e delle nostre opere d’arte. Si stanno aprendo forse nuove frontiere di prossimità? Forse l’uomo è ancora assetato di Dio. Il Vangelo continua la sua travolgente freschezza.
*Docente di Storia della Chiesa all’Issr Ss. Apostoli Pietro e Paolo di Capua (Caserta), Vicario Episcopale Diocesi di Sessa Aurunca