· Città del Vaticano ·

Riunite in un libro LEV le lettere di Papa Francesco sulla letteratura e sulla storia

Aprire spazi di libertà
per coltivare desideri

 Aprire spazi di libertà  per coltivare desideri  QUO-125
31 maggio 2025

di Antonio Spadaro

Era da anni che Francesco pensava di firmare una Lettera sull’importanza della letteratura nella formazione dei sacerdoti. Al momento di pubblicarla nell’agosto 2024, però, ha deciso di rivolgerla a tutti. In queste sue pagine sembra abbia dato una forma alla sua esperienza personale di lettore, ma anche di insegnante di letteratura, come fu al Collegio dei gesuiti di Santa Fe, in Argentina.

Il senso fondamentale di questa lettera è semplice: la nostra umanità — e a maggior ragione l’abilità al ministero pastorale — non si forma senza un contatto diretto con le storie raccontate. Abbiamo sviluppato una formazione troppo concettuale perché possa reggere al confronto con l’esperienza: abbiamo perso le parole e ripetiamo le formule. Il nostro linguaggio si è appiattito, e così la nostra immaginazione. La pubblicazione di questa Lettera è stata una decisione forte che riconosce nella pagina letteraria l’apertura di uno spazio interiore di libertà che permette di non chiuderci dentro «poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile». Uno spazio che si apre perfino «quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima», scrive: queste parole sono insieme assolutamente vere e assolutamente sorprendenti.

In particolare, la letteratura ha «a che fare, in un modo o nell’altro, con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita». La chiave del desiderio è fondamentale nella vita spirituale e lo è anche nell’esperienza letteraria. Tutti desideriamo. Desiderare ci accomuna. Quante volte, leggendo prosa o poesia, ci siamo ritrovati in una zona franca dove il nostro desiderio è emerso più liberamente, attratto da una storia o da un personaggio o da un verso che ci ha colpiti particolarmente? Quante volte sentiamo che le parole di uno scrittore dicono ciò che pensiamo e proviamo più di quanto noi stessi siamo in grado di fare? Ci sentiamo “letti” dalla pagina che leggiamo. La lettura di romanzi e poesie, quindi, non è un semplice passatempo, ma un mezzo per esplorare le profondità dell’animo umano e per comprendere meglio sé stessi e gli altri. Un buon libro, infatti, «apre la mente, sollecita il cuore, allena alla vita». Questo processo di apertura e comprensione è essenziale per ogni essere umano. Possiamo identificare almeno tre nuclei fondamentali della sua argomentazione.

Il primo è che per Francesco leggere un testo letterario significa fare esperienza della realtà, della vita, e quindi è innanzitutto provare emozioni, vedere cose. Questo rapporto con la realtà, che è fondamentale per la fede, rappresenta un punto davvero rilevante. Leggere è un modo di aprire la testa e il cuore per capire meglio la realtà. È «una palestra dove allenare lo sguardo», che esercita a «vedere attraverso gli occhi degli altri». Leggere un testo letterario è come ascoltare la voce di qualcuno. Quindi ascoltare la voce, essere aperti, essere in ascolto sono dimensioni fondamentali dell’esistenza che ci aprono all’esperienza degli altri. Leggere le storie allarga la nostra capacità di fare esperienze che altrimenti non faremmo mai. Il campo della nostra esperienza si amplia perché “viviamo” cose che altrimenti mai potremmo vivere (anche le più belle) o vorremmo vivere (anche quelle peggiori). Ci rende sensibili all’esperienza degli altri attraverso quella dei personaggi: «Usciamo da noi stessi per entrare nelle loro profondità, possiamo capire un po’ di più le loro fatiche e desideri, vediamo la realtà con i loro occhi e alla fine diventiamo compagni di cammino», scrive il Papa.

E chiudendo il libro, arrivati alla fine, le storie restano in noi e continuano a vivere con noi. E così i personaggi. E con la poesia impariamo a sviluppare l’esperienza, imparando a nominarla. Anche i Vangeli sono storie. La carne di Cristo è fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti. Il riferimento alla concretezza della narrativa, del raccontare storie, ci abilita a essere sensibili all’incontro «con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia».

Dunque, per Francesco — e questo è il secondo nucleo della sua argomentazione —  è creativo anche chi legge, non solamente chi scrive. Nella sua Lettera arriva ad affermare persino che il lettore è coautore, cioè «riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo, usa le sue capacità, la sua memoria, i suoi sogni, la sua stessa storia piena di drammi e simbolismi, e in questo modo ciò che emerge è un’opera ben diversa da quella che l’autore voleva scrivere».

La lettura non è una semplice apprensione, cioè l’apprendimento di qualcosa di esteriore che va inserito all’interno, come se si inserisse il contenuto dentro una scatola, e noi saremmo la scatola. Non è così. Leggere significa riscrivere ciò che un autore ha scritto, diventare autori. Ognuno legge un romanzo, un racconto, una poesia in maniera differente da come possa farlo un altro. Ognuno riscrive le cose alla luce della propria personale esperienza; quindi, si è coinvolti nell’atto della lettura. La lettura è come la partitura musicale in fondo, cioè se non è eseguita non esiste e ogni esecuzione è diversa da un’altra.

Anche perché — e questo è il terno nucleo della sua argomentazione — la lettura attraversa il desiderio. La letteratura ha a che fare con ciò che si desidera dalla vita. Questo ragionamento è molto sottile perché dice che in fondo la lettura è un atto di discernimento che mi aiuta a capire meglio me stesso, e a capire ciò che voglio, ciò che desidero, a comprendere meglio anche i significati stessi della vita. La lettura è presentata come un “esercizio spirituale” che coinvolge mente e cuore, permettendo al lettore di intraprendere un viaggio interiore. Questo percorso favorisce il discernimento e la comprensione profonda della propria vita e del mondo circostante. C’è un riferimento diretto a Proust: se noi non leggiamo è come se scattassimo fotografie senza averle sviluppate. La letteratura ci aiuta a sviluppare queste esperienze della vita che altrimenti non verrebbero sviluppate.

Francesco ha voluto che tutto il suo magistero sulla letteratura fosse raccolto in un volume che ha preso il titolo — da lui formulato — di Viva la poesia! (edizioni Ares). In occasione della sua pubblicazione, il 20 gennaio 2025, ha scritto una lettera autografa nella quale ha espresso un desiderio, un appello, che attende di prendere una forma: «Mi piacerebbe tanto che la poesia salisse in cattedra nelle nostre Università!». E ha pure affermato — e questo vale per tutti — che senza la letteratura siamo come un «frutto secco».