
«La Chiesa senza le donne crolla» dichiarò Papa Francesco, con una franchezza che sorprese molti. Parole forti, che rappresentarono uno snodo importante in un cammino lungo e complesso, iniziato oltre sessanta anni fa con le 23 uditrici del concilio Vaticano II. Oggi, con l'elezione di Papa Leone XIV, la questione femminile nella Chiesa si trova a un nuovo possibile punto di svolta. Da un lato, la voce delle donne si sente sempre più spesso nei corridoi vaticani, con nomine che erano impensabili solo vent'anni fa. Dall’altro, il tema dell'accesso al diaconato resta allo studio ma al momento senza prospettive di aperture e questo alimenta discussioni nel panorama ecclesiale attuale, generando anche posizioni diverse – per adesso senza punto di sintesi – tra le stesse donne cattoliche.
Mentre le suore gestiscono ospedali, scuole e opere di carità in tutto il mondo – alcune governano congregazioni grandi come multinazionali – e sempre più donne occupano cattedre di teologia, elaborano studi e orientano il pensiero, la questione del loro ruolo nella Chiesa rimane un terreno di confronto acceso, una cartina di tornasole che rivela visioni diverse. Cosa è cambiato dal concilio Vaticano II a oggi?
Ripercorrendo i pontificati degli ultimi sessant’anni, emerge un cammino di aperture graduali ma anche di resistenze tenaci, riflesso di una Chiesa in bilico tra tradizione e rinnovamento. Un percorso segnato da continuità dottrinale – tutti i pontefici hanno mantenuto ferma la posizione sul sacerdozio riservato agli uomini – ma anche da progressivi passi avanti sul piano pratico, con un ampliamento (per quanto lento e spesso ostacolato) degli spazi di partecipazione femminile.
La breccia fu aperta da Papa Giovanni XXIII, che nella Pacem in Terris (1963) segnò un punto di svolta nella dottrina sociale cattolica. In quest’enciclica, il pontefice identificò esplicitamente l’emancipazione femminile come uno dei «segni dei tempi» positivi, e affermò la dignità della persona umana senza distinzioni di genere. Riconobbe il diritto delle donne a condizioni di lavoro adeguate alle loro esigenze e ai loro ruoli di spose e madri, sostenne la piena partecipazione alla vita pubblica, sociale e politica, in condizioni di uguaglianza con gli uomini.
Il pontificato di Paolo VI si collocò in un periodo di profondi cambiamenti sociali: emersero i movimenti femministi e si fece sempre più forte la domanda di parità di diritti. In questo contesto, il Papa – che nel Messaggio alle donne alla chiusura del concilio (1965) scrisse: «Spetta a voi salvare la pace del mondo!»– avviò un primo significativo dialogo sulla questione femminile, affermando con chiarezza la pari dignità tra uomo e donna, entrambi creati a immagine di Dio. Montini, grande timoniere del concilio, iniziò ad aprire alcuni ruoli ecclesiali alle donne, pur mantenendo netta la distinzione riguardo ai ministeri ordinati. Compì anche un gesto simbolicamente rilevante proclamando, nel 1970, le prime due donne Dottori della Chiesa: santa Teresa d'Ávila e santa Caterina da Siena. Il suo approccio, fondato sulla tradizione cristiana, attribuiva grande valore alla maternità come vocazione femminile specifica, ma riconosceva che l’identità della donna non si esaurisce in essa. Nella lettera apostolica Inter Insigniores (1976), ribadì l’impossibilità dell’ordinazione sacerdotale delle donne. Con Giovanni Paolo II la riflessione teologica si fece più articolata. Nel 1988 pubblicò l’importante lettera apostolica Mulieris Dignitatem, in cui sosteneva la complementarità tra uomo e donna e il ruolo specifico della donna nella Chiesa e nella società; nel 1995 scrisse la Lettera alle donne, in cui si legge: «La Chiesa vede in Maria la massima espressione del ‘genio femminile’». Nel 1994, con la lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis, confermò la posizione tradizionale sul sacerdozio maschile, dichiarando che la Chiesa non aveva l’autorità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne e che tale decisione doveva considerarsi definitiva. Nel 1997 proclamò Dottore della Chiesa Teresa di Lisieux.
Il pontificato di Benedetto XVI proseguì sulla scia del predecessore, ribadì il valore insostituibile della donna nella Chiesa, pur confermando le posizioni tradizionali sui ruoli ministeriali. Papa Ratzinger valorizzò figure femminili come sante, teologhe e mistiche, proclamando Ildegarda di Bingen Dottore della Chiesa nel 2012. Nel suo magistero sottolineò la complementarità tra uomo e donna, rigettando le teorie del gender e proponendo una visione antropologica fondata sulla differenza naturale tra i sessi.
Con Papa Francesco si è assistito a un cambio di passo significativo che, pur senza modificare la dottrina sui ministeri ordinati, ha introdotto cambiamenti concreti e aperto nuove prospettive. Le sue critiche al “machismo” ecclesiale e il richiamo alla necessità di “smaschilizzare” la Chiesa hanno impresso un tono nuovo al dibattito. Francesco ha nominato donne laiche in posizioni di responsabilità mai affidate prima a figure femminili, e ha istituito due commissioni sul diaconato femminile, riaprendo un dibattito teologico e storico sul tema. Tuttavia, è stato anche criticato per la mancanza di decisioni definitive in merito. Il suo pontificato ha confermato la posizione sul sacerdozio femminile, ma ha rappresentato un tentativo di cambiare lo stile di leadership e di dare maggiore voce e spazio alle donne nei processi decisionali della Chiesa.
Le donne cattoliche, le cui aspettative sono cresciute considerevolmente, vivono oggi questo stato di fatto con sentimenti contrastanti: alcune apprezzano i passi compiuti, altre li ritengono insufficienti; alcune condividono la visione tradizionale dei ruoli ministeriali, altre auspicano cambiamenti radicali.
L’elezione di Papa Leone XIV apre ora un nuovo capitolo nella storia della Chiesa. La sua storia, le sue prime parole, i suoi primi gesti e incontri indicano un uomo di dialogo, di pace e di giustizia. Di speranza.
«Vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri», ha sottolineato nell’omelia della messa di inizio pontificato. Ma la strada è «da fare insieme: tra di noi, con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». La sua prima nomina in Curia è femminile, e di peso: suor Tiziana Merletti, delle Suore Francescane dei Poveri, è segretaria del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Di cui è Prefetta suor Simona Brambilla.
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Donne Chiesa Mondo di questo mese parla del tema del Giubileo: la speranza. Che non è attesa passiva, ma forza che spinge all’azione. Che rappresenta il bisogno profondo dell’essere umano di non essere manipolato, di resistere, ed è la scintilla che permette di immaginare e costruire una società più umana.
Chi spera non attende il cambiamento, ma lo rende possibile.
In questo numero speciale parlano tante donne che incarnano questa speranza militante. Tra loro: suor Norma Pimentel, “l’angelo dei migranti” al confine Usa -Messico; la poetessa Carmen Yáñez, sopravvissuta al carcere e alle torture del regime di Pinochet, e che – come il marito, lo scrittore Luis Sepúlveda – ha fatto della testimonianza un dovere e della memoria un’arma di giustizia; e suor Rosemary Nyirumbe, che in Africa centrale ridona dignità e futuro alle bambine soldato.