Alina salvata

di Eleonora Mancini
Nel 1992 il regime di Ceaucescu è caduto da poco, a Bucarest la vita è dura e la notte ha i suoi fantasmi. Un ragazzo bello di bellezza mediorientale, arrivato da poco in Romania, vaga nei dintorni della stazione centrale. Si chiama Miloud, è un artista di strada e con uno svolazzo di dita fa meraviglie. Mentre cammina tra i binari, una lingua di vapore sfiata dai canali sotterranei. Miloud è assorto sugli arabeschi quando una figuretta si staglia tra i fumi e il nero della notte e scompare, come per magia. Ma Miloud conosce le magie e sa che non esistono. Dev’essere un bambino, reale quanto la sua mano che si tende ad afferrare un braccino ossuto.
È uno dei tanti incontri che Miloud Oukili, artista circense franco-tunisino, ha avuto a Bucarest con gli oltre quattromila ragazzi di strada che popolavano i canali sotterranei della città. Attraverso la sua Ong Parada, ha insegnato le arti circensi come possibilità di riscatto e ha contribuito a recuperare un’intera generazione di infanzia violata.
In una Bucarest primaverile e ancora inquieta parlo con Alina, una dei ragazzi di Miloud, e con Franco Aloisio, presidente di Parada dal 2013 e tra i più autorevoli e stimati attivisti sociali italiani in Romania. Alina oggi ha 41 anni, è minuta e della vita che ci allieta con le prime fioriture ha conosciuto gli aspetti più atroci: «Sono cresciuta in un orfanotrofio, avevo tre settimane quando mi hanno abbandonata. Eravamo affidati ad alcuni educatori. La notte Domnul Nicu e Domnul Marian piombavano in camera con i bastoni e ci picchiavano. Così, senza ragione. Ho visto alcuni di noi morire per le violenze. Poi prendevano qualcuno e violentavano. Quante volte abbiamo subìto».
È il calvario toccato ai tanti bambini figli del decreto 770 con cui il dittatore Ceaucescu intendeva raddoppiare la forza lavoro per rilanciare l’economia entro il 2000. La disposizione fu perseguita con particolare ferocia dalla “polizia mestruale”, che monitorava i periodi di fertilità delle donne. «I feti sono di proprietà dello stato» recitava lo slogan, mentre il numero medio di figli per donna arrivava a quattro ma senza garantire alle famiglie il necessario per sopravvivere.
Molti genitori furono costretti a cedere i bambini allo stato che li relegò in orfanotrofi-lager. «Miseria e abusi costringevano i ragazzi a scappare dagli istituti - spiega Aloisio - Nelle città venivano disprezzati alla stregua di cani randagi, l’unico rifugio erano i canali sotterranei riscaldati dai tubi dell’acqua. Lì, in quel mondo sotterraneo, soffocante di calore e sporcizia esisteva un’umanità drammaticamente speculare: i ragazzi uscivano solo per compiere furtarelli e soprattutto per procurarsi l’aurolac, il solvente chimico che sniffavano per alleviare fatica e fame. Ne erano tutti disperatamente dipendenti».
Dal 1992 Miloud dedica a loro il suo mestiere di clown e crea una compagnia circense. I ragazzi si allenano nei parchi pubblici prossimi ai tombini di ingresso ai canali, molti hanno talento e un incredibile senso dell’equilibrio: le scale ripide, i pertugi sotterranei e la magrezza dovuta alla malnutrizione li rendono particolarmente agili.
Alina ha dieci anni quando incontra i ragazzi di Parada: «Venivano in orfanotrofio con il loro naso di plastica rosso, “contro l’indifferenza” dicevano. Miloud lanciava in aria le clavette che tornavano nella sua mano come addomesticate. “Insegnami! Resta con noi per sempre” lo supplicavo. A diciotto anni mi hanno mandato via dall’orfanotrofio, sono finita in strada e sono scesa nei canali. Ci arrangiavamo a vivere. Ricordo una vasca di manutenzione che riempivamo di acqua calda, era la nostra piscina. E la discoteca: per le luci tiravamo un filo elettrico dai cartelloni pubblicitari e ballavamo con un mangianastri. Ma la vita era quella delle bestie ferite, ci azzannavamo l’un l’altro. Poi la droga: annientata, guardavo la luce che filtrava in alto e pensavo che non sarei mai più riuscita a salire. Ancora una volta mi ha salvata Parada. Guardate le foto della piramide umana: quella in alto piccola sono io. Mi alzo in equilibrio sugli altri e mi sento così: sicura di essere sicura».
Franco Aloisio organizza la prima tournée dei ragazzi in Sicilia, un progetto con la comunità di recupero del carcere Malaspina di Palermo. Alina vive un’esperienza affettiva straordinaria: «Ho conosciuto Vittorio, un carabiniere dal cuore d’oro. Vittorio mi ha fatto sentire protetta, avrei tanto voluto esser adottata da lui ma ci siamo persi. Vorrei fargli sapere che gli ho voluto bene come a un padre».
Sono seguite molte altre tournée di Parada in tutto il mondo e la storia è stata narrata dal cinema: Pa-ra-da di Marco Pontecorvo del 2008 e The jockers di Michela Scolari del 2022. Alina ha vissuto in alloggi sociali e con Parada insegna giocoleria a minori in situazioni di disagio. Soffre di numerose patologie causate dalle violenze subite e è costretta a frequenti ricoveri ospedalieri: «Ora mi danno l’assistenza necessaria, c’è un medico molto bravo che mi segue. Lavoro in un budget hotel gestito da una ricca famiglia che mi ha anche portato negli Stati Uniti come domestica. Conoscono la mia storia, ma spesso non riesco a sostenere il carico di lavoro. Mi danno anche un alloggio. Insieme a un piccolo sussidio statale metto insieme circa 600 euro al mese con cui vivo… immaginate come”.
Ha due sogni, Alina. Il primo è avere un figlio, ma purtroppo non può averne, gli abusi sono stati un trauma psicologico e fisico. Nei canali ha incontrato Ricky, di cui si prende cura da molti anni. «Ricky aveva una famiglia, ma questo non ci ha impedito di affezionarci. Ogni tanto lo prendevo, cercavo di proteggerlo da quella vita. Ora Ricky è grande ed è il figlio che non posso avere». Pensando al suo secondo sogno, Alina si commuove: «Vorrei una casa mia e prego tanto per questo. Ho incontrato Papa Francesco nel 2016 al Giubileo degli Artisti dove eravamo stati invitati dal Circo Orfei. Aveva una forza speciale.. Ora gli chiedo di parlare con Dio perché mi dia una casa, piccola ma che sia mia».
Alina prega molto. Le domando chi le abbia insegnato e la sua risposta mi lascia attonita: «Doamna Miruna, un’educatrice dell’orfanotrofio. Ci picchiava selvaggiamente, però ci portava in chiesa. Mi ha insegnato a tenere un piccolo altare». Aggiunge poi, quasi con leggerezza: «Miruna si è ammalata di cancro e per me è stato un dolore, mi manca e prego moltissimo per lei». La guardo e ho un brivido, come davanti a un salto mortale, solo che Alina è di più. È un’acrobata dello spirito, un volo di speranza, speranza per chiunque.