Rilanciare l’unità

«Nel contesto del nostro mondo dilaniato dalla guerra, il nostro continuo cammino di guarigione e di rafforzamento della fraternità svolge un ruolo fondamentale, perché più i cristiani saranno uniti, più efficace sarà la nostra testimonianza a Cristo». È la ferma convinzione espressa da Leone XIV nel messaggio diffuso ieri, giovedì 29 maggio, in occasione della commemorazione dei 500 anni del movimento anabattista, svoltasi a Zurigo, in Svizzera, sul tema “Il coraggio di amare”, nell’ambito della Conferenza mondiale mennonita. Di seguito il testo pontificio in una nostra traduzione dall’inglese.
Ai partecipanti
alla commemorazione
dei 500 anni
del movimento anabattista
Zurigo
Mentre siete riuniti per commemorare i 500 anni del movimento anabattista, vi saluto cordialmente, cari amici, con le prime parole pronunciate da Gesù risorto: «Pace a voi!» (Gv 20, 19).
Nella gioia della nostra celebrazione della Pasqua, come possiamo non riflettere sull’apparizione di Cristo la sera di quel «primo giorno della settimana» (ibidem), quando Gesù non solo entrò attraverso muri e porte chiuse, ma penetrò anche nei cuori timorosi dei suoi discepoli. Inoltre, nell’impartire il suo grande dono della pace, Cristo fu attento all’esperienza dei discepoli, suoi amici, e non nascose i segni della sua Passione ancora visibili nel suo corpo glorioso.
Accogliendo la pace del Signore e accettando la sua chiamata, che include l’apertura ai doni dello Spirito Santo, tutti i seguaci di Gesù possono immergersi nella radicale novità della fede e della vita cristiana. In effetti, un tale desiderio di rinnovamento caratterizza il movimento anabattista stesso.
Il motto scelto per la vostra celebrazione, “Il coraggio di amare”, ci ricorda, soprattutto, la necessità per cattolici e mennoniti di compiere ogni sforzo per vivere il comandamento dell’amore, la chiamata all’unità cristiana e il mandato di servire il prossimo. Sottolinea inoltre la necessità di onestà e gentilezza nel riflettere sulla nostra storia comune, che include ferite dolorose e narrazioni che ancora oggi influenzano le relazioni e le percezioni tra cattolici e mennoniti. Quanto è importante, quindi, quella purificazione dei ricordi e quella rilettura comune della storia che possono permetterci di curare le ferite del passato e costruire un nuovo futuro attraverso il “coraggio di amare”. Anzi, solo così il dialogo teologico e pastorale può recare frutto, un frutto duraturo (cfr. Gv 15, 16).
Non è certo un compito facile! Eppure, è stato proprio in particolari momenti di prova che Cristo ha rivelato la volontà del Padre: è stato quando, sfidato dai farisei, ci ha insegnato che i due comandamenti più grandi sono amare Dio e il prossimo (cfr. Mt 22, 34-40); è stato alla vigilia della sua Passione, quando ha parlato del bisogno di unità: «affinché tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Il mio augurio per ciascuno di noi, quindi, è che possiate dire, citando Sant’Agostino: «Ogni mia speranza è posta nell’immensa grandezza della tua misericordia. Da’ ciò che comandi e comanda ciò che vuoi» (Confessioni, X, 29.40).
Infine, nel contesto del nostro mondo dilaniato dalla guerra, il nostro continuo cammino di guarigione e di rafforzamento della fraternità svolge un ruolo fondamentale, perché più i cristiani saranno uniti, più efficace sarà la nostra testimonianza a Cristo, Principe della Pace, nella costruzione di una civiltà di incontro dell’amore.
Con questi sentimenti, assicuro tutti voi della mia preghiera affinché i nostri rapporti fraterni si approfondiscano e crescano. Su ciascuno di voi invoco la gioia e la serenità che provengono dal Signore risorto.
Vaticano, 23 maggio 2025
Leone P.P. XIV