Pianeta verde

Nel 2024, la perdita di foreste tropicali primarie è raddoppiata a causa degli incendi, che hanno distrutto 6,7 milioni di ettari di biomi incontaminati. A facilitare l’azione devastatrice del fuoco sono state le temperature elevate, le più alte mai registrate nella storia. Secondo i dati diffusi da Global forest watch nel rapporto 2025, il mondo ha registrato un aumento del 5% della perdita di copertura arborea rispetto al 2023, equivalente a 30 milioni di ettari. Per darci un elemento di raffronto si tratta di una superficie che equivale a quella dell’Italia.
Di fronte a una catastrofe ambientale di tale portata, peraltro prevedibile in assenza di azioni concrete per mitigare i cambiamenti climatici, addolora rileggere uno dei primi paragrafi dell’enciclica Laudato si’ a dieci anni dalla sua pubblicazione. Scriveva Papa Francesco, ricordando quei polmoni della Terra che sono l’Amazzonia e il bacino fluviale del Congo: «È ben nota l’importanza di questi luoghi per l’insieme del pianeta e per il futuro dell’umanità. Gli ecosistemi delle foreste tropicali hanno una biodiversità di grande complessità, quasi impossibile da conoscere completamente, ma quando queste foreste vengono bruciate o rase al suolo per accrescere le coltivazioni, in pochi anni si perdono innumerevoli specie, o tali aree si trasformano in aridi deserti».
Tra i record negativi del 2024 l’Amazzonia si trova in prima posizione avendo registrato la maggiore perdita dal 2016. In questa regione è il Brasile ad aver perso la maggiore massa forestale, pari al 42% del totale registrato a livello mondiale. Segue la Bolivia con la perdita di 1,5 milioni di ettari di foresta primaria. In questi Paesi più della metà degli incendi sono da attribuirsi all’azione dell’uomo allo scopo di recuperare terreni destinati alla coltivazione di soia, bestiame e canna da zucchero. In Colombia, invece, è stata l’attività estrattiva illegale e la produzione di coca a far aumentare del 50% la perdita del patrimonio forestale. Lo stesso Bacino del Congo, nel cuore dell’Africa, ha registrato i livelli più alti di perdita di foresta primaria da sempre, colpevole il mix micidiale di caldo, siccità, povertà, guerra e dipendenza dalle foreste per cibo ed energia.
Per la prima volta da quando Global forest watch ha iniziato a registrare i dati, si sono verificati incendi di grandi dimensioni tanto nelle foreste tropicali che in quelle boreali.
Il rapporto rivela, inoltre, che paradossalmente la situazione è peggiorata dopo che i leader di oltre 140 paesi hanno firmato la Dichiarazione di Glasgow, nel 2021, e si sono impegnati a fermare la perdita di foreste entro il 2030. Dei 20 Paesi con la più grande superficie di foresta primaria ben 17 hanno subito perdite maggiori rispetto a quando è stato firmato l’accordo. Solo due paesi, l’Indonesia e la Malesia hanno mostrato segnali di progresso nel Sud-est asiatico: il primo ha ridotto le perdite dell'11% e il secondo ha registrato un calo del 13%.
Tra il 10 e il 21 novembre la comunità internazionale tornerà a riunirsi in occasione della Cop30, la conferenza delle parti delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici e lo farà proprio nell’Amazzonia brasiliana, a Belém. Per le organizzazioni della società civile impegnate nella tutela dell’ambiente e della biodiversità sarà una nuova occasione per spingere i governi a un maggiore impegno nel frenare la deforestazione. Un confronto quanto mai urgente se si pensa che a livello globale gli incendi del 2024 hanno emesso 4,1 gigatonnellate di gas serra, più di 4 volte le emissioni prodotte da tutti i viaggi aerei del 2023 e che la perdita delle superfici forestali dell’anno scorso ha fatto guadagnare al mondo oltre tre miliardi di tonnellate di inquinamento da CO2, superando le emissioni dell'India derivanti dall'uso di combustibili fossili nello stesso periodo. Il che significa che le temperature ora aumenteranno ancora più rapidamente. (stefano leszczynski)