
di Beatrice Guarrera
«La situazione umanitaria a Gaza è catastrofica, siamo davvero alla fine della corsa, siamo alle ultime battute». Tra il frastuono dei droni che sorvolano ininterrottamente la Striscia, arriva la ferma denuncia di Martina Marchiò, responsabile medica di Medici Senza Frontiere (Msf) a Gaza City. «C’è un bisogno immediato di un cessate-il-fuoco e di una riapertura dei confini per far entrare gli aiuti in maniera massiccia e continuativa», afferma Marchiò, parlando ai media vaticani. La situazione nelle strutture mediche diventa ogni giorno più complicata, riferisce Msf, e anche gli aiuti che sono stati fatti entrare nella Striscia sono totalmente insufficienti per gli oltre due milioni di abitanti.
«Almeno 20 strutture mediche a Gaza sono state danneggiate o costrette a chiudere parzialmente o completamente nell’ultima settimana — riporta un comunicato della ong diffuso ieri — a causa dell’avanzata delle operazioni di terra israeliane, dell’intensificarsi dei raid aerei e degli ordini di evacuazione». Uomini, donne e bambini continuano ad avere un disperato bisogno di cure mediche e aiuti, mentre si ritrovano «ogni giorno a doversi spostare a causa dei pesanti attacchi violenti e brutali in più parti della Striscia contemporaneamente e a causa degli ordini di evacuazione massicci», conferma la responsabile medica. «Lo spazio è disponibile sempre di meno — denuncia Marchiò — le persone si affollano in ogni centimetro di terra rimasta e questo ovviamente vuol dire che i pochi ospedali rimasti in piedi e I pochi ambulatori devono rispondere a dei bisogni sempre crescenti». Continuano infatti senza sosta i bombardamenti israeliani su Gaza, ormai ridotta alle macerie, con il bollettino dei morti e feriti che aumenta sempre di più. «I pochi ospedali parzialmente funzionanti — afferma Marchiò — e gli ambulatori sono completamente sovraffollati dai pazienti che arrivano con patologie legate alla salute primaria, alla malnutrizione, alle malattie croniche e a tanto altro». La popolazione sopravvive a stento: «Non c’è più da mangiare e si fa fatica a trovare dell’acqua pulita e si fa fatica ad accedere alle cure mediche salvavita e alle cure mediche di base». Secondo il ministero della salute di Gaza, a seguito dell’assedio dell’Indonesian Hospital, tutti gli ospedali pubblici nel nord di Gaza sono ora fuori servizio. L’aumento del 150%, negli ultimi giorni, dei pazienti giunti all’ospedale da campo di Msf a Deir Al Balah, nel centro sud della Striscia, non fa che confermare questa situazione allarmante.
Al sud, a Khan Younis il 19 maggio gli attacchi israeliani hanno colpito anche il complesso ospedaliero Nasser — per la terza volta in 2 mesi — a 100 metri dall’unità di terapia intensiva e dal reparto di degenza gestiti da Msf. Per ridurre i rischi, i team della ong sono stati costretti a chiudere temporaneamente il reparto ambulatoriale e la sala di sedazione, oltre che a sospendere le attività di fisioterapia e di salute mentale, essenziali per i pazienti ustionati, la maggior parte dei quali sono bambini.
«C’è bisogno in questo momento di una presa di posizione importante da parte della comunità internazionale — conclude Marchiò — purtroppo non c’è più tempo, non ce n’è più per nessuno. È arrivato il momento di rendersene conto e di mettere la parola fine a questa violenza che dura ormai da oltre 20 mesi».