L’inizio del Ministero petrino del Vescovo di Roma Leone XIV
Gioia e commozione

di Lorena Leonardi
«Tu es Petrus…». L’antifona intonata dal coro della Cappella musicale pontificia “Sistina” si leva dal sagrato della basilica Vaticana per diffondersi possente attraverso piazza San Pietro e, partendo dal cuore della cristianità stretto nell’abbraccio del Colonnato del Bernini, raggiunge l’intera Chiesa universale. Da ogni angolo della terra essa si è ritrovata qui il 18 maggio, quinta domenica di Pasqua, per partecipare gioiosa e unita alla solenne celebrazione per l’inizio del ministero petrino del suo Pastore, Papa Leone XIV.
Il suono delle campane alle 9 accompagna il Pontefice all’uscita dal Palazzo del Sant’Uffizio, dove risiede attualmente, mentre sale sulla vettura bianca scoperta per il suo primo giro in papamobile. Un autentico bagno di folla tra i presenti: dapprima centomila, poi centoncinquantamila, infine oltre duecentomila, che hanno occupato anche le aree circostanti.
Dal piazzale Petriano, attraversando l’Arco delle Campane, il veicolo elettrico con il Papa a bordo entra in piazza San Pietro: il brusio dell’attesa si tramuta in un boato di emozione e applausi. Numerose bandiere statunitensi, altrettante peruviane, ma vessilli di ogni nazionalità vengono sventolati dai fedeli, parecchi a capo coperto sotto al sole romano di metà maggio. Spicca qualche striscione “Viva il Papa”, la folla gioisce mentre Leone XIV saluta e sorride dalla vettura che lo conduce tra i vari reparti, per poi imboccare via della Conciliazione. Nonostante le transenne, fedeli, ma anche pellegrini giubilari e semplici turisti consapevoli di prendere parte a un avvenimento di portata storica accorrono al suo passaggio e lo acclamano: il Pontefice tocca piazza Pia, blindatissima sin dall’alba, e da lì inizia il percorso a ritroso.
Nel frattempo nella “sua” Chiclayo, dove è notte fonda, migliaia di persone aspettano di seguire la messa su un maxischermo posto davanti alla cattedrale di Santa Maria.
Al termine del lungo giro in papamobile, Leone XIV dal braccio di Costantino in ascensore raggiunge la Cappella della Pietà, nella basilica Vaticana, per rivestire i paramenti.
I cardinali concelebranti si dispongono in due semicerchi concentrici attorno all’altare della Confessione: lì attendono il Romano Pontefice i patriarchi di Antiochia dei greco-melkiti Youssef Absi, di Antiochia dei siri Ignace Youssif III Younan, di Alessandria dei copti Ignace Ibrahim Sidrak, di Baghdad dei caldei, cardinale Louis Raphaël Sako, e di Cilicia degli armeni Raphaël Bedros XXI Minassian.
Insieme ai capi delle Chiese orientali cattoliche, suggellando un momento di intensa comunione, Leone XIV scende al Sepolcro di San Pietro, dove si trovano il Pallio, l’Anello del Pescatore e il Libro dei Vangeli. Con il pastorale appartenuto a san Giovanni Paolo II — del quale nello stesso giorno ricorre l’anniversario della nascita — Leone XIV sosta in preghiera, infonde l’incenso nel turibolo e incensa il Trophaeum apostolico, a rimarcare il legame del Vescovo di Roma con Pietro e il suo martirio, proprio laddove il primo Vicario di Cristo ha testimoniato la fede con il sangue.
Due diaconi prendono il Pallio, l’Anello del Pescatore e il Libro dei Vangeli e si avviano in processione verso l’altare della celebrazione, allestito sul sagrato della basilica. Sulle litanie delle Laudes Regiæ, invocanti l’intercessione dei Pontefici santi, dei martiri e dei santi e delle sante della Chiesa romana, Leone XIV risale dalla cripta e si unisce alla processione degli oltre quattromila concelebranti tra cardinali, vescovi e sacerdoti. Dal cancello centrale della basilica pende l’arazzo della pesca miracolosa — una riproduzione del manufatto fiammingo realizzato per la Cappella Sistina su un cartone di Raffaello Sanzio e conservato nei Musei Vaticani — raffigurante il dialogo di Gesù con Pietro, a cui si fa esplicito riferimento nella liturgia della Parola e nei testi della celebrazione.
All’altare è collocata l’effigie della Madonna del Buon Consiglio del Santuario mariano di Genazzano, cui il Pontefice agostiniano è particolarmente legato, tanto da averla visitata nella sua prima uscita dal Vaticano, lo scorso 10 maggio.
Dopo la benedizione e l’aspersione dell’acqua benedetta, viene intonato il “Gloria”, seguito dall’orazione colletta, con il richiamo al disegno del Padre di edificare la sua Chiesa «sulla roccia di Pietro».
La lettura che apre la Liturgia della Parola è il brano in spagnolo degli Atti degli Apostoli in cui Pietro annuncia che Cristo è «la pietra scartata dai costruttori» divenuta «la pietra d’angolo»; la seconda lettura, in inglese, è tratta dalla Prima Lettera di Pietro ed evidenzia il legame tra questi, la Chiesa di Roma e il ministero del suo Successore.
Un diacono porta il Libro dei Vangeli all’ambone e si procede alla lettura di una pagina di Giovanni proclamata in latino e in greco: è uno dei testi fondanti lo speciale e personale compito conferito a Pietro nel gruppo dei dodici apostoli, dopo che Gesù si manifesta risorto ai discepoli. Le parole conclusive del brano “sequere me” prima, e “akoloutei moi” dopo, rimangono sospese nell’aria come un ordine e una promessa insieme.
È il cardinale Mario Zenari, dell’ordine dei diaconi, nunzio apostolico in Siria, a salire alla sede per imporre sulle spalle del nuovo Papa il pallio di lana bianca con le croci nere di seta guarnito, davanti e dietro, con tre spille che raffigurano i tre chiodi della croce di Cristo. Ecco il buon pastore, mentre nella brezza riecheggia la triplice risposta di Pietro alla richiesta di Gesù risorto di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle.
Il cardinale cappuccino Fridolin Ambongo Besungu, dell’ordine dei presbiteri, prega invocando la presenza e l’assistenza del Signore sul Successore di Pietro. Quindi il cardinale Luis Antonio Tagle, dell’ordine dei vescovi, consegna l’Anello del Pescatore: quest’ultimo all’interno riporta la scritta “Leone XIV”, mentre esternamente raffigura San Pietro con le chiavi e la rete, in riferimento all’apostolo pescatore che, avendo avuto fede nella parola di Gesù, dalla barca ha tratto a terra le reti della pesca miracolosa.
Concluso il rito delle insegne episcopali petrine — per il quale sono stati scelti tre porporati provenienti da continenti diversi a riflettere il carattere universale della Chiesa — il Santo Padre unisce le mani in preghiera, guarda per un attimo l’anello e si commuove. Poi, benedice in silenzio con il Libro dei Vangeli.
Dopo un lungo applauso, inizia il simbolico rito dell’“obbedienza” prestata al Papa da dodici rappresentanti di tutte le categorie del popolo di Dio, provenienti da varie parti del mondo: tra i porporati, il canadese Frank Leo, il brasiliano Jaime Spengler e il papuano John Ribat, per i presuli il vescovo peruviano Luis Alberto Barrera Pacheco; il sacerdote peruviano Guillermo Inca Pereda, il diacono italiano Teodoro Mandato. Ancora, hanno promesso obbedienza in rappresentanza dei religiosi suor Oonah O’Shea, superiora generale delle religiose di Notre-Dame de Sion e presidente dell’Unione internazionale delle Superiore Generali, e padre Arturo Sosa, preposito generale della Compagnia di Gesù e presidente dell’Unione dei Superiori Generali, quindi una coppia di sposi e due giovani.
Nell’omelia — interrotta da diversi applausi, specialmente al ricordo di Papa Francesco e alla parola “pace” — Leone XIV manifesta l’intento di farsi «servo» della fede e della gioia dei fratelli, camminando insieme «sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia». Viene cantato il “Credo”, al quale segue la preghiera dei fedeli con cinque invocazioni, in portoghese, francese, arabo, polacco e cinese. Le intenzioni sono rivolte alla Chiesa, ovunque diffusa sulla terra, al Romano Pontefice, che inizia il suo ministero, a quanti possiedono responsabilità di governo, a coloro che si trovano nella sofferenza e nel disagio, alla stessa assemblea.
Con il Pontefice, al momento della preghiera eucaristica si accostano all’altare quattro cardinali dell’ordine dei vescovi: il decano del Collegio Giovanni Battista Re, il vice-decano Leonardo Sandri, Francis Arinze e Pietro Parolin, segretario di Stato.
Dopo la comunione — distribuita da duecento sacerdoti — il vescovo di Roma chiede a Dio di confermare la Chiesa nell’unità e nella carità e per sé di essere salvato e protetto insieme al gregge che gli è stato affidato.
Prima di concludere la celebrazione con la benedizione, il Papa guida la recita del Regina Caeli esortando a non dimenticare «i fratelli e le sorelle che soffrono a causa delle guerre» e in particolare il dramma di Gaza, la «martoriata» Ucraina e le «giovani vite innocenti» spezzate in Myanmar.
L’applauso fragoroso dei fedeli scatta quando il Pontefice confida di aver «sentito forte» durante la celebrazione «la presenza spirituale di Papa Francesco».
Alla Messa, durata circa due ore, partecipano oltre 150 delegazioni ufficiali da tutto il mondo e il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede; il Patriarca ecumenico Bartolomeo e molti capi e rappresentanti delle altre Chiese e confessioni cristiane; tra quelli di altre religioni, oltre alla comunità ebraica, anche musulmani, induisti, buddisti, sikh, zoroastriani e giainisti.
Al termine il Papa si intrattiene con alcuni dei concelebranti, poi rientra in basilica e sosta davanti all’Altare della Confessione per un saluto alle delegazioni ufficiali. Le tre principali sono quelle dell’Italia, con i presidenti della Repubblica Sergio Mattarella e del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni; del Perú, con la presidente della Repubblica Dina Ercilia Boluarte Zegarra; e degli Stati Uniti d’America, con il vice presidente James David Vance, e il segretario di Stato, Marco Antonio Rubio. Dopo questi ultimi si presenta il fratello maggiore Louis Prevost, con cui il Papa scambia un abbraccio.
L’orologio di questi tempi segnati dalla discordia e dalle ferite dell’odio sembra davvero, almeno per un giorno, segnare “l’ora dell’amore” auspicata da Leone XIV.