Una bussola morale

di Isabella H. de Carvalho
La Dottrina sociale della Chiesa non offre «soluzioni rapide o promesse utopiche» ma «un quadro senza tempo» per affrontare le sfide e le divisioni del mondo contemporaneo, promuovendo «la dignità di ogni persona» e «il bene comune». Per il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, questo è il contributo che la Chiesa può offrire alle questioni sociali ed economiche che influenzano e dividono le società oggi, come ha spiegato intervenendo ieri, 16 maggio, alla conferenza internazionale della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice. In linea con il tema dei lavori, svoltisi presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum, il porporato ha illustrato come la Dottrina sociale della Chiesa può «contribuire a rafforzare la governance globale e a superare le polarizzazioni».
«In un’epoca segnata da divisioni — politiche, culturali e ideologiche — ci troviamo a un bivio», ha evidenziato il cardinale. «Le sfide globali come il cambiamento climatico, la disuguaglianza economica, le migrazioni e gli sviluppi tecnologici come l’intelligenza artificiale richiedono cooperazione, ma prevalgono spesso la sfiducia e la frammentazione». Il patrimonio sociale della Chiesa, «radicato nel Vangelo e in secoli di riflessione», si basa su principi universali che non appartengono solo ai cattolici e quindi può essere «una bussola morale per costruire società giuste». Alla base della Dottrina sociale cattolica, ha aggiunto Parolin, c’è «la convinzione che ogni persona è importante, che siamo chiamati a vivere come fratelli e sorelle e che il nostro mondo è un dono da custodire».
«Che si tratti di populismo contro globalismo, tradizione contro progresso, o destra contro sinistra, il nostro mondo è diviso da mentalità del tipo “noi contro loro”», ha osservato il porporato, sottolineando anche come i social media tendano ad amplificare questi fenomeni. «In un mondo polarizzato, le persone si aggrappano alle loro versioni di verità, respingendo gli altri come nemici». La Dottrina sociale della Chiesa invece, ha spiegato il segretario di Stato, citando anche l’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, vuole «trascendere» le differenze, insistendo sulla ricerca della verità ma con umiltà e con un dialogo «che cerca la comprensione, non la vittoria».
L’insegnamento sociale della Chiesa si basa anche sulla «solidarietà», che «non è solo uno slogan» ma «un invito a riconoscere la nostra umanità condivisa», ha continuato il porporato. Ad esempio, durante la pandemia del Covid-19, «i Paesi ricchi hanno accumulato vaccini mentre quelli poveri erano in difficoltà». «La solidarietà avrebbe dato priorità a un accesso equo, non per senso di colpa ma perché un mondo sano va a vantaggio di tutti» ha ribadito il cardinale. Per Parolin, la crisi ambientale può aiutare a superare le polarizzazioni perché è una questione che «non conosce confini o ideologie: colpisce tutti». La cura del creato — ha detto ancora il segretario di Stato — è «un imperativo morale radicato nella custodia» e può unire sia «conservatori» sia «progressisti» se le iniziative si soffermano su «sforzi comuni, come la riforestazione o l’energia rinnovabile».
Oltre che ad aiutare a superare le polarizzazioni, la Dottrina sociale della Chiesa può anche rafforzare la global governance, che oggi invece affronta una «crisi di legittimità. La governance non è solo burocrazia: si tratta di ordinare le società umane verso la giustizia, la pace e il benessere».
Del resto, ha proseguito il relatore, per la Chiesa ogni individuo «è creato a immagine di Dio» e «dotato di una dignità inalienabile» e questo si oppone a una visione che «riduce le persone a meri strumenti economici o pedine politiche».
In proposito il segretario di Stato ha affermato che la governance globale dovrebbe «dare priorità ai più vulnerabili — rifugiati, poveri, anziani, nascituri — piuttosto che al potere o al profitto». Questo poi deve essere fatto con l’obiettivo del «bene comune» che dunque «bilancia i diritti individuali con le responsabilità collettive». «Guerre commerciali, accaparramento di vaccini o sfruttamento delle risorse danneggiano il bene comune mettendo le nazioni l’una contro l’altra», ha insistito il porporato. «Immaginiamo un mondo in cui l’alleggerimento del debito dei Paesi più poveri sia visto non come carità, ma come investimento condiviso nella stabilità globale». Infatti su questa linea Parolin ha sottolineato anche l’importanza dell’equilibrio tra la «sussidiarietà» e la «solidarietà», perché la governance globale non sia «né centralizzata né frammentata» ed eviti di diventare «autoritaria o inefficace».