· Città del Vaticano ·

Pillole di teologia

Creati per “generazione”
non per produzione

 Creati per “generazione” non per produzione  QUO-113
16 maggio 2025

di Antonio Staglianò

L’affermazione etica secondo cui l’uomo ha ragione di fine e mai di mezzo può sfuggire alla verbosità solo se non si perde di vista la personalità dell’uomo, se non si dissocia la soggettività dalla personalità, se non si nega la verità dell’essere personale dell’uomo: chi nega la verità della persona giunge alla menzogna dell’uomo-esperimento, dell’uomo prodotto dell’uomo. Da qui l’importanza di annunciare il Dio di Gesù Cristo e renderne visibile l’efficacia della sua santità come conversione nei rapporti umani e trasformazione dei cuori, orientati alla giustizia e alla pace.

La possibilità che l’uomo non divori l’uomo, ma lo serva e lo promuova, è sospesa alla possibilità del recupero delle dimensioni spirituali dell’umano, al fatto che il destino dell’uomo sulla terra venga misurato anche con il criterio della “vita eterna”, della sua vocazione trascendente, dell’anelito più radicato nel suo cuore: l’anelito alla Patria celeste, in cui l’uomo giunge alla pienezza della propria identità e della pace.

Uscire dall’afasia sui Novissimi e riraccontare l’Eschaton cristiano è decisivo per la pastorale futura. È il cuore pulsante della pretesa del Vangelo di salvare l’uomo, di liberarlo dalle pastoie costringenti di ideologie e sistemi che deturpano il suo volto umano, nel disconoscimento della sacralità della vita, dell’intangibilità della persona, dentro processi di mercificazione, di massificazione e di omologazione nei quali l’uomo è ridotto a un numero, senza nome, senza volto (come tra i prigionieri di un carcere, tra gli internati di un lager) o, ancor peggio, a una funzione, a un mero strumento per “far qualcosa d’altro da lui”.