· Città del Vaticano ·

Storie di speranza raccontate da atlete e atleti nel ricordo di Pietro Mennea, tedoforo negli Anni Santi 1984 e 2000

Verso il Giubileo dello sport

 Verso il Giubileo dello sport  QUO-112
15 maggio 2025

«Verso il Giubileo dello sport... di corsa»: mercoledì 14 — un mese prima dell’appuntamento “sportivo” dell’Anno Santo (14-15 giugno) — atlete e atleti di ieri, oggi e domani hanno condiviso le loro storie con Athletica Vaticana, a San Calisto.

Ricevendo simbolicamente il testimone dei valori da Pietro Mennea — indimenticato campione olimpico e a lungo primatista mondiale dei 200 metri, morto nel 2013, fa parte della cultura popolare non solo sportiva — tedoforo al Giubileo degli sportivi nel 1984 e nel 2000.

Con Manuela Olivieri Mennea — moglie di Pietro e presidente della Fondazione a lui intitolata — hanno intrecciato il dialogo anzitutto Roberto Tozzi e Marisa Masullo, “leggende” della velocità. Tozzi, bronzo nella staffetta 4x400 alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, oggi è direttore di banca: «Lo sport, con l’etica dell’allenamento e attraverso le sconfitte, insegna a risollevarsi anche nella vita».

Dell’esperienza della «solitudine dell’atleta» ha parlato Masullo — palmarès d’eccezione con 3 partecipazioni alle Olimpiadi — che oggi mette a disposizione dei più giovani la sua esperienza «con la visione di costruire una vita che vada oltre lo sport attraverso lo studio». Mennea aveva 4 lauree vissute come riscatto da origini semplici. E «oggi più che mai gli sportivi hanno un ruolo sociale di ponte» ha aggiunto Loredana Minà.

Quattro campioni di oggi hanno raccontato le loro storie prendendo spunto dalle scarpe povere «e oggi improponibili» — portate dalla moglie Manuela proprio come testimonianza — con le quali Mennea ha realizzato il record del mondo correndo i 200 metri in 19”72. Per Zaynab Dosso — originaria della Costa d’Avorio, primatista italiana nelle specialità di velocità, campionessa europea indoor e con medaglie mondiali — «è fondamentale aver incontrato persone che hanno creduto in me soprattutto quando io ero la prima a non farlo».

Le fa eco Fabrizio Donato, già campione europeo di salto triplo e bronzo olimpico a Londra 2012: «Oggi sono allenatore e sento fortemente la mia responsabilità tecnica e anche educativa. I fallimenti, chiamiamoli così, degli atleti che si sono affidati a me sono anzitutto i miei fallimenti». Rilancia Andy Diaz, di origine cubana, anch’egli triplista: «Nel 2021 dormivo su un marciapiede di Roma in attesa di avere i documenti. Proprio Fabrizio mi ha aperto le porte di casa e mi ha accolto come uomo, prima anche che come atleta. Ho vinto il bronzo alle Olimpiadi di Parigi, poi gli europei e i mondiali indoor: ma non è solo una collezione di medaglie e successi, è una storia condivisa di speranza».

Andrew Howe, 40 anni appena compiuti, medagliere internazionale di prim’ordine, ancora oggi in attività e primatista italiano nel salto in lungo: «Ho conosciuto Mennea e porto con me la sua tenace volontà di perseguire obiettivi nell’atletica e nella vita. Mi ha consigliato di essere umile, di prepararmi con allenamenti seri, di non guardare solo all’io ma anche al noi».

Particolarmente intense e coraggiose «le voci di speranza» del mondo paralimpico, con le testimonianze di Sara Vargetto, Niccolò Pirosu e Maria Giorio. (giampaolo mattei)