· Città del Vaticano ·

Ancora decine di morti a Gaza per i bombardamenti israeliani, tra Jabalia e Khan Younis. A perdere la vita nelle ultime ore anche 22 bambini

Le lacrime delle madri
sul sangue degli innocenti

EDITORS NOTE: Graphic content / TOPSHOT - A Palestinian woman cries as she holds the body of a child ...
15 maggio 2025

Tel Aviv, 15. Ieri Jabalia, oggi Khan Younis, peraltro già colpita dai bombardamenti degli ultimi giorni perché secondo l’esercito israeliano vi si nasconderebbe Mohammed Sinwar, fratello del leader di Hamas, Yahya, ucciso in un raid a ottobre scorso. Mentre è giallo sulla sua sorte, in tutta la Striscia di Gaza sono almeno 82, secondo fonti palestinesi, le vittime delle ultime operazioni militari israeliane, proprio mentre è in corso il viaggio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump in Medio Oriente, per incontrare i leader dei Paesi del Golfo, ma non di Israele.

Non è chiaro se tra quelle decine di corpi senza vita, molti arrivati negli ospedali della Striscia chiusi in sacchi contenenti i resti di più persone, come ha testimoniato un reporter dell’Associated Press, ci siano anche quelli degli almeno 22 bambini uccisi ieri notte in una serie di attacchi aerei israeliani contro delle abitazioni del nord, proprio nel campo profughi di Jabalia. Eppure, nella difficoltà di verificare numeri e dinamiche, mentre la stampa di tutto il mondo rilancia notizie di bombe “anti-bunker” e gas tossici sprigionati dalle detonazioni, di certo c’è soltanto che a scorrere continua ad essere il sangue degli innocenti e a piangere per tante vite spezzate sono le loro madri: a Jabalia, i soccorritori con attrezzi improvvisati e illuminati esclusivamente dalla luce dei cellulari hanno sfondato le lastre di cemento delle strutture crollate negli attacchi, per recuperare i corpi dei più piccoli.

Ma a Gaza i bambini muoiono anche per la malnutrizione, lentamente e silenziosamente. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, dall’inizio del blocco degli aiuti umanitari, imposto da Israele il 2 marzo, almeno 57 minori hanno perso la vita per la mancanza di un nutrimento adeguato. Proprio in queste ore la Gaza Humanitarian Foundation, una organizzazione creata con il sostegno dell’amministrazione Trump per istituire un nuovo sistema di distribuzione degli aiuti nella Striscia di Gaza, ha annunciato di aver raggiunto accordi con le autorità israeliane per iniziare le operazioni nell’enclave palestinese entro la fine del mese. L’annuncio, riguardante pure il permesso di far entrare aiuti a Gaza già nella fase di allestimento dei centri di distribuzione, potrebbe indicare, secondo alcuni analisti, un eventuale cambiamento nella posizione israeliana, con consegne di cibo e carburante prima che il nuovo sistema sia completamente operativo.

D’altra parte l’Onu, con il segretario generale, António Guterres, ha reiterato l’urgenza di un’azione concreta per la Striscia di Gaza. «Ribadisco il mio appello per il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, l’accesso umanitario senza ostacoli e l’immediata cessazione delle ostilità che consenta un percorso irreversibile verso una soluzione a due Stati», ha detto Guterres ieri a Berlino dopo un incontro con il cancelliere tedesco, Friedrich Merz.

Sul fronte della mediazione per un cessate-il-fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, da Doha nelle ultime ore sono rimbalzate notizie di uno stallo delle trattative degli inviati Usa, Steve Witkoff e Adam Boehler, con il team israeliano e indirettamente con Hamas attraverso il Qatar. Witkoff peraltro ha smentito di aver lì incontrato i leader di Hamas, come riportato dai media egiziani.

Dalla capitale qatariota, dov’è arrivato ieri, il capo della Casa Bianca, Donald Trump, si è soffermato ancora una volta sulla situazione a Gaza: «È stata un territorio di morte e distruzione» ha detto, aggiungendo — riporta «The Times of Israel» — che gli Stati Uniti interverranno in modo da farla diventare una «zona di libertà».

Sugli ultimi tragici fatti accaduti nei territori palestinesi della Cisgiordania è intervenuto invece il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, condannando quello che ha definito il «terribile attentato» in cui ieri ha perso la vita una donna israeliana incinta. Tzeela Gez, 30 anni, stava andando in ospedale con il marito per partorire quando la sua auto è stata centrata da colpi nella zona di Bruchin, un insediamento di coloni. Trasportata d’urgenza all’ospedale di Petah Tikva, per lei non c’è stato nulla da fare. I medici sono però riusciti a far nascere il suo bambino, poi trasferito in una struttura pediatrica.