· Città del Vaticano ·

A conclusione del Giubileo delle Chiese orientali

Divina liturgia
in rito bizantino

 Divina liturgia  in rito bizantino  QUO-112
15 maggio 2025

di Svitlana Dukhovych

Cinque tradizioni orientali, 7 riti e 24 Chiese “sui iuris” che sono in piena comunione con il Papa e la Chiesa di Roma pur avendo delle proprie tradizioni liturgiche, teologiche, spirituali e canoniche. È questo il variegato panorama delle Chiese orientali che nei giorni scorsi hanno portato a Roma per il loro Giubileo il ricco tesoro dei loro riti, celebrati nelle Basiliche papali, alla presenza dei rispettivi patriarchi e pastori. Fra questi anche il rito bizantino al centro della celebrazione del primo pomeriggio di ieri, 14 maggio, nella basilica di San Pietro, con la Divina liturgia presieduta dal patriarca della Chiesa greco-cattolica melchita Joseph Absi e concelebrata con altri capi di Chiese. È stato l’ultimo atto del pellegrinaggio giubilare, svoltosi poco dopo l’incontro con Leone XIV.

Una particolarità della Divina Liturgia in rito bizantino è che viene cantata per intero. Ieri pomeriggio in basilica Vaticana le varie parti sono state cantate in diverse lingue tra cui greco, slavo ecclesiastico, ucraino, romeno, ungherese, inglese. L’omelia è stata tenuta dal capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, che ha fatto riferimento all’udienza pontificia in Aula Paolo VI. «Ci siamo sentiti abbracciati dal Santo Padre, consolati nelle nostre sofferenze e angosce odierne, apprezzati nelle nostre tradizioni cristiane antiche e incoraggiati nella nostra missione evangelizzatrice che svolgiamo nel mondo contemporaneo», ha sottolineato.

Ribadendo le parole del Pontefice, Sua Beatitudine Shevchuk ha notato che i fedeli delle Chiese cattoliche orientali vivono oggi quasi tutti «una dolosa e tragica esperienza di guerra». «Ci sembra — ha osservato — di compiere la nostra vocazione di vivere da cristiani proprio sulla soglia tra la vita e la morte. Ma scopriamo ogni giorno dentro di noi, come il frutto della nostra nascita dall’acqua e lo Spirito nei Santi Misteri della Chiesa, un germe misterioso della vita immortale». Un germe di vita eterna che, ha spiegato l’arcivescovo maggiore, «è l’oggetto della nostra speranza» e che, secondo san Basilio, «si svilupperà all’interno dei nostri cuori e aspetta solo la sua piena realizzazione». Nella fede in Dio Padre, nella speranza annunciata nel suo Figlio e nell’amore rigenerante dello Spirito Santo c’è, ha affermato ancora il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, «il segreto della nostra misteriosa capacità di rinascere dopo ogni grande tribolazione e persecuzione, capacità di essere annunciatori della santità della vita nel regno odierno della morte». E come ricordato più volte in questo inizio di pontificato da Leone XIV, «possiamo annunciare dalla cattedra più alta del mondo a tutti popoli: “Pace a voi”!».

Al termine della liturgia il patriarca greco-melchita Joseph Absi ha ringraziato tutti i presenti, ricordando il 1700o anniversario del Concilio Ecumenico di Nicea, che «ci ha donato — ha detto — il credo comune e l’unità della data pasquale, segni concreti della nostra unità nella fede».

Quest’ultima, «la cosa più preziosa che hanno i cristiani», che «non è solo un ideale spirituale» ma la «testimonianza viva e potente del Vangelo nel mondo».

Anche il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha portato il suo saluto, ricordando alla fine della cerimonia che «la Chiesa è una perché è varia» e «non è una perché è uniforme. Ed è in questa varietà e nel rispetto dei diritti di questa varietà — ha sottolineato — che noi vogliamo compiere quanto il Santo Padre ci ha affidato come Dicastero, di sostenere, difendere, proteggere le Chiese orientali sia nei loro territori, sia laddove sono stati portati dalla violenza delle guerre, delle sopraffazioni e delle persecuzioni».