· Città del Vaticano ·

Nella basilica Vaticana la messa presieduta dal cardinale Dziwisz
nell’anniversario dell’attentato al Pontefice polacco

Un segno per la Chiesa

 Un segno   per la Chiesa  QUO-111
14 maggio 2025

di Karol Darmoros

Il dramma del 13 maggio 1981 è stato ed è ancora un segno per la Chiesa. Ne è convinto il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, che ha presieduto nel pomeriggio di ieri, all’altare della Cattedra della basilica di San Pietro, la messa in occasione del 44o anniversario dell’attentato a san Giovanni Paolo II.

All’inizio dell’Eucaristia, il porporato ha affidato il ministero di Leone XIV — eletto nel giorno in cui si celebra la Madonna di Pompei — all’intercessione di Maria e di Wojtyła. Ha dunque accennato al tempo della malattia e della convalescenza vissuto da Papa Francesco: «Abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione nella domenica di Resurrezione, e ci siamo commossi il giorno successivo alla notizia del suo passaggio all’eternità. Abbiamo salutato il Papa con dolore, ma anche con gratitudine a Dio per i suoi dodici anni di servizio alla Chiesa universale e al mondo».

Poi c’è stata l’elezione di Papa Prevost: «Un dono del Signore risorto per la sua Chiesa» — ha proseguito Dziwisz — evidenziando che i fedeli polacchi ricorderanno sempre che il nuovo Pontefice è stato eletto l’8 maggio, nel giorno della festa del principale patrono del Paese: san Stanislao vescovo e martire.

Tornando all’attentato a Wojtyła, il porporato — che ne fu testimone diretto — ha rimarcato che «i nemici di Cristo e della Chiesa cercavano di privare della vita un pastore che, predicando il Vangelo dell’amore e della pace, stava ridando speranza a popoli oppressi e schiavizzati, desiderosi di verità e libertà».

Il cardinale ha ricordato di aver accompagnato il Santo Padre ferito nella corsa in ambulanza verso il policlinico Gemelli, amministrandogli l’unzione degli infermi: «Ho vegliato su di lui dopo l’operazione durata ore e ho pregato per un miracolo che gli salvasse la vita, perché la Chiesa e il mondo avevano bisogno di lui». Nonostante le gravi ferite, il Papa santo non pensava a sé ma pregava per la Chiesa e il mondo: «Non gli importava chi gli avesse sparato, fin dall’inizio ha rivolto parole di perdono al “fratello”, come definiva l’attentatore che lo aveva ferito». Offriva alla Chiesa la sua sofferenza, consapevole che i fedeli pregavano per lui, «come la Chiesa primitiva “pregava costantemente per Pietro imprigionato”». Dziwisz, certo che sia stata la Vergine a “sventare” i piani, ha aggiunto che anche san Giovanni Paolo II era convinto di dovere la sua salvezza alla Madonna, perché il 13 maggio ricorre la memoria dell’apparizione a Fátima.

In chiusura, riallacciandosi alle parole di Leone XIV a proposito del disprezzo per la fede e della ricerca di «altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere e il piacere», il cardinale celebrante ha rilanciato come «urgente» la missione della Chiesa.

Al termine della partecipata liturgia, la processione dei presenti ha raggiunto la tomba di san Giovanni Paolo II.