· Città del Vaticano ·

Appello del vescovo di Tombura-Yambio per pacificare la nazione africana

Il Sud Sudan insanguinato dalla guerra chiede aiuto
a Leone XIV

 Il Sud Sudan insanguinato dalla guerra  chiede aiuto a Leone XIV  QUO-110
13 maggio 2025

di Federico Piana

Dal Sud Sudan il vescovo Edward Hiiboro Kussala lancia a Leone XIV un appello accorato perché i suoi occhi sono stanchi di vedere cadaveri crivellati di colpi, villaggi distrutti dalle bombe e dalle fiamme, profughi senza più neanche un tozzo di pane da mettere sotto i denti, bambini trasformati in orfani da una guerra civile che dura ormai da troppo tempo: «Chiediamo al nuovo Papa di continuare a sostenere la pace in Sud Sudan esortando tutti i leader politici a tornare a sedersi intorno al tavolo delle trattative per far cessare le violenze. Chiediamo che levi alta la sua autorevole voce che potrà essere stimolo affinché la comunità internazionale possa davvero aiutarci».

Monsignor Edward Hiiboro Kussala, vescovo della diocesi di Tombura-Yambio che si estende per oltre 81.000 chilometri quadrati nella parte occidentale della nazione africana, vuole far sapere al Pontefice che il cuore della sua comunità è letteralmente straziato e sanguinate, senza soluzione di continuità. «Sabato scorso — racconta a «L’Osservatore Romano» — un giovane della parrocchia Santa Maria aiuto dei popoli che si trova nella città di Tombura è stato ucciso da alcuni ribelli arrivati di notte dalle foreste circostanti dove si annida la guerriglia e impazzano gli scontri».

Quando hanno sparato a bruciapelo il ragazzo, che ricopriva anche l’incarico di coordinatore diocesano della Caritas, stava dormendo all’esterno della struttura religiosa nella quale sono da mesi accampati oltre 5.000 sfollati che hanno dovuto abbandonare le proprie case per non rimanere stretti nella morsa del conflitto. «Come tutti gli altri, dormiva sotto un telone di plastica. Ancora non sappiamo perché l’abbiano ucciso, forse per via dell’odio. È stata una violenza contro la Chiesa e una mancanza di rispetto per un luogo sacro dove la gente si rifugia per salvarsi la vita. Io ho scritto al governo chiedendo di fare chiarezza sulle responsabilità di questo omicidio».

Quelle migliaia di uomini, donne e bambini, che come il giovane operatore pastorale freddato a colpi di fucile vivono sotto malsane ed insicure tende di plastica e teloni di fortuna, ora hanno paura.

Il vescovo ammette che tra loro c’è chi pensa che anche quello che ritenevano un luogo sicuro ormai non lo sia più. Una sofferenza psicologica che si aggiunge alla fame e agli stenti che già devono patire: «La loro situazione è terribile, non hanno più nulla. L’arrivo degli aiuti umanitari è stato interrotto mentre c’è una grande emergenza sanitaria. Inoltre, per i bambini non esiste alcuna possibilità di poterli far partecipare a qualche forma di istruzione. L’unico sostegno che la nostra diocesi ha potuto dare a questa gente sono stati 25.000 euro donati da Caritas Austria. Ma è passato più di un anno».

Tutto il Paese, devastato dagli scontri tra esercito governativo e gruppi di milizie armate contrapposte, ha fame perché l’economia è letteralmente al collasso. E poi, aggiunge monsignor Hiiboro Kussala, a complicare la situazione ci sono anche «i profughi che scappano dal vicino Sudan in guerra. Sono davvero molti: noi li avremmo dovuti aiutare ma ora non possiamo».

Le zone sudsudanesi più colpite dagli scontri si stanno ampliando ogni giorno sempre di più: «Sono quelle nei pressi di Malakal, la capitale dello Stato dell’Alto Nilo, sono quelle vicino al villaggio di Nasir e poi tutti i punti di frontiera con il Sudan. Senza dimenticare Juba dove cibo e acqua sono diventati un miraggio».

Per tutto questo il vescovo affida al cuore paterno di Leone XIV il suo grido disperato, quello di tutta la Chiesa locale e di una popolazione che aspetta con trepidazione il compimento della pace.

Nel giorno dell’assassino del giovane operatore pastorale, il presule con un comunicato si era rivolto perfino ai guerriglieri chiedendo loro di abbandonare la strada della lotta armata per imboccare la via della riconciliazione. «Non state servendo il vostro popolo o la vostra causa — aveva scritto — ma state distruggendo i vostri fratelli. Scegliete la pace, deponete le armi!». Un’ esortazione che, per ora, appare completamente caduto nel vuoto.