· Città del Vaticano ·

Leone XIV e la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati

Chi racconta la verità
è un disarmatore
di professione

People mourn over the body of Palestinian journalist Ahmed Al-Shayah, covered with a press vest, ...
13 maggio 2025

di Guglielmo Gallone

«Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità, e con queste parole anche chiedere la liberazione di questi giornalisti incarcerati». Così, di fronte ai circa tremila operatori dei media ricevuti lunedì 12 maggio nell’Aula Paolo VI, Papa Leone XIV ha voluto ricordare al mondo una verità elementare eppure drammaticamente negata: la libertà di stampa è la prima vittima di ogni guerra, la prima conquista che ogni potere autoritario tenta di soffocare. Perché, dietro di essa, vi è la libertà di parlare, di pensare. E in quel soffocare c’è dunque la ferita non solo di una categoria professionale, bensì della dignità umana, della giustizia, della possibilità di scegliere.

I dati raccontano di un problema tutt’altro che isolato o in calo. Il Committee to protect journalists (Cpj) ha anzi riferito che nel 2024 sono stati uccisi 124 giornalisti, il dato più alto degli ultimi trent’anni, persino dal record storico del 2007 (113), 95 sono scomparsi in circostanze ancora oscure e, al primo dicembre 2024, 361 sono detenuti, il secondo valore più alto di sempre. Report Senza Frontiere (Rsf) parla di 550 giornalisti incarcerati, un aumento del 7 per cento rispetto al 2023. Oltre a evidenziare il fatto che almeno 24 giornalisti sono stati uccisi deliberatamente a causa del loro lavoro, Cpj aggiunge che oltre un terzo – 43 – di tutti i giornalisti e operatori dei media uccisi lo scorso anno erano freelance: “un altro triste nuovo record per i lavoratori autonomi della stampa, che spesso affrontano i maggiori pericoli perché dispongono di risorse ridotte” e “un aumento costante ormai dal 2020”, commenta il comitato con sede a New York. L’Unesco ha registrato nel 2024 il dato più alto di uccisioni in zone di guerra dell’ultimo decennio: il 60% delle vittime erano operatori dei media impegnati a raccontare la verità dal fronte. Numeri che non sono fredda statistica ma carne viva: dietro ogni cifra c’è un volto, una storia, una vita spezzata o sospesa.

Le aree geografiche più pericolose nel 2024 sono state il Medio Oriente, il Nord Africa, l’Asia, l’America Latina e l’Africa Sub-Sahariana. In contesti simili, il giornalismo è una missione. È vocazione a stare lì dove la voce dei deboli non arriva, dove la sofferenza viene nascosta. Non serve una comunicazione “muscolare”, ha detto il Papa, ma una comunicazione che ascolta, che accoglie, racconta. Che illumina le periferie della storia. Non a caso, Papa Leone XIV, ieri, i giornalisti li ha definiti testimoni. E a loro ha riconosciuto il «coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa».

Le parole del pontefice invitano a ricordare come nel mondo ci siano ancora tanti, troppi giornalisti che lavorano sotto minaccia, vivono in prigione, scompaiono nel silenzio. A loro il Papa chiede di non cedere alla paura. E a tutti il Papa chiede di non abituarsi alla loro sofferenza. Perché — come ha detto Leone XIV — «disarmare le parole è il primo passo per disarmare la Terra». E chi racconta la verità è un disarmatore di professione.