· Città del Vaticano ·

L’opera delle suore del Sacro Cuore di Gesù nei campi profughi

Ancora di salvezza
per i rifugiati sud sudanesi

 Ancora di salvezza per i rifugiati sud sudanesi   QUO-110
13 maggio 2025

di Paola Moggi

Nei campi profughi sovraffollati del Sudan, dove la violenza e la scarsità di risorse sono sfide quotidiane, le suore del Sacro Cuore di Gesù offrono un sostegno cruciale alle persone rifugiate. La congregazione sud sudanese, che vive in campi come Al Kashafa, fornisce assistenza spirituale, consulenza sui traumi e aiuto pratico alle migliaia di sfollati vittime di decenni di conflitto. La presenza delle religiose è vitale nello Stato del Nilo Bianco, serve i rifugiati ad Al Kashafa e nei campi vicini come Gemeyia e Jorry. Gestiscono programmi di catechesi, visitano i malati e offrono conforto a coloro che soffrono la fame, gli abusi e il tributo emotivo dello sfollamento. «Il nostro servizio principale — ha affermato suor Georgina Victor Nyarat che lavora ad Al Kashafa dal dicembre 2023 — è ascoltarli. Le persone stanno davvero soffrendo».

La congregazione del Sacro Cuore di Gesù, fondata nel 1954 dal vescovo Sixtus Mazzoldi in Sud Sudan, ha vissuto in prima persona la guerra e gli sfollamenti. Dopo essere fuggite dalla prima guerra civile in Sudan nel 1964, le sorelle cercarono rifugio in Uganda prima di tornare in Sudan del Sud, solo per essere costrette a fuggire di nuovo quando scoppiò la seconda guerra civile in Sudan nel 1983. Da allora sono rimaste con la loro gente, attraversando i confini per continuare la loro missione.

Nel 2016, dopo l’escalation di violenza in Sud Sudan, monsignor Daniel Marko Kur Adwok, arcivescovo ausiliare di Khartoum, ha invitato le religiose a prendersi cura dei rifugiati nella regione del Nilo Bianco in Sudan. Hanno stabilito la loro residenza ad Al Kashafa, un campo che ospita oltre 150.000 sud sudanesi. La residenza delle suore, costruita con teli di plastica, è una struttura umile ma la loro presenza è stata un’ancora di salvezza per gli sfollati. Le suore servono non solo come badanti ma anche come mediatrici in un ambiente teso dove le comunità ospitanti spesso maltrattano i rifugiati. Suor Mary Achwany George, che lavora ad Al Kashafa dal 2016, ha osservato che i rifugiati sud sudanesi subiscono discriminazioni, tra cui restrizioni alla raccolta di legna da ardere e acqua: «Molti sono minacciati di stupro e abusi quando lasciano il campo». Nonostante queste sfide, le suore offrono rifugio e speranza attraverso la preghiera e la solidarietà.

Le religiose forniscono inoltre un supporto fondamentale poiché le razioni di cibo scarseggiano. Il Programma alimentare mondiale offre un po’ di sollievo ma le carenze persistono costringendo i rifugiati a lavorare a giornata con piccoli compensi. «Lo stress e la frustrazione possono diventare così insopportabili, soprattutto per i giovani, che spesso si ammalano», ha dichiarato suor Mary.

In mezzo a queste difficoltà la presenza delle suore del Sacro Cuore di Gesù aiuta i rifugiati ad approfondire la loro fede e a resistere. «All’inizio la gente non era vicina alla Chiesa», ha ricordato suor Georgina, ma «ora a loro piace pregare con noi». Ogni anno monsignor Adwok visita i campi per amministrare il sacramento della confermazione e fornire assistenza pastorale. Suor Mary ha sottolineato la resilienza dei rifugiati che condividono il poco che hanno con i nuovi arrivati dal Sudan: «Con il poco che hanno, i rifugiati sud sudanesi offrono assistenza anche agli sfollati sudanesi che arrivano nei campi. Ci dicono: “Dio è lì, sorelle, e un giorno torneremo a casa”».

#sistersproject