· Città del Vaticano ·

Il provinciale degli agostiniani per il Midwest racconta Robert Francis Prevost

Un padre e un fratello sempre attento alla dignità delle persone

 Un padre e un fratello sempre attento  alla dignità delle persone  QUO-108
10 maggio 2025

di Giada Aquilino

Un uomo «integro», che «rispetta profondamente la dignità delle persone»: «sa ascoltare, è molto attento quando le persone gli parlano e risponde con altrettanta attenzione», «allo stesso tempo, è fermo nelle sue convinzioni». Di Leone XIV descrive soprattutto l’uomo e il pastore padre Anthony Pizzo, priore provinciale degli agostiniani per il Midwest, con base a Chicago ma competente per una parte degli Stati Uniti, il Canada e il Perú settentrionale. Padre Pizzo, racconta ai media vaticani durante una sua breve permanenza in questi giorni a Roma, conosce Robert Francis Prevost da oltre cinquant’anni, fin dal 1974, quando frequentavano la Villanova University, in Pennsylvania.

Già nel periodo trascorso a Chicago — «all’epoca era padre Prevost», poi provinciale degli agostiniani, «è stato un mio predecessore», dice padre Pizzo — «è sempre stato molto sensibile alle questioni sociali», anche «delle persone al di là dei confini» nazionali. L’agostiniano, come il Papa nato a Chicago con origini italiane (quelle di Leone XIV sono anche francesi e spagnole), si sofferma su questo punto.

Prevost da missionario ha trascorso «lunga parte della sua vita in Sud America e, dato che Chicago è una città di immigrati, il Papa è ovviamente molto sensibile alla difficile situazione dei migranti in generale. Ha l’esperienza di aver vissuto e lavorato con persone di un’altra cultura. E questo è particolarmente vero, se pensiamo alla forte presenza di immigrati latini negli Stati Uniti, dal Messico e da altri Paesi dell’America Latina», destinatari proprio negli ultimi mesi delle misure restrittive decise dall’amministrazione di Donald Trump.

Nelle sue prime parole dopo l’elezione, Papa Prevost ha parlato di una Chiesa unita, sempre alla ricerca della pace, della giustizia, proclamando il Vangelo, «per essere missionari». «Credo che la sua esperienza in una nazione come il Perú lo abbia portato a saper leggere molto bene i cuori e le menti delle persone in condizioni di migrazione». E, nella scelta del nome, Leone XIV, il confratello legge un richiamo a «questioni che riguardano sia la società sia la Chiesa», con «Leone XIII, che nel 1891 scrisse la prima enciclica sociale della Chiesa intitolata Rerum novarum, sul lavoro». Perché, aggiunge, «le questioni che riguardano le persone, qualunque sia il governo del Paese in cui si trovano, interessano la Chiesa, che è disposta ad ascoltare e a rispondere in modo efficace e generoso».

Il Papa, proprio il giorno dell’elezione, ha voluto salutare in spagnolo la sua «cara» diocesi, Chiclayo, in Perú, di cui è stato vescovo. «Sono tutti molto felici. E non solo a Chiclayo, ma anche nel resto del territorio, a Chulucanas, e in tutto il Paese». In quella nazione è stato tra l’altro un «padre, un fratello, un pastore, un canonista, un formatore». «Quando divenne vescovo lì, andai a trovarlo e — riporta alla mente padre Pizzo — colsi un rapporto meraviglioso con la sua diocesi, che è relativamente ampia, aveva un grande sostegno da parte del clero. E l’apprezzamento della gente, di cui è stato in grado di assorbire l’esperienza, integrandola nella propria vita».

Il motto episcopale di Papa Prevost è In Illo uno unum, parole che sant’Agostino ha pronunciato in un sermone, l’Esposizione sul Salmo 127, per spiegare che «sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno». Per padre Pizzo, «il primo Papa americano e il primo Papa agostiniano» continuerà a diffondere «la gioia del Vangelo: so che è un uomo molto pragmatico e ci aiuterà ad integrare il Vangelo di Cristo nella nostra vita, a integrare la fede in modo pratico» nel nostro quotidiano.